Atti criminali dei generali golpisti
In Myanmar è strage e legge marziale
I manifestanti sabotano le fabbriche cinesi. Ritrovate cartucce italiane in due località
Il segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres, condannava il 19 marzo la “violenza brutale e continua” dei militari birmani ma si limitava a invocare "una urgente e necessaria risposta internazionale ferma e unificata”. Se quella che era considerata la principale organizzazione internazionale conferma di essere un contenitore vuoto, ostaggio dei maggiori paesi imperialisti, e capace solo di lanciare inefficaci appelli non sorprende che nel successivo fine settimana la violenta repressione della giunta golpista del Myanmar guidata dal generale Min Aung Hlaing abbia provocato un'altra sessantina di morti sparando contro i manifestanti in varie località del paese.
Secondo un bilancio stilato dall’Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), un'organizzazione fondata da ex prigionieri politici birmani che vivono in esilio, ci sarebbero stati 224 morti, migliaia di arestati e quasi 2.000 oppositori incarcerati durante le proteste in quasi due mesi dal golpe dell'1 febbraio.
Tra l'altro in due località del paese dopo l'intervento armato dell'esercito sono state raccolte delle cartucce dell’azienda italo-francese Cheddite. La livornese Cheddite Italy srl dichiarava di non avere mai venduto proiettili al Myanmar ma un gruppo di associazioni pacifiste italiane ha ricostruito una possibile via della fornitura, dalla casa madre dei proiettili all'esercito birmano attraverso un’azienda turca, la Zsr Patlayici Sanayi che vende le armi al Myanmar. Una delle organizzazioni italiane, l'associazione Italia-Birmania, dichiarava di aver scritto all'alto rappresentante della politica estera della Ue Josep Borrell "per ricordargli che le parole sono benvenute, ma del tutto insufficienti di fronte ai crimini della giunta. Abbiamo chiesto che la Ue adotti sanzioni contro tutti gli interessi finanziari ed economici dei componenti dello State Administrative Council (la giunta birmana, ndr), chiedendo alle aziende presenti in Myanmar di sospendere qualsiasi rapporto con le società legate al regime". Dalla riunione dei ministri degli Esteri della Ue del 22 marzo uscirà soltanto la decisione di colpire con sanzioni "undici persone coinvolte nel colpo di Stato in Myanmar e nella repressione dei manifestanti", poco più che una innocua e complice tiratina d'orecchi che può essere tranquillamente ignorata dai generali birmani.
Strage e carcere per gli oppositori, legge marziale in molte delle città periferiche dell'ex capitale Yangon e di Mandalay ma applicata di fatto in tutto il paese sono i principali strumenti coi quali i vertici militari golpisti tentano di mantenere il controllo politico e economico del paese ribaltando la netta sconfitta subita nelle elezioni politiche dello scorso novembre dalla Lega nazionale per la Democrazia (Lnd). Da allora la leader Aung San Suu Kyi e altri dirigenti e militanti sono agli arresti.
L'estensione formale della legge marziale a alcuni centri economici è anche un segnale verso l'alleato socialimperialismo cinese che ha chiesto ai generali golpisti di Naypyidaw di proteggere le proprie attività economiche nel paese, a partire dalle fabbriche tessili e proprietà cinesi a Yangon, sabotate dai manifestanti.
24 marzo 2021