Tornano a essere centrali i contratti precari
di Federico Giusti*
I contratti precari, negli anni neoliberisti, sono stati potenziati e ritenuti un autentico traino per la economia nazionale.
Abbattendo le tutele individuali e collettive, precarizzando l'occupazione si pensava di portare benefici all'economia. In realtà a guadagnarci sono state solo le imprese, le quote azionarie delle società in borsa, i profitti e le crescenti disuguaglianze salariali e sociali.
Che i contratti a tempo determinato rappresentino la voce principale dell'occupazione è cosa risaputa, perfino i governi più attivi nello smantellamento delle tutele collettive avevano provato a limitarli. Oggi il governo Draghi va ben oltre l'operato degli esecutivi Monti e Renzi, da una parte rilancia la concertazione con i sindacati (in cambio del welfare aziendale che potenzierà sanità e previdenza integrativa a discapito di pensioni e salute pubblica), dall'altra asseconda i desiderata delle imprese e si muove in sintonia con i Sindaci (partito trasversale di potere regressivo) per costruire i piani italiani del Recovery-fund.
La legge Fornero aveva previsto per i contratti a termine un sovraccosto per le imprese dell’1,4%, il decreto dignità (Conte 1) ha poi introdotto un ulteriore 0,5% in occasione di ogni proroga o rinnovo.
Oggi invece si sta lavorando per ridurre i costi a carico delle imprese proprio per i contratti a tempo determinato e allo stesso tempo si studiano misure come l'abbattimento quasi totale dei costi da sostenere per le assunzioni degli under 36 (modello Macron). Allo studio del governo la proroga dell’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato. E ben presto andranno alla carica contro le causali necessari per le deroghe ai contratti a tempo determinato: non è più sufficiente la semplice deroga al decreto dignità prevista dal decreto sostegni in virtù del quale, per l'intero 2021, tutte le imprese potranno prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato senza ricorrere alle causali. E forse anche il limite dei 24 mesi per i contratti a tempo determinato sarà oggetto di revisione, del resto le associazioni datoriali hanno ritenuto il decreto dignità la madre di tutte le sventure quasi alla stessa stregua dell'art 18 dello Statuto dei lavoratori.
E così la richiesta padronale di abbattere il contributo addizionale dello 0,5% sui contratti a tempo determinato è oggetto di condivisione di buona parte dell'arco parlamentare che invoca anche un incentivo fiscale a favore delle imprese.
A giustificare il tutto la solita fuorviante lettura dei dati statistici: il tasso di disoccupazione giovanile italiano, a fine 2020, era al 29,7%, contro una media Ue del 17,8% del’Ue (6,1% in Germania)
Ma la storia dovrebbe invece insegnare che anni di regali alle imprese in termini di incentivi, agevolazioni fiscali, prestiti a fondo perduto, ammortizzatori sociali non sono serviti allo sviluppo occupazionale ma solo a proliferare la precarietà. E in nome della precarietà si persevera nell'e\orrore.
* Delegato Rsu e Rls al Comune di Pisa e attivo nel collettivo de “La città futura” oltre che nella redazione di “Lotta Continua”.
7 aprile 2021