Alta velocità Salerno-Reggio Calabria, un progetto inutile e dannoso
Un capitolo dei sei che compongono il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) varato dal Governo Draghi con il parlamento ridotto ad organo ratificatore, è dedicato agli investimenti nelle infrastrutture e nella mobilità “sostenibile” del nostro Paese.
In questo campo spicca l'enorme potenziamento dell’alta velocità alla quale sono destinati ben 28,3 dei 32 miliardi complessivi di euro previsti per questa “missione”.
Un impiego di risorse spacciato come una grande opportunità per colmare il divario tra il Nord e il Sud del Paese; ed è in questo quadro che, fra gli altri progetti, compare la linea ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria, divisa in sei distinti lotti, che viene definita come la più grande opera infrastrutturale della storia d’Italia.
Opera faraonica e dannosa
Il progetto ferroviario di Draghi e del Ministro dei trasporti Giovannini, nella versione più accreditata, avrebbe inizio da Battipaglia passando poi per Praia e procedendo poi da Tarsia verso le aree interne, per una lunghezza di 450 km. Costerebbe 25 miliardi di euro e sarebbe composto quasi per metà da gallerie che crivellerebbero come un groviera l’appennino calabro con un costo ambientale incalcolabile.
Per comprendere meglio l'entità del progetto, ma anche la sua inutilità, è sufficiente pensare che il lotto 1 “Battipaglia - Praja” vale 6,3 miliardi - quasi il doppio del Tav Torino-Lione - e serviranno almeno 10 anni per la sua realizzazione; il tutto per un guadagno di tempo di 30 minuti in direzione Reggio Calabria, che saranno 80 al completamento dell'intera tratta.
Nonostante l'enorme costo e il pesantissimo quanto irreversibile sacrificio del territorio, dell'ambiente e del paesaggio, ad oggi il progetto non prevede un’analisi della domanda di traffico, né è dato sapere quali saranno le località servite e da quanti treni, e neppure una semplice analisi costi-benefici che è necessaria anche per la più elementare delle circonvallazioni paesane. Perché allora si redige un progetto ancor prima di avere una stima della domanda, dell’offerta e dei costi ambientali certi?
Intanto sappiamo già – perché l'ha affermato il ministro stesso - che il progetto non dovrà passare dall’approvazione del Cipe, il Comitato per la programmazione economica, poiché viene considerato un semplice potenziamento della linea esistente e non una nuova rete; un cavallo di Troia utilizzato spesso proprio per aggirare la maggior parte delle misure richieste nelle procedure che valutano in particolar modo l'impatto ambientale delle opere stesse.
Al Sud serve il potenziamento di un diffuso servizio di trasporto locale
Come anche alcune associazioni ambientaliste hanno denunciato opponendosi al progetto, sarebbe da ingenui pensare che il Sud, e quindi l’area del Paese più arretrata e che più delle altre ha bisogno di investimenti, possa essere rilanciata con una nuova linea ferroviaria a doppio binario tra le montagne dell’Appennino, dove i treni possano correre a 300 chilometri all’ora. Non sarà certo questa opera faraonica l'infrastruttura capace di rendere più veloci e frequenti i collegamenti in treno nel meridione per la stragrande maggioranza della popolazione che ne rimarrebbe esclusa.
Troppe sono le difficoltà morfologiche e altrettanti i disastri ambientali certi che i cantieri sul tracciato e le gallerie stesse provocheranno, così come l'elevato rischio sismico pare non essere stato un problema minimamente d'interesse per i tecnici del governo.
Ma per opporsi al progetto è indispensabile valutare un altro elemento politico indiscutibile, e cioè che la questione meridionale dal punto di vista infrastrutturale deve avere altre priorità poiché in questi territori da sempre, ma in particolare negli ultimi decenni, si è tagliato indiscriminatamente tutto: la sanità in primis, così come la scuola, gli interventi basilari per frenare il dissesto idrogeologico, fino al recupero del patrimonio edilizio ormai allo sfascio. In questo quadro è evidente lo smantellamento del servizio pubblico dei trasporti, sia su gomma che su rotaia, con intere aree completamente isolate se non si possiede un mezzo privato.
