In Emilia-Romagna manifestazioni nei magazzini Amazon di Santarcangelo, Crespellano e Parma
Sit-in e blocchi
Dal nostro corrispondente dell'Emilia-Romagna
I lavoratori diretti e indiretti di Amazon sono più di 40.000 in Italia, di questi, 9 mila i tempi indeterminati di Amazon Italia Logistica che operano negli immensi hub
e nelle più piccole station
, altri 9 mila i lavoratori interinali in barba alle leggi sulle percentuali di lavoratori stabili sul totale, più i 1.500 in appalto che in alcuni hub
gestiscono completamente il magazzino Amazon e poi i circa 19 mila autisti-corrieri.
Nell’ambito dello sciopero si sono svolte numerose manifestazioni, presidi, iniziative di protesta in tutti gli stabilimenti. In Emilia-Romagna in particolare a Santarcangelo (Rimini) dove nell’Amazon station sono impiegati oltre 300 addetti tra diretti e indiretti di 4 aziende, dei quali circa 250 autisti. Qui 150 lavoratori hanno tenuto un sit-in davanti ai cancelli bloccando i furgoni delle consegne in uscita, così come presso i magazzini di Crespellano (Bologna) e di Parma.
Ovunque i lavoratori hanno esposto striscioni e cartelli come “Ammazza-on”, “Consegniamo i pacchi non la nostra dignità”, “Non vogliamo più essere schiavi dell’algoritmo”.
Sotto tiro infatti l’algoritmo di Amazon che calcola quante consegne devono essere effettuate ogni giorno, anche una ogni 3 minuti, senza tenere conto del traffico, eventuali incidenti, anche solo un camion dell’immondizia che può rallentare di molto, dei tempi di una consegna dettati da quanto ci mette il cliente a rispondere al citofono, scendere le scale, ecc., e senza tenere conto delle pause fisiologiche, ostacolate anche dalle chiusure dei bar in base alle limitazioni imposte per contrastare l’epidemia da Covid-19. Amazon monitora costantemente le consegne e chiede conto di eventuali ritardi e mancate consegne.
E i ritmi che devono sostenere gli autisti sono applicati anche a chi lavora nei magazzini, dove lavorano sia dipendenti diretti di Amazon sia interinali con contratto a termine, che arrivano a prendere non più di 1. 300 euro mensili anche facendo le notti.
I sindacati chiedono quindi una revisione dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, la verifica e la contrattazione dei turni di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro degli autisti, la clausola sociale e la continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o cambio fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali, il rispetto delle normative sulla salute e la sicurezza, buoni pasto, premio di risultato contrattato, indennità Covid per operatività in costanza di pandemia.
Lo sciopero è nato in seguito alla rottura delle trattative con Amazon e Assoespressi, che è l’associazione padronale che rappresenta tutte le aziende che lavorano in appalto per Amazon e si occupano di consegna, in quanto dietro alla disponibilità di facciata, non vi è stato un confronto reale sulle rivendicazioni dei lavoratori.
Secondo i sindacati lo sciopero ha avuto un’adesione media del 75% con un picco del 90% fra i corrieri, nonostante questi siano ricattabili dalle ditte in quanto gli “stabilizzati” sono pochissimi, dal momento che le aziende nascono e muoiono in base ai contratti con Amazon, che non sono continuativi.
La riuscita dello sciopero e delle manifestazioni di protesta dimostrano quanto i lavoratori siano determinati nel battersi per cambiare le proprie condizioni di lavoro, che sono ai limiti della schiavitù a fronte della montagna di profitti realizzata da Amazon che trae beneficio pure dalla pandemia in corso dove la persistente chiusure dei negozi ha aumentato gli acquisti on-line e, anche in questo caso, viene confermato come gli interessi dei lavoratori siano ben diversi da quelli dei padroni perché l’aumento dei profitti dei padroni si tramuta in maggiore sfruttamento per i lavoratori.
31 marzo 2021