Il governo Draghi manda avanti il progetto del pericoloso e inutile Ponte di Messina
La Commissione del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (Mims) del governo Draghi, ha valutato positivamente la possibilità di realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina. Con una relazione carente di fondamentali informazioni tecniche e socio-economiche, il Mims sdogana di fatto un progetto inutile, pericoloso e dannoso, la cui spesa iniziale stimata in oltre 10 miliardi di euro è tutt'altro che certa; nei documenti infatti non v'è traccia di alcuna stima dei costi, né alcun rilievo di analisi costi/benefici.
La continuità di Draghi col governo Conte
Il ministro Enrico Giovannini dunque fa suoi i principi che hanno alimentato le scelte dei due ex ministri PD delle infrastrutture Delrio e De Micheli, avvezzi a presentare progetti costosissimi senza analisi economiche, né di traffico o di impatto ambientale. Sbaglia infatti chi ritiene questo rilancio una esclusiva del governo Draghi; infatti la commissione di tecnici fu istituita proprio dalla stessa De Micheli e dal governo Conte bis, ed è proprio questa commissione, dopo 8 mesi di lavoro, ad aver pubblicato la relazione che da il primo effettivo via libera al progetto. Dunque, questo è io risultato di lavoro comune di PD, 5 Stelle e del banchiere massone Draghi.
L'opera, che sembrava sepolta otto anni fa con lo stop del governo Monti, viene rilanciata anche per alimentare anche altri grandi interessi poiché esso sarà il “lotto numero 7” della futura linea ferroviaria ad alta velocità tra Salerno e Reggio, altra mega opera inutile da almeno 28 miliardi di euro.
Draghi, dal canto suo, nel corso del dibattito in Senato sul PNRR della scorsa settimana, non ha espresso contrarietà nei riguardi dell’opera, demandandola al giudizio del Parlamento, dove com'è noto l’asse pro-ponte è largamente maggioritario.
L'opportunismo e le giravolte dei 5 Stelle
Per tutta risposta all'invito di Draghi, pochi giorni fa il senatore di Forza Italia Marco Siclari e la senatrice di Italia Viva Silvia Vono hanno promosso un convegno al quale hanno partecipato molti deputati di tutti i partiti favorevoli all'opera che hanno stipulato il cosiddetto “Patto del Ponte”. Non sono mancati i 5 Stelle, autori dell'ennesima giravolta politica, in particolare sui temi ambientali, cavallo di battaglia principali sul quale si è fondato gran parte del successo elettorale iniziale di Grillo e compagnia.
Infatti, da Giorgio Trizzino ad Angela Raffa, sono diversi gli esponenti pentastellati che si sono espressi a favore, tra questi anche il Sottosegretario alle Infrastrutture e dei Trasporti Giovanni Cancellieri che adesso plaude al ponte dichiarando che “S
arà a tre campate, ci passerà la ferrovia e verrà pagato dallo Stato. L’opera segnerà la ripartenza dell’Italia.”
È interessante ricordare che sia Conte che Cancellieri parteggiavano già per il tunnel subalveo, cioè sotto il fondale dello Stretto, opera altrettanto devastante da un punto di vista ambientale e economico e al pari impossibile da realizzare in sicurezza data la conclamata fragilità dei fondali.
Alla fine, nel tentativo di salvare la faccia, e comunque solo dopo aver già dato l'ok politico a Draghi, i deputati dell’assemblea regionale siciliana hanno chiesto che a esprimersi sul tema sia innanzitutto “il territorio” attraverso un referendum; non sfugge però che quest'ultima proposta, in questo contesto, ha tutta l'aria di essere un opportunistico tentativo di ratifica, in pieno stile da seconda repubblica, visto che in questa area influenzata pesantemente dalle mafie è impensabile che esse non scatenino i loro tentacoli per avallare un progetto che li arricchirebbe senz'altro anche grazie alla complicità pentastellata.
