Fermare le violenze israeliane contro i civili palestinesi. Pieno riconoscimento dei diritti del popolo palestinese
di Federico Giusti*
In questi giorni abbiamo assistito a un coro bipartisan in difesa dello Stato di Israele che a detta dell'intero arco parlamentare, o quasi, da Letta a Salvini, scende in piazza contro l'aggressione di Hamas e dei palestinesi.
I fatti degli ultimi giorni dicono ben altro, coloni che danzano e festeggiano a poche centinaia di metri da una moschea in fiamme dopo il brutale intervento dell'esercito, la violazione da parte israeliana di luoghi di culto islamico, le continue provocazioni dei coloni nei giorni del Ramadan. I paladini della libertà religiosa ragionano in realtà a senso unico, occultano la requisizione di terre e di case abitate da arabi in virtù di un presunto diritto degli israeliani che poi è solo una giustificazione al libero arbitrio.
Siamo in presenza della solita narrazione distorta e tossica con gli interventi degli amministratori di Facebook che cancellano post a favore del popolo palestinese. Non esiste alcuna aggressione se non quella orchestrata da Israele, la potenza dell'esercito sionista non è paragonabile ad Hamas e alla flebile resistenza palestinese indebolita da blocchi economici, miseria e occupazione militare. Da anni Israele occupa illegalmente, con il potere di veto degli Usa in sede Onu a bloccare qualsiasi risoluzione favorevole al popolo palestinese che subisce quotidiane umiliazioni. Israele vuole non solo cacciare i palestinesi dalle loro case/terre ma cancellare la loro stessa identità culturale con il sostegno attivo delle principali potenze mondiali, la compiacenza di quei paesi arabi come Egitto, Giordania e Arabia Saudita che hanno riconosciuto lo stato di Israele abbandonando al loro tragico destino il popolo palestinese.
Da oltre 50 anni i Territori palestinesi subiscono l'occupazione militare israeliana, il processo di colonizzazione e di ebraizzazione, le politiche di apartheid e il tentativo di annessione di Gerusalemme est hanno determinato negli ultimi anni un crescente senso di frustrazione sociale e politica all'interno del popolo palestinese acuito dal sostegno politico accordato dalle potenze occidentali ad Israele. Il peggioramento delle condizioni di vita nei territori palestinesi, nel disinteresse internazionale, costituisce il substrato su cui si è accesa la scintilla delle proteste per l'esproprio di alcune abitazioni ai danni di famiglie palestinesi nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est. Un processo di espropriazione, espulsione e reinsediamento ebraico che va avanti dall'inizio degli anni '70, quando Gerusalemme è stata illegalmente dichiarata capitale unica e indivisibile dello stato di Israele che ad oggi controlla ben l'86% di Gerusalemme est. I 350.000 palestinesi di Gerusalemme est, pari al 60% dei suoi abitanti, vivono ammassati nel restante 14%, in condizioni di oppressione e di segregazione legislativa, tant'è che, nonostante il territorio in cui vivono sia stato di fatto annesso da Israele, è stato attribuito loro il precario status di stranieri "residenti permanenti", costringendoli a convivere con lo spettro dell'arbitraria revoca del permesso di residenza, dell'espulsione e della demolizione della casa.
Le politiche annessionistiche di Netanyahu hanno goduto del totale avallo da parte di Trump peraltro in clamorosa violazione di quanto resta del diritto internazionale. Il riconoscimento statunitense della sovranità israeliana sulle Alture del Golan e Gerusalemme unita come capitale, le continue violenze dei coloni hanno provocato i fatti degli ultimi giorni ai quali l'esercito di Israele ha reagito con inaudita violenza. Netanyahu, anche per superare la crisi politica interna, non aveva previsto la reazione spontanea dei palestinesi di Gerusalemme est che è sfociata in manifestazioni di protesta che non si vedevano da anni confermando come l'occupazione militare israeliana non sia riuscita a scalfire la dignità nazionale del popolo palestinese e la volontà di lottare per la libertà e l'autodeterminazione.
Di fronte all'ennesimo sconsiderato utilizzo della forza da parte di Israele a danno di civili palestinesi, abbiamo organizzato a Pisa un presidio di protesta per far sentire la voce dei lavoratori e delle lavoratrici italiani/e che da sempre solidarizzano con le istanze di liberazione dei popoli.
Chiediamo di fermare i bombardamenti nella Striscia di Gaza, che hanno già provocato decine di morti, e l'uso della violenza nella repressione delle manifestazioni a Gerusalemme est. Occorre operare concretamente affinché nell'immediato venga messo in pratica quanto dichiarato il 7 maggio dal portavoce dell’Ufficio Onu per i diritti umani (Ohchr), Robert Colville, che ha esortato Israele a “interrompere immediatamente” gli sgomberi forzati di cittadini palestinesi residenti nella zona di Gerusalemme est, che la stessa è “parte dei Territori palestinesi occupati” e che “vi vige la legge umanitaria internazionale” che “la forza occupante deve rispettare”.
La sollevazione spontanea del palestinesi di Gerusalemme est è l'inevitabile conseguenza del complice immobilismo della comunità internazionale verso le ripetute violazioni del diritto del popolo palestinese attraverso le violente repressioni perpetrate da Israele da decenni ai danni dei palestinesi, repressioni per altro condannate anche da numerose e inapplicate Risoluzioni Onu di condanna.
Noi siamo al fianco del popolo palestinese che legittimamente scende in piazza per respingere l'oppressione israeliana e ricordare al mondo intero che il movimento di liberazione nazionale palestinese è ancora vivo ed è pronto a sostenere una III Intifada contro l'occupazione, contro le violenze dei coloni che sottraggono terra e case alla popolazione.
*Delegato Rsu e Rls al Comune di Pisa e attivo nel collettivo de “La città futura” oltre che nella redazione di “Lotta Continua”.
19 maggio 2021