In barba alla transizione ecologica
Cingolani dà il via libera alle trivelle

Il primo atto concreto del nuovo Ministero della Transizione Ecologica è stato una sintesi dei più diffusi timori che una larga parte degli ambientalisti avevano espresso fin dall'inizio della nomina del dicastero a Roberto Cingolani.
Un primo passo sì, ma indietro, col quale il ministro dà il via a nuove estrazioni e ricerche di energie fossili dopo un periodo di moratoria di alcuni anni dovuto all'attesa del nuovo Pitesai (il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee): concesse sette autorizzazioni delle quali tre ad Eni, due a Po Valley e due a Siam srl, per un totale di 11 nuovi pozzi approvati con apposita Valutazione di Impatto Ambientale già rilasciata.
I nuovi impianti di trivellazione saranno collocati nel mare Adriatico tra Veneto e Abruzzo, nel canale di Sicilia, e a terra in Emilia Romagna in provincia di Modena; inoltre, sempre in Emilia ma provincia di Bologna, Cingolani ha approvato anche l'avvio della produzione di un pozzo a metano già esistente.
Insomma, non a torto visti i primi atti, Cingolani è già stato ribattezzato dal Forum Abruzzese dei Movimenti per l'Acqua, il ministro della “Finzione Ecologica”.
 

Le responsabilità di Cingolani e Franceschini e la complicità delle Regioni
Negli ultimi anni si sono ripetute le critiche del movimento NO TRIV ai due governi Conte che, come ribadiscono anche in un loro comunicato del 15 febbraio scorso “hanno disatteso ogni aspettativa; a poco è servito dare dimostrazione di laboriosità (finta) pubblicando il Rapporto Preliminare sul suono della campanella, dopo aver taciuto la verità anche in risposta a diverse interrogazioni parlamentari”, e a questa politica ambientale di traccheggio e di inefficienza, si è ispirato il governo Draghi che l'ha ripresa, rimbellita, e poi rilanciata negli stessi termini, anzi, peggiorata.
Infatti, se i governi Conte con i 5 Stelle come forza egemone in tema di trivelle – e quindi di estrazione di nuovo fossile - avevano disposto solo la proroga fino al 30 settembre 2021 dello stesso Pitesai, Franceschini in qualità di Ministro dei Beni Culturali del governo “dei migliori” e Cingolani si spingono oltre e sdoganano subito i procedimenti per i quali la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale era rilasciata prima dell'avvio della moratoria.
Invece di impedire ulteriori scempi ambientali e inutili e dannose perforazioni, il Pitesai potrebbe tradursi in una sostanziale “liberalizzazione” territoriale d'intervento. Certo che la volontà dei due ministeri competenti di non attenderlo e di rilasciare subito le autorizzazioni è gravissima poiché in questo modo anticipa qualsiasi eventuale problema ai quali i petrolieri potrebbero andare incontro nel caso il Pitesai stesso stabilisse che in quelle zone le trivelle non possono starci.
Fra l'altro poi, queste autorizzazioni non sono affatto “atti dovuti”, come il governo e i suoi lacchè continuano a dire, poiché la Corte costituzionale ha chiarito che la VIA pur essendo un atto “tecnico” non esclude valutazioni di carattere politico; inoltre in uno di questi progetti si dice, per esempio, che l’estrazione avverrà “oltre le 12 miglia marine” nel rispetto delle norme esistenti, ma se si approfondisce scopriamo che la differenza è, sulla carta, di poche centinaia di metri, e tutti gli esperti di settore sanno che i calcoli spesso sono errati.
I dubbi di legittimità quindi non sono pochi, e in maniera particolare riguardano il progetto offshore Ibleo di ben 288 kmq a “circa” 13 miglia dalla costa siciliana; permesso di ricerca che la legge dello Stato ha sospeso in attesa che venisse varato proprio il Pitesai e che pertanto non giustifica in alcun modo la firma dei due ministri sul decreto VIA.
In verità Cingolani stesso, che straparla addirittura di “fusione nucleare”, ha sempre pensato che quello che viene definito un sistema “totalmente sostenibile” abbia ancora bisogno di energie fossili al punto da favorire la ricerca di altre in maniera così vasta e diffusa. Ma allora, di cosa va cianciando quando parla di “bando delle fossili” e di fine delle sovvenzioni e degli incentivi alle fossili fin da subito? Secondo un articolo de Il Fatto Quotidiano , nelle prossime settimane dovrebbero arrivare altre autorizzazioni che attualmente sono in fase istruttoria. Come sanno coloro che hanno seguito il dibattito referendario dell'aprile del 2016, a certe attività corrispondono misere royalties per lo Stato, quindi neanche le casse pubbliche se ne beneficeranno, anche se non è questo il problema principale.
Questo ennesimo sdoganamento delle trivellazioni viene realizzato anche con la complicità delle Regioni; la Sicilia ha fatto “orecchie da mercante” evitando di rilasciare il proprio parere di competenza, l'Emilia-Romagna di Bonaccini – da sempre sostenitore delle trivelle in mare - non si è pronunciata sulla concessione “Barigazzo”, ma ha appoggiato il “Vetta”, mentre per quanto riguarda il progetto di perforazione del pozzo “Donata 4Dir”, relativo a una concessione di coltivazione che interessa in parte le Marche e in parte l’Abruzzo, è emerso che la Regione Marche sarebbe stata coinvolta nel procedimento, ma non l'Abruzzo, nonostante il provvedimento VIA sia stato ora notificato anche alla Regione Abruzzo alla Provincia di Teramo e al Comune di Martinsicuro. Una vergogna nella vergogna.
 