Ipotesi infattibili e pericolose
La relazione, che non stima l'utilità dell'opera, rilancia però la realizzazione del ponte a campata unica come nel primo progetto presentato in passato dalla società Stretto di Messina, messa in liquidazione dal 2013 dopo il contenzioso con il consorzio Eurolink (Impregilo), che ha generato uno sperpero di risorse pubbliche da 700 milioni di euro che tutt'ora continuiamo a pagare.
Eppure questa soluzione secondo tantissimi tecnici presenterebbe enormi problemi poiché i versanti dei due lati sono interessati da frane, e si dovrebbe dunque decidere di realizzare un ponte ampiamente sperimentale, in un’area sismica con venti di notevole intensità. Una follia, basti pensare che la campata unica più lunga al mondo (in Giappone sullo stretto da Akashi) arriva a 1.900 metri, mentre a Messina supererebbe i 3,5 km.
Semaforo verde anche a un progetto alternativo a tre campate progettato da Italferr, considerato anch'esso da altrettanti esperti infattibile a causa del fondale interessato da un complesso di frane che si sviluppano senza soluzione di continuità per kilometri, generate da faglie attive che classificano l'area come sismica e tra le più critiche d’Italia.
Pare che l'odore dei quattrini impedisca ai politicanti borghesi di ricordare il terribile terremoto di Messina del 1908, uno dei più forti del secolo scorso con circa 7,1 di magnitudo Richter che rase al suolo Reggio Calabria oltre a colpire tutte l'area scatenando un maremoto con onde di oltre 7 metri di altezza. Eppure il quadro ambientale di oggi è lo stesso.
Serve ben altro per il progresso del meridione
“Trasformerà l’Italia”, dice del PNRR il ministro Enrico Giovannini, e concordiamo con altri che l'hanno scritto, che questa trasformazione consisterà in una immane colata di cemento.
Meno regole, meno protezioni al territorio, meno controlli, in un clima di neoliberismo sfrenato, e la prova che il governo Draghi punta tutto sul cemento e sulla finanza arriva leggendo i numeri dove, ancora in piena pandemia, il piano stanzia 25,33 miliardi per le infrastrutture contro i 15,63 per la salute.
Per tutta Italia – e figuriamoci per Sicilia e Calabria - non c’è traccia di provvedimenti per mettere in sicurezza il territorio: solo 2,49 miliardi di euro per la gestione del rischio idrogeologico che rappresentano appena un decimo di quanto assegnato al cemento delle nuove infrastrutture. Non a caso infatti il PNRR è stato bocciato di fatto da Greepeace, WWF, Legambiente, Kyoto Club e altri; la minaccia rilanciata e ora più che mai concreta del Ponte sullo Stretto, si aggiunge a questo sfacelo ambientale con la sua enorme portata di devastazione irreversibile del territorio marino e terrestre, e i rischi connessi derivanti alla fragilità strutturale del territorio stesso.
Noi non possiamo non ripetere quanto già sostenuto criticando il progetto AV calabrese, e cioè che non sono queste le opere che possono avvicinare il Sud al Nord né dal punto di vista economico né strutturale.
Bisogna quindi assolutamente opporsi a questo megaprogetto speculativo, utile solo a cementificatori e banche d'affari, e pericoloso, costringendo il governo a destinare gli investimenti previsti innanzitutto per potenziare e modernizzare – anche in una ottica di contrasto al riscaldamento climatico - i trasporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria e i collegamenti marittimi fra le due regioni che sono senz'altro da intensificare.
Per favorire il reale progresso del Meridione serve anche un poderoso miglioramento dei canoni antisismici degli edifici, la già citata messa in sicurezza del territorio, il miglioramento dei servizi sanitari e scolastici che versano in condizioni disastrose, oltre alla gestione trasparente delle risorse idriche, la ripulitura degli invasi e delle dighe, la ricerca di nuove falde acquifere e la salvaguardia di quelle esistenti da fonti inquinanti, fino alla riparazione delle tubature e alla requisizione e all'inserimento negli elenchi delle acque pubbliche di tutti i pozzi in mano alla mafia poiché, si sa, che in Sicilia il controllo dell'acqua è sinonimo di potere. Potere che gli introiti del ponte rafforzerebbero a dismisura.
19 maggio 2021