Eppure solo le briciole (circa 4 miliardi sui 24,77 del NG-Eu di investimenti sulla rete ferroviaria nazionale) andranno all'ammodernamento delle linee regionali, all'elettrificazione dei binari e alle stazioni del Sud; appena un terzo quindi dei 15 miliardi destinati alla rete ferroviaria AV del Nord, alle linee AV di collegamento con l'Europa e ai nodi metropolitani del Nord che per i capitalisti odorano di quattrini.
“Nelle 222 pagine consegnate alle commissioni parlamentari – sostiene a ragione Legambiente - manca l’unica simulazione che ci si sarebbe aspettati: ossia come migliorare la linea a doppio binario che oggi esiste tra Salerno e Reggio Calabria”, inoltre sono del tutto assenti progetti per il rafforzamento delle vie di comunicazione con i porti di Gioia Tauro, con l’aeroporto di Lamezia Terme, con Cosenza e con la linea Jonica verso Taranto e Bari.
Anche da un punto di vista puramente ambientale e di riduzione delle emissioni dannose, tutte le tratte interne nel Mezzogiorno, così come gran parte di quelle delle altre regioni del centro-nord seppur con particolarità diverse, o sono senza collegamenti o bruciano gasolio; ecco perché, se ci fosse un governo che prendesse sul serio la “transizione ecologica” e non la trasformasse in “finzione”, farebbe ben altro per migliorare i trasporti sia sul piano ambientale, sia su quello sociale, unendo cioè territori oggi abbandonati per favorire le economie locali, il turismo, le necessità, le relazioni e la vivibilità di una fetta significativa del nostro paese che oggi si trova suo malgrado indiscutibilmente emarginata.
M5S e CGIL favorevoli
Paiono però non accorgersi di questa grande contraddizione coloro che fino a ieri si erigevano a paladini dell'ambientalismo e della salvaguardia del territorio. La senatrice del Movimento 5 Stelle Felicia Gaudianio, ad esempio, ha espresso parole al miele al progetto di fattibilità, che dimostrebbe secondo lei “l’attenzione del Governo per il Sud del Paese”, una “scommessa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che non possiamo perdere“.
È curioso vedere che oggi i pentastellati di governo utilizzano le stesse argomentazioni forzate e fasulle degli altri partiti di regime che prima contestavano, ma che alla prova dei fatti sono stati i loro ottimi maestri sulla strada della normalizzazione capitalistica. Chissà cosa ne pesano i loro elettori, in particolare quelli provenienti dall'area ambientalista, che hanno dovuto digerire una giravolta dietro l'altra, a partire proprio dalla TAV piemontese, madre di tutte le lotte contro la devastazione del territorio.
Impercettibile è anche la critica della CGIL espressa all'interno di un documento di oltre 90 pagine che se da un lato ammonisce il governo circa la necessità di potenziare le reti locali, dall'altro valuta “positiva” l'estensione della TAV al Sud, tessendone le lodi di innovazione e progresso.
Con Draghi ancor più speculazione, devastazione ambientale e cemento
Eppure le masse popolari saranno escluse in larga parte da questo nuovo “servizio” ferroviario – se mai sarà completato - che rimarrà ad esclusivo appannaggio di una clientela ricca e (forse) di un servizio di trasporto merci che sarebbe già qualcosa, per lo meno in campo ambientale, in termini di riduzioni delle emissioni da scarichi auto e tir; ad oggi però l'unica cosa certa è che con i soldi pubblici del programma europeo Next Generation-Eu, il governo Draghi prosegue imperterrito sulla strada delle grandi opere inutili, della cementificazione selvaggia, della speculazione e dello scempio paesaggistico.
Se non bastasse la TAV Salerno- Reggio Calabria a far aprire gli occhi ai sostenitori che da “sinistra” appoggiano i partiti di governo, ricordiamo che a completare il progetto in questione è stato rispolverato un progetto “ever green” noto oggi come il lotto numero 7, e cioè quel Ponte sullo Stretto di Messina che torna nuovamente in auge, stavolta però non risollevato da un Berlusconi qualunque, ma dal governo del banchiere massone Draghi sostenuto da tutti i partiti del parlamento nero, inclusi i fascisti di Fratelli d'Italia con la loro opportunistica opposizione “responsabile” di facciata che serve loro solo a fini elettoralistici, andando nei fatti a braccetto con Draghi e con le grandi aziende delle quali rappresenta gli interessi.
12 maggio 2021