Le reazioni di Comitati, Legambiente, Greenpeace e WWF
Immediate, come dicevamo, sono giunte le dure critiche dei comitati, fra i quali il già citato Forum H2O che ha sottolineato come le sette autorizzazioni che si traducono in undici pozzi, siano in realtà un vero e proprio colpo di mano del governo nell'interesse dei petrolieri: “Auspichiamo che questi interventi siano fermati nel prosieguo dell’ iter di approvazione. La moratoria avrebbe dovuto identificare anche le concessioni già esistenti da non rinnovare. Così si vanifica in partenza parte della programmazione, mettendo tutti davanti al fatto compiuto”.
Oltre alle reazioni dei comitati, a poche ore dalla notizia si sono espresse anche le maggiori associazioni ambientaliste internazionali che hanno anche sedi in Italia.
Legambiente, Greenpeace e WWF hanno pubblicato un comunicato stampa nel quale affermano: “Queste autorizzazioni non vanno proprio bene seppur riferite a procedimenti in corso da anni. Ora più che mai ci attendiamo misure e atti concreti per una emancipazione definitiva dalle fonti fossili, dotandoci da subito di una exit strategy dalle trivellazioni, investimenti per una svolta davvero verde e non lo svincolo di permessi per le fossili”.
 

Cingolani non si smentisce. Per tutelare l'ambiente occorre cacciare il governo Draghi
Insomma, è un fatto incontrovertibile che il neoministro Cingolani abbia prontamente resuscitato nuovi progetti di estrazione fossile – alcuni dei quali fermi dal 2014 – anziché avviare l'annunciato progetto di dismissione delle fonti inquinanti che ha la sua prima leva nel non incentivarne ulteriori produzioni, dismettendo via via quelle esistenti sostituendole con energia realmente “pulita”.
Sulle trivellazioni poi vi sono una enormità di rischi connessi all'attività specifica, di incidenti, perdite in mare e scarichi di sostanze altamente inquinanti che possono compromettere in maniera irreversibile il mare e l'ambiente, come purtroppo già accaduto in tanti impianti anche internazionali. Ricordiamo su tutti il disastro della piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico nel 2010, e proviamo a immaginare cosa accadrebbe se un tale avvenimento si verificasse in un mare chiuso come l'Adriatico.
Questi aspetti aggravano ulteriormente i provvedimenti del ministro, seppur la questione che è più significativa da un punto di vista politico rimane la prospettiva di una “transazione energetica” ecologica che non solo viene stoppata, ma persino riportata indietro, allontanandosi sempre di più anche dai minimi e insufficienti accordi del protocollo frutto della COP21 di Parigi che tutti continuano a prendere come riferimento. Accordi di Parigi sul clima che poi a chiacchiere tutti dicono di voler rispettare, ma che ogni governo ignora e calpesta per agevolare gli interessi di quelle lobby energetiche di riferimento.
“Per Cingolani e il governo Draghi evidentemente – come affermano i comitati ambientali che giustamente sono sul piede di guerra - l'emergenza non è quella climatica ma quella di premiare i progetti dei petrolieri.”. Come dar loro torto.
