In un anno di pandemia
Persi quasi un milione di posti di lavoro e record di lavoro nero
Gli ultimi dati dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) confermano le gravi perdite sul fronte occupazionale subite dal nostro Paese. Non è bastato il parziale blocco dei licenziamenti a frenare l'emorragia di posti di lavoro, tanto che in un anno se ne sono andati in fumo quasi un milione. Eppure la Confindustria ha la faccia tosta di chiedere mano libera per ristrutturazioni ed esuberi.
A un anno esatto dall'inizio della pandemia, da febbraio 2020 a febbraio 2021, si sono registrati 945mila occupati in meno, di cui 277mila soltanto nell'ultimo trimestre. La diminuzione ha riguardato uomini, donne, lavoratori dipendenti (-590mila) e autonomi (-355mila) e tutte le classi d'età. Se Il crollo numericamente ha investito in maniera maggiore il genere maschile (-533 mila) rispetto a quello femminile (-412 mila) dobbiamo considerare che queste ultime sono meno occupate, per cui la percentuale alla fine risulta superiore tra le donne.
Non possono consolare le parole dell'Istat che nel presentare il suo rapporto afferma: “A febbraio gli occupati sono sostanzialmente stabili rispetto a gennaio, mentre scendono lievemente i disoccupati e gli inattivi”. Si tratta di un momentaneo assestamento dopo ripetute flessioni che tuttavia non riesce a invertire la tendenza, tanto che tra settembre 2020 e gennaio 2021, c'è stata una perdita di occupati di oltre di 410mila unità e alla fine il tasso di occupazione scende, in un anno, di 2,2 punti percentuali.
Nonostante il quadro globale negativo abbia investito tutti osserviamo ancora una volta come più di tutti sia stato travolto il lavoro a termine con 372mila occupati in meno e quello autonomo con 355mila in meno in un anno. Anche gli occupati dipendenti con un contratto a tempo indeterminato sono diminuiti di 218mila unità, ma la flessione è stata parzialmente attenuata dall’estensione della cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti, per il momento fino al prossimo 30 giugno.
Tra chi ha perso un lavoro precario i più colpiti, com'era facile immaginare, sono i più giovani con un -14,7% tra i 15 e i 24 anni (-159 mila) e -6,4% tra i 25 e i 34 anni (-258 mila). La perdita più ampia in numeri assoluti (ma non in percentuale) c’è stata tra i 35 e i 49 anni con 427 mila occupati in meno, mentre gli over 50 hanno perso 101 mila occupati in un anno.
Altro dato significativo e preoccupante, calcolato sugli ultimi 12 mesi, è la crescita delle persone in cerca di lavoro (+0,9%, pari a +21mila unità), ma soprattutto gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+5,4%, pari a +717mila). Un chiaro segnale della perdita di fiducia e della speranza di trovare un lavoro, specie in settori bloccati come il turismo e in aree geografiche come il Mezzogiorno, dove già prima della pandemia a farla da padrone era il precariato e la disoccupazione.
Legata alla crisi occupazionale, che il virus ha violentemente aggravato, c'è l'impennata del lavoro nero, altra piaga che imperversa nel nostro Paese. L'Ufficio studi della Cgia di Mestre annuncia che nel corso del 2020 questo fenomeno è stato in continua crescita mentre il 2021 “sarà un anno da record” per il sommerso. Con le chiusure imposte nelle ultime settimane, ai tanti disoccupati si sono aggiunti molti addetti del settore alberghiero e della ristorazione, della cura alle persone e dei negozi di tutti i tipi. Parrucchiere ed estetiste che quotidianamente si recano nelle case degli italiani a esercitare, irregolarmente, i servizi e le prestazioni più disparate per sopravvivere e pagare le bollette e gli affitti delle loro esercizi attualmente chiusi. Un numero di invisibili difficilmente quantificabile.
Nei prossimi mesi, purtroppo, la situazione è destinata a peggiorare. Con lo sblocco dei licenziamenti previsti a fine giugno, c’è il pericolo che il numero dei senza lavoro aumenti in misura importante. Stiamo parlando di quelle persone che non riuscendo a trovare una nuova occupazione saranno costrette a optare per un lavoro irregolare o si improvviseranno, come sta già avvenendo, edili, imbianchini, idraulici, giardinieri o addetti alle pulizie, permettendo così a molte famiglie di mettere assieme il pranzo con la cena.
Il lavoro nero diventa così un “ammortizzatore sociale” che serve a compensare una parte dei posti di lavoro persi a causa dell’emergenza sanitaria. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che in Italia ci sono oltre 3,2 milioni di occupati in nero, e tutte queste persone producono un valore aggiunto di 77,8 miliardi di euro. Il dilagare del lavoro irregolare non comporta soltanto un danno alle casse dell’erario e dell’Inps, ma anche ai lavoratori stessi, a cui vengono negate le più elementari tutele previste dalla legge in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e in queste condizioni, gli incidenti e le malattie professionali rischiano di essere molto frequenti.
14 aprile 2021