Per evitare la zona rossa
Spalmati i dati dei morti in Sicilia
Indagato per falso l'assessore alla sanità Razza, arrestati tre funzionari
Musumeci deve dimettersi
L'ordinanza del GIP Caterina Brignone fotografa un quadro scellerato e agghiacciante, che coinvolge senza eccezione tutte le più alte personalità delle istituzioni siciliane, a partire dal Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe) dell'Assessorato della Salute della Regione, per terminare all'interno della Giunta Musumeci.
Tutto parte dalla scoperta che in un laboratorio di Alcamo (TP) erano stai forniti dati falsati su decine di tamponi. I PM hanno avviato accertamenti, incluse molteplici intercettazioni che confermano un sistema illegale per sfuggire alla proclamazione della zona “rossa”, concertato dagli stessi organi di governo regionale. Come dicono le carte infatti, “Considerata la natura e le verosimili finalità degli illeciti commessi, sarebbe difficile ipotizzare un attivarsi del vertice dirigenziale in assenza di avallo dell'organo politico”.
L'inchiesta e i provvedimenti
I Carabinieri del Nas di Palermo e del Comando provinciale di Trapani hanno dato esecuzione all'ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal gip del Tribunale di Trapani e dalla Procura trapanese nei confronti di Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dasoe, il braccio destro dell’assessore Razza e funzionario regionale, Salvatore Cusimano, e Emilio Madonia, dipendente di una ditta che gestisce i flussi informatici dell’assessorato. Oltre a loro risultano indagati anche lo stesso assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza, il suo vice capo di gabinetto Ferdinando Croce e Mario Palermo, direttore del Servizio 4 del Dasoe.
A tutti sono contestati i reati di falso materiale e ideologico in concorso per aver alterato, in svariate occasioni il flusso dei dati riguardante la pandemia SarsCov-2 modificandone il numero dei positivi e dei tamponi, diretto all’Istituto Superiore di Sanità, alterando così di fatto la base dati su cui adottare i discendenti provvedimenti per il contenimento della diffusione del virus.
In maniera più specifica i morti sarebbero stati “spalmati” su più giorni, i nuovi positivi al Covid fatti sparire dalle statistiche, il numero dei tamponi gonfiato per fare apparire l’emergenza pandemia in Sicilia meno grave di quanto fosse. Tutte le parti in causa sono coinvolte, alcune per aver direttamente falsificato i dati, altri per non aver evitato che venisse fatto nonostante sia ragionevole pensare che sapessero tutto. L'indagine ha infatti già documentato oltre 40 episodi di falso, l'ultimo dei quali risalente appena al 19 marzo scorso.
Le intercettazioni
I dati alterati sul Coronavirus hanno evitato ad esempio che Palermo e la sua provincia diventassero zona rossa fin dallo scorso 19 marzo. I dati richiedevano questo intervento ma sono le intercettazioni stesse che confermano l'azione criminale delle parti in causa.
In questo caso, per fare un solo esempio della moltitudine di eventi simili, è la dirigente generale del Dasoe, Maria Letizia Di Liberti, che discute con l'assessore alla Salute Ruggero Razza informandolo della grave situazione pandemica Covid-19 nel capoluogo e nella provincia di 500 nuovi casi, di cui 255 soggetti positivi nel capoluogo e 245 nella provincia nella quale stanno sorgendo nuovi focolai da 30 – 40 contagiati ciascuno. La dirigente dice che bisognerebbe istituire la "zona rossa" quanto meno nel capoluogo siciliano dato il superamento dell'indice di contagio di 250 casi su 100.000 abitanti su base settimanale.
L'assessore risponde di valutare meglio la situazione prospettata e afferma che vuole informare il presidente della Regione Musumeci. E in effetti l'assessore Razza informa il presidente della drammatica situazione palermitana, e in un primo momento i due concordano nel dover informare preventivamente le istituzioni locali quali il presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Micciché e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
"Si impone la necessità di dichiararla zona rossa. - dice Razza al telefono - Su tutta la provincia. Decidiamo se glielo vogliamo dire oggi o se glielo vogliamo dire domani, perché se glielo diciamo ad Orlando, Orlando se la vende subito". "Sì, se la vende subito”, concorda poi Musumeci. Nei giorni seguenti i due non tornano in argomento – il che è inconcepibile data l'importanza della questione – fin quando il 20 marzo Musumeci chiede spiegazioni a Razza, il quale “tergiversa”, come sostiene il GIP, dicendo che dopo un riconteggio l'area si troverebbe sotto la soglia limite per la zona rossa. Eppure il giorno prima i dati erano chiari e la necessità di dichiarare la rossa immediatamente lo era altrettanto. Possibile che anche Musumeci abbia dimenticato l'allarme in una notte?
