Le bugie hanno le gambe corte: a proposito dell'intervista di Landini a “il manifesto”
di Federico Giusti*
“Il manifesto” non ne azzecca una da anni e per vivere, quello che un tempo era un giornale comunista, ha baciato rospi e ingoiato amari bocconi giustificando l'ingiustificabile magari in nome della lotta alle destre. L'intervista di Landini a “il manifesto” si prefigge due obiettivi: sposare in toto la linea della Cgil e nascondersi dietro al principale sindacato italiano per occultare il sostegno all'attuale esecutivo.
Asserire che l'attuale modello di crescita è giunta al suo epilogo significa analizzare innanzitutto il modo di produzione capitalista e la natura della crisi. Non è la pandemia ad avere sancito la crisi del modello di sviluppo e alla rottura di ogni equilibrio con la natura e, anche se volessimo prendere per buona questa considerazione, Landini dovrebbe spiegare come sia concepibile la posizione della Cgil sull'Ilva con questa rinnovata fede ecologista.
La crisi della democrazia è sancita da decenni di accumulazione capitalista che ha anche determinato il restringersi degli spazi di partecipazione. Chi si erge a difesa della democrazia dovrebbe spiegare come sia possibile avere accettato, senza alcuna mobilitazione reale, l'innalzamento dell'età pensionabile con la Fornero oppure avere sottoscritto l'accordo sulla rappresentanza nel lavoro privato nel 2014 oppure, qualche settimana fa, l'intesa sulla Pubblica amministrazione.
Se si vuole difendere gli spazi di partecipazione e di democrazia si deve operare conseguentemente ma di questo ovviamente Landini non parla approfittando della ospitalità de “il manifesto” per dispensare “lezioni”, ossia tante parole alle quali siamo abituati e mai seguite da fatti concreti.
Il concetto di “limite” tanto caro a Landini, ossia la fine dello sfruttamento delle risorse naturali, è funzionale alla giravolta della Cgil che oggi sposa il capitale green (o delle rinnovabili) in contrapposizione al capitalismo fordista, delle nuove forme di sfruttamento connesse al capitale ecologista. Non si parla come del resto si tace sul capitalismo della sorveglianza e degli algoritmi che si vorrebbe correggere in nome di una democrazia ormai svuotata delle sue prerogative pregnanti.
La cultura della decrescita e del riuso sono forse la nuova frontiera ideologica della Cgil?
Prendiamo ad esempio il tema della formazione, la formazione permanente che dovrebbe indurre il capitale pubblico e privato a investire in ricerca, scuola, sanità e appunto formazione. Ma quest'ultima non è a costo zero e quando diventa prioritaria a pagarla sono i contribuenti e gli stessi lavoratori con quella pessima trovata dei contratti di espansione.
Landini guarda con interesse alle grandi ristrutturazioni urbane sulle quali saranno investiti parte dei soldi del Recovery e qui entrano in gioco i poteri forti dei sindaci rispetto ai quali il segretario Cgil non spende una parola.
Per Landini occorre mettersi in rete per arricchire la capacità contrattuale, belle parole che stridono con la perdita di potere di acquisto e di contrattazione da 40 anni ad oggi.
Tutti gli accordi sottoscritti dalla Cgil vanno nella medesima e antitetica direzione a quella auspicata da Landini per non parlare poi del welfare aziendale e del secondo modello di contrattazione dove si potenziano sanità e previdenza integrativa in linea per altro con i dettami di Confindustria.
Il superamento della precarietà non è il risultato di contratti da fame e di legislazioni costruite per favorire le imprese. È piuttosto il risultato del rovesciamento di 40 anni di politiche in materia di lavoro, politiche avallate dalla Cgil.
L'idea di Landini è la classica e vecchia ricetta della socialdemocrazia tedesca, dei sindacati nei consigli di amministrazione delle società e delle multinazionali con l'ulteriore perdita di potere di contrattazione e l'abbandono definitivo di ogni dinamica contrattuale. Non è la Costituzione a essere rimasta fuori dai cancelli dei luoghi di lavoro, dentro quei luoghi è entrata la Costituzione che sancisce il primato e l'autonomia della impresa, la centralità e inamovibilità della proprietà privata rispetto al controllo a fini sociali dell'economia. Il compromesso della Carta è definitivamente fallito nel momento in cui è stato introdotto il Pareggio di bilancio e dopo la sostenibilità finanziaria e non ci pare che la Cgil abbia mosso un dito per contrastare la grande trasformazione orchestrata in nome dell'UE.
