In conseguenza dello sblocco dei licenziamenti
Un milione di posti di lavoro a rischio
Il decreto sostegni bis da 40 miliardi è un altro regalo di Draghi ai padroni
Il 20 maggio il Consiglio dei ministri ha varato il decreto Sostegni bis da 40 miliardi. Come ha sottolineato in conferenza stampa, Draghi ha preferito chiamarlo “decreto imprese, lavoro, giovani e salute”, per rimarcare che questo “è un decreto in parte diverso dai precedenti, perché guarda al futuro, a un Paese che riapre… del resto il miglior sostegno è la riapertura”. In realtà, se delle differenze si vogliono trovare col precedente decreto da 32 miliardi, esse sono l'ancor più assoluto predominio delle imprese nella destinazione di questo fiume di miliardi, mentre al lavoro, la salute, la scuola e le politiche sociali vanno solo le briciole, e lo sblocco dei licenziamenti a partire dal 1° luglio, che con questo decreto si è voluto sancire irreversibilmente, rifiutando le pur flebili richieste dei vertici sindacali di posticiparlo almeno ad ottobre, in attesa delle fantomatiche “politiche attive del lavoro”.
Fiume di soldi a fondo perduto alle imprese
Dei 40 miliardi totali stanziati ben 26, cioè i due terzi dell'intero ammontare sono destinati infatti alle imprese, di cui oltre 15 come contributi a fondo perduto, 9 sotto forma di garanzie statali per l'accesso al credito, il sostegno alla liquidità e la ricapitalizzazione, e il resto sotto forma di crediti di imposta e altre agevolazioni fiscali per l'abbattimento dei costi fissi. Alla faccia del “sussidistan” che il presidente degli industriali Bonomi rinfacciava ai decreti “ristori” del precedente governo!
I contributi diretti a fondo perduto da 15,4 miliardi vanno praticamente a raddoppiare gli 8 miliardi di sussidi per imprese e partite Iva già erogati col precedente decreto Sostegni e ancora in pagamento, portando il totale di quest'anno a oltre 23 miliardi. Essi sono così ripartiti: 8 miliardi andranno a ripetere i bonifici del Sostegni, concessi alle aziende fino a 10 milioni di ricavi che hanno avuto un calo di fatturato almeno del 30% nel 2020 rispetto al 2019. Gli importi sono variabili a seconda degli scaglioni di fatturato. Altri 3,4 miliardi circa sono per un contributo aggiuntivo che tiene conto delle chiusure del primo trimestre di quest'anno, prendendo a riferimento il periodo 1° Aprile 2020-31 marzo 2021, facendo rientrare in questo modo nei ristori circa altre 370 mila partite Iva.
Ci sono infine altri 4 miliardi da erogare in base non al calo del fatturato ma degli utili, cosa che richiederà l'anticipo della presentazione delle dichiarazioni dei redditi a settembre anziché a novembre. Questa misura è stata fortemente voluta dalla Lega e sostenuta personalmente dal ministro dello Sviluppo economico Giorgetti, che dovrebbe anche gestire con un apposito provvedimento attuativo la distribuzione dei fondi: un'arma clientelare ed elettorale di non poco conto nelle mani del Carroccio, specie considerato che anche i 400 milioni del raddoppio del fondo per gli aiuti alle grandi imprese in crisi, così come i 100 milioni del fondo per le attività chiuse nel primo quadrimestre 2021 (piscine, palestre, sale giochi ecc.), saranno gestiti dal Mise di Giorgetti.
Altri contributi a imprese, lavoratori autonomi, professionisti
Per le aziende c'è poi tutta una serie di altri contributi che vanno dal credito di imposta per i canoni di affitto per il periodo gennaio-maggio 2021, compresi enti religiosi e no profit (600 milioni), al contributo per le bollette elettriche prorogato fino a luglio. Dalla dotazione di altri 1,6 miliardi per sostenere l'export ad altri 100 milioni (che si vanno ad aggiungere ai 600 del Sostegni-1) per il settore del turismo invernale. Dagli 1,8 miliardi per il settore alberghiero e turistico, agenzie di viaggio e tour operator, all'esenzione della Tari per gli esercizi commerciali ed attività economiche colpite dalla pandemia (600 milioni); fino ai 120 milioni per sostenere il settore dei matrimoni e i parchi tematici.