Tornano alla mente le profetiche parole dello stesso Cingolani in un'intervista al sito ENI un paio di anni fa quando ancora non era ministro, nella quale affermò compiacente al proprio interlocutore che il metano sarebbe stata la fonte principale per "transizione" energetica, ignorando le numerose ricerche pubblicate sulle migliori riviste scientifiche che dimostrano come il metano sia un pericoloso gas-serra 84 volte più clima-alterante della CO2 nel breve periodo e decine di volte nel lungo, mentre nella filiera di estrazione-trasporto-stoccaggio e distribuzione le perdite dirette di questo gas sono molto superiori a quanto dichiarato, con la conseguenza di perdere ogni eventuale vantaggio “verde” rispetto a petrolio e carbone.
Conoscendo il ministro della Transazione – o meglio della “Finzione Ecologica” -, dobbiamo aspettarci che il peggio deve ancora arrivare poiché, come abbiamo denunciato sulle righe di questo giornale all'indomani della sua nomina. Quale credibilità può avere un ministro preposto alla salvaguardia dell'ambiente che produceva fino a qualche mese fa innovazione per un colosso degli armamenti (la Leonardo in qualità di Responsabile Innovazione e tecnologia), impegnato insieme alla Francia nel consorzio MBDA per lo sviluppo di vettori per testate atomiche? Un ministro che aveva poco prima della nomina dichiarato che le rinnovabili “non risolvono tutti i problemi, soprattutto non sono utilizzabili in maniera continua come vogliamo e dove vogliamo… Il costo energetico di tutte le cose che desideriamo avere è molto elevato. Da un lato pretendiamo molto dalla tecnologia come se fosse tutto gratuito, dall’altro non vogliamo oleodotti, gasdotti, nucleare…”. Non solo, secondo Cingolani anche la benzina è ancora molto efficace e insostituibile: “siamo lontani dal poter fare a meno dei veicoli a benzina.”; e ancora, nel 2018, ospite della Leopolda, esponeva a Renzi la sua idea di sostenibilità con queste parole: “l’ecosostenibilità nel lungo termine non ci sarà… lo scienziato deve analizzare le cose in maniera fredda e onesta”.
La politica di questo ministero è un'ulteriore conferma che il governo del banchiere massone Draghi va cacciato il prima possibile, perché è e rimane un governo non solo della finanza internazionale ma anche delle multinazionali dei combustibili fossili, in barba agli interessi della popolazione e dell'ambiente. Un ruolo fondamentale in questa battaglia può arrivare proprio dalle ambientaliste e dagli ambientalisti traditi prima dalle vane promesse della “sinistra” borghese con i vari partiti “verdi” anche di governo, poi dai 5 Stelle che in due anni si sono rimangiati tutto, e adesso da Cingolani che con il suo primo significativo provvedimento cancella anni di faticosi rinvii sulle trivellazioni. Vedremo adesso quali saranno i contenuti del nuovo PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la cui bozza è prevista entro aprile, e che conterrà cruciali elementi di indirizzo energetico e ambientale per il nostro Paese.
Dobbiamo tutti essere pronti alla mobilitazione.
 

21 aprile 2021