Una legge sulla rappresentanza non significa riportare la democrazia nei luoghi di lavoro ma sancire invece il monopolio della contrattazione dei sindacati firmatari di contratti, quei contratti che la Cgil ha sempre sottoscritto isolando nelle aziende i suoi stessi delegati contrari, delegittimandoli o sospendendoli dai loro incarichi all'occorrenza. E contro i sindacati di base, sempre in nome della rappresentanza, è stata lanciata un'autentica “scomunica”.
E una legge sulla rappresentatività partirebbe dall'estensione dell'accordo sulla rappresentanza che democratica non è.
L'idea del sindacato di strada diventa strumento atto a trasformare il sindacato e il blocco sociale che rappresenta in alleato della grande trasformazione all'ombra del Recovery ma tacendo sulle merci di scambio imposte dalla Ue. Le disuguaglianze alimentate dal neoliberismo sono state accentuate fino alla pandemia e l'ultimo anno le accentuerà ulteriormente proletarizzando ampie porzioni di quello che fu il ceto medio.
Il sindacato dei cittadini tanto caro alla Uil sanciva la fine della contraddizione tra capitale e lavoro, oggi Landini pensa a sindacati del territorio magari per compiacere il terzo settore, il dumping salariale sancito dal sistema degli appalti e delle cooperative.
Aprire vertenze territoriali significa trasformare i soggetti sociali in protagonisti attivi e conflittuali ma di questo non c'è traccia nella analisi di Landini tutta costruita all'insegna della rimozione del conflitto non senza avere ripreso e scimmiottato qualche vecchia massima di Ingrao (il lavoratore non produce solo merci).
Se vogliamo ricostruire il protagonismo del mondo del lavoro la strada da intraprendere resta quella del conflitto del lavoro contro il capitale, al contrario Landini pensa che tutto possa avvenire in maniera indolore (perché non lo va a dire ai lavoratori della Fedex in sciopero contro i quali la Cgil di Piacenza ha condotto una lotta senza quartiere salvo poi accorgersi che le volontà della multinazionale Usa erano quelle di chiudere i magazzini dove più elevata è la conflittualità sindacale?)
Con la crisi dei partiti di sinistra, la Cgil si candida a prendere il loro posto in nome della difesa dei corpi intermedi e con essa pensa a una santa alleanza con il terzo settore dove operano i volontari al posto di forza lavoro contrattualizzata.
Da qui parte anche l'idea di un nuovo sindacato unitario con Cisl e Uil arrivando a esaltare i consigli di zona e i consigli di fabbrica degli anni Settanta che furono distrutti dal compromesso storico e dalla svolta dell'Eur che la Cgil sostenne in nome della politica dei sacrifici.
"Unire ciò che è diviso" conclude Landini ma poi che significherà? Per noi ad esempio porre fine al sistema degli appalti e a contratti diversificati nello stesso luogo di lavoro, per Landini sicuramente no visto che la Cgil ha sottoscritto la moltiplicazione dei contratti molti dei quali, ad esempio il multiservizi, finalizzato a ridurre il costo del lavoro favorendo processi di privatizzazione ed esternalizzazione.
“Raccogliere la complessità del mondo del lavoro” è una sfida da raccogliere ma non nell'ottica di rimuovere ogni elemento conflittuale del lavoro rispetto al capitale, ecco spiegata la principale contraddizione insita nelle dichiarazioni di Landini.
Quando si parla di “nuovi diritti” finiamo poi nel ridicolo, i diritti sono sempre gli stessi, quelli a esistenze dignitose, a salari non da fame, a ridurre l'orario di lavoro a parità di salario, a impedire la svendita dei beni comuni.

 

(*) Delegato Rsu e Rls al Comune di Pisa e attivo nel collettivo de “La città futura” oltre che nella redazione di “Lotta Continua”.

21 aprile 2021