In ambito fiscale ci sono altri 2 mesi di sospensione dei 40 milioni di cartelle esattoriali, cioè fino al 30 giugno, il rinvio al 2022 della cosiddetta “plastic tax”, e uno stanziamento di 1,6 miliardi per aumentare a 2 milioni il limite annuo dei crediti d'imposta compensabili o rimborsabili. Ben 9 miliardi sono stati poi stanziati per la garanzia statale sul credito alle imprese, con la proroga al 31 dicembre della moratoria sui prestiti (la quota raggiunta da questi prestiti ammontava a 121 miliardi a maggio). È prorogata a fine anno anche la possibilità di richiedere nuovi prestiti garantiti, e si potrà chiedere l'allungamento del prestito e della garanzia fino a 10 anni per chi ha in essere finanziamenti oltre i 30 mila euro.
Politiche del lavoro e sociali insufficienti
Mentre alle imprese vanno fiumi di denaro, per il lavoro, le politiche sociali, la salute e la scuola restano come al solito solo le briciole. Non parliamo poi del Mezzogiorno, che non è neanche nominato in questo secondo decreto Sostegni. Alla voce “lavoro e politiche sociali” il governo assegna appena 4,2 miliardi, un sesto di quanto concesso alle imprese. C'è la proroga di altri quattro mesi per il reddito di emergenza (Rem) e un'altra indennità una tantum da 1.600 euro per i lavoratori stagionali, del turismo, dello spettacolo e dello sport, che ripete quella già prevista nel Sostegni-1.
Agli operai agricoli a tempo determinato spetterà un'indennità una tantum da 800 euro, ma solo se nel 2020 hanno effettuato almeno 50 giornate lavorative, e solo fino ad esaurimento del fondo Inps di 448 milioni per il 2021. Aboubakar Soumahoro, il leader sindacale degli 800 mila braccianti migranti, quelli che assicurano tutti i giorni l'arrivo del cibo sulle nostre tavole e tuttavia sono lavoratori “invisibili” per il governo, ha denunciato la loro esclusione da tutti i decreti Sostegni che si sono succeduti: “Siamo andati a Roma a protestare – ha detto a Il Fatto Quotidiano
del 24 maggio – e il governo ci ha risposto con uno sberleffo. Dichiara di voler dare un bonus di 800 euro ai lavoratori della terra, ai braccianti che abbiano almeno 52 giornate di lavoro denunciate e iscritte a registro. Come ci si iscrive senza contratto”?
Il sostegno all'occupazione è affidato a tre tipi di strumenti, che sono: 1) Il contratto di rioccupazione, sperimentale fino al 31 ottobre, con l'azzeramento dei contributi per la formazione di disoccupati da assumere alla fine con contratto a tempo indeterminato. Se non c'è l'assunzione si devono pagare i contributi per i sei mesi di prova. 2) Il contratto di espansione, con l'abbassamento da 250 a 100 dipendenti per l'accesso delle aziende ai prepensionamenti fino a 5 anni. 3) I contratti di solidarietà, per le aziende con un calo del 50% del fatturato, che possono beneficiare della copertura dei salari al 70% da parte dello Stato impegnandosi per contratto a mantenere i livelli di occupazione.
Tre strumenti del tutto inadeguati e insufficienti ad affrontare l'ondata di licenziamenti prevista alla scadenza del blocco dei licenziamenti. Oltretutto Confindustria ha già fatto sapere di trovare molto più “conveniente” il contratto di apprendistato rispetto al nuovo contratto di rioccupazione.
Briciole a salute, giovani, scuola
Per la salute ci sono solo 2,8 miliardi, di cui però 1,65 sono riservati al commissario straordinario Figliuolo e 89 milioni per la sanità militare. Al recupero delle liste d'attesa vanno solo 500 milioni e altri 50 per esentare dal ticket chi ha avuto il covid.
Per la scuola sono stanziati solo 470 milioni, in gran parte destinati alla gestione dell'emergenza, ad un concorso per 3.000 insegnanti di materie scientifiche alle medie e superiori e per la stabilizzazione di 20 mila insegnanti precari. Si sono comunque trovati altri 50 milioni da regalare alle scuole private, la stessa cifra destinata per il 2021 al Fondo per la scienza istituito presso il ministero dell'Università e della ricerca.