Nel frattempo in realtà – anche ciò emerge da altre intercettazioni – Razza e la Di Liberti discutono animatamente di come spalmare contagiati e morti in più giorni abbassando l'incidenza di oltre due terzi, e addossando insignificanti responsabilità alle chiusure domenicali di alcuni istituti e all'assenza di addetti amministrativi, senza pensare che anche certe questioni di organici sanitari clamorosamente carenti sono di competenza regionale.
L'ordinanza del GIP
Lapidario e senza appello è il quadro criminale che emerge dall'ordinanza del GIP, che riportiamo in brevi estratti: "Emerge un quadro a di poco sconcertante e sconfortante del modo in cui sono stati gestiti i dati pandemici regionali, in un contesto in cui alla diffusa disorganizzazione e alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati si è sommato il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell'organizzazione regionale (…) Le inefficienze, gli inadempimenti e le disfunzioni delle strutture periferiche sono state artatamente sfruttate in funzione della alterazione dei dati.
Quanto al fine ultimo perseguito attraverso la deliberata e continuata alterazione dei dati pandemici, la natura e le conseguenze delle condotte delittuose e la qualità dei soggetti coinvolti e il loro concertato agire inducono a ritenere che gli indagati non abbiano perseguito finalità eminentemente personali, ma abbiano operato nell'ambito di un disegno più generale e di natura politica (…) si è cercato di dare un'immagine della tenuta e dell'efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell'intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra (…) Quale che sia il disegno perseguito, è certo che le falsità commesse non hanno consentito a chi di competenza di apprezzare la reale diffusione della pandemia in Sicilia e di adottare le opportune determinazioni e non hanno permesso ai cittadini di conoscere la reale esposizione al rischio pandemico e di comportarsi di conseguenza.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la piena collaborazione di tutti i soggetti indagati, ciascuno dei quali risulta calato in un ruolo nevralgico e, defilandosi, avrebbe potuto mettere in crisi il sistema".
Musumeci, che difende il dimissionario Razza, si deve dimettere
L'assessore Razza, colpito in prima persona da documentazioni così evidenti circa il suo coinvolgimento diretto e fondamentale e privato dei suoi cellulari, ha rassegnato le proprie dimissione, accettate dal boss Musumeci. Questo gesto però è bel lungi dall'essere assimilato ad una ammissione delle sue evidenti responsabilità; il suo avvocato infatti ha già respinto le accuse rilanciando “l'inconsistenza delle accuse e l'errore di ricostruzione compiuto da magistrati territorialmente incompetenti". Una difesa disperata che parla di "campagna d'odio" e di assenza della dimostrazione che i dati siano stati forniti in modo falsato da quelli realmente inviati.
Addirittura il difensore ne sottolinea con una faccia tosta senza precedenti l'alto spessore morale, dal momento in cui solo un dato ad oggi sarebbe certo: ”l'assessore Razza con grande senso delle istituzioni ha ritenuto doveroso dimettersi per non creare intralcio in comparto molto delicato nel momento più difficile e d'emergenza vissuto dalla sanità". Intanto però in risposta all'avviso di garanzia, Razza è sì comparso davanti ai PM di Trapani, avvalendosi però della facoltà di non rispondere.
Intanto il governatore siciliano Nello Musumeci parla di “giustizialismo” e di “vergogna per alcuni commenti politici che fanno accapponare la pelle”, e difende a spada stratta Razza e il suo operato, dicendosi certo che i fatti saranno chiariti. Secondo noi, più che altro sarà il suo ruolo da chiarire, per non aver approfondito e proseguito l'interesse sui dati che gli erano stati comunicati, per non aver insistito nel vederci – appunto – chiaro sui 670 contagi giornalieri di Palermo e provincia, una enormità, e lasciando evaporare la questione come se nulla avesse mai saputo.
Per il resto, secondo quanto è descritto dal GIP e testimoniato dalle innumerevoli intercettazioni e dalla rielaborazione corretta dei dati di contagiati e di morti, sul quadro generale e le responsabilità degli arrestati ci sembra non vi siano dubbi.
Questo atteggiamento criminale, che sacrifica la sicurezza e la salute della popolazione per un prestigio politico o forse anche per non mettere il bastone fra le ruote ad imprese particolarmente care agli accoliti di giunta che sarebbero ulteriormente penalizzate, è sintomo di amministrazioni borghesi che si sentono onnipotenti e pensano sempre di farla franca, complici le cricche di potere che si coprono a vicenda e che disegnano insieme trame di soli interessi elettorali che in ultima analisi diventano personali.
È per questo che noi, nell'attesa degli sviluppi che sicuramente ci saranno e a prescindere dall'esito ultimo delle indagini, chiediamo le dimissioni immediate del destro Musumeci e di tutta la sua Giunta.
7 aprile 2021