Per l'aiuto ai giovani, di cui Draghi tanto si vanta, questo provvedimento stanzia 290 milioni per il rifinanziamento per il 2022 del Fondo prima casa, per offrire agli under 36 con Isee fino a 40 mila euro una garanzia dell'80% sull'acquisto della casa, a patto che anche la banca conceda un mutuo superiore all'80%, più l'esenzione dell'imposta di registro e catastale: ma ha senso incoraggiare i giovani ad indebitarsi fino al collo per acquistare la casa senza garantirgli un vero lavoro e lasciarli languire invece nella disoccupazione e nel precariato?
No alla fine del blocco dei licenziamenti
Nel precedente decreto Sostegni il blocco dei licenziamenti veniva lasciato scadere il prossimo 30 giugno per tutte le grandi aziende della manifattura e dell'edilizia. Solo per le piccole aziende e il terziario la scadenza era stata prorogata al 31 ottobre. I vertici di Cgil, Cisl e Uil avevano chiesto di poter arrivare al 31 ottobre per tutte le aziende. Con la fine del blocco a giugno sono attesi infatti quasi 600 mila nuovi licenziamenti (stima di Bankitalia), 1 milione secondo i sindacati confederali, che si andranno ad aggiungere al milione di posti di lavoro già persi dall'inizio della pandemia.
“Arriviamo fino a giugno, poi si vedrà”, aveva tagliato corto Draghi, ignorando di fatto la loro richiesta. Invece nel Sostegni bis era ricomparso un piccolo rinvio di due mesi, al 28 agosto, ma solo per le aziende che tra la data di pubblicazione del decreto e il 30 giugno richiederanno la Cig-covid, quella pagata interamente dallo Stato. Inoltre quelle che dal 1° luglio chiederanno la Cig ordinaria saranno esonerate dal pagamento delle addizionali (dal 9%, al 12% e al 15% a seconda del numero di settimane), ma dovranno impegnarsi a non licenziare per tutto il periodo richiesto. L'agevolazione vale fino al 31 dicembre.
Si trattava di due variazioni minime, due palliativi escogitati per guadagnare un po' di tempo dal ministro del Lavoro, il PD Orlando, a cui Draghi e gli altri partiti dell'ammucchiata di governo hanno scaricato la patata bollente dei licenziamenti e della “riforma degli ammortizzatori sociali”, che è ancora in alto mare. Ciò però bastava a far infuriare la Confindustria, che lo accusava di aver infilato la misura nel decreto all'ultimo momento e all'insaputa del Consiglio dei ministri (“L'inganno di Orlando”, titolava infatti Il Sole 24 Ore del 23 maggio).
Alla fine gli strepiti di Confindustria, appoggiati dall'interno da Lega e Forza Italia, hanno trovato come sempre orecchie sensibili nel premier, che ha costretto Orlando a cassare la prima delle due norme, per quanto irrisoria fosse, sulla proroga del blocco al 28 agosto per chi chiede la cassa covid di qui al 30 giugno. Così le grandi aziende potranno utilizzare sia la Cig gratuita che i licenziamenti per le loro ristrutturazioni. Lasciando col cerino in mano sia Orlando che il segretario della Cgil Landini, che si era affrettato a coprirlo definendo il piccolo rinvio del blocco “un primo passo, anche se non risolutivo”.
Per noi comunque anche il rinvio a ottobre sarebbe lo stesso un palliativo, e rivendichiamo invece il blocco permanente dei licenziamenti, il salario pieno per la cassa integrazione Covid e la sua prosecuzione finché dura la pandemia, il ripristino dell'articolo 18, estendendolo anche alle aziende con meno di 15 dipendenti, un sostegno di 1.200 euro al mese per tutti i soggetti senza reddito e ammortizzatori sociali, “ristori” adeguati per tutte le piccole e medie attività colpite dalla crisi, il diritto di sciopero e di manifestazione e l'abrogazione dei decreti sicurezza.
Questa vicenda conferma comunque con chiarezza l'asse di ferro tra Draghi e la Confindustria del falco Bonomi, ribadita proprio in questi giorni non solo sui licenziamenti ma anche sul decreto semplificazioni e appalti e sulla cabina di regia del PNRR, che rappresentano nell'insieme un pesante attacco frontale ai diritti e alle condizioni dei lavoratori e mettono con le spalle al muro le stesse direzioni sindacali. Che cosa ci vuole ancora per proclamare uno sciopero generale contro questo governo del capitalismo, della grande finanza e della Ue imperialista?
26 maggio 2021