Bari
Il giudice De Benedictis intascava mazzette per scarcerare i mafiosi
In carcere anche l'avvocato Chiariello, collettore delle tangenti e un militare dell'Esercito
Arrestato anche perché possedeva un “Arsenale da guerra”
Lo scorso 24 aprile – per ordine del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce e su richiesta della Direzione distrettuale antimafia salentina - sono stati arrestati a Bari con l'accusa di corruzione aggravata il magistrato Giuseppe De Benedictis e il noto avvocato penalista Giancarlo Chiariello, che sono stati subito condotti in carcere.
Insieme a loro è finito in carcere il pregiudicato barese Danilo Pietro Della Malva.
I due giuristi – De Benedictis, 59 anni originario di Molfetta, ha l'incarico di Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari e Chiariello, 69 anni originario di Campobasso, è titolare di uno dei maggiori studi legali del capoluogo pugliese, specializzato in diritto penale - sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il magistrato avrebbe emesso numerosi provvedimenti di scarcerazione in favore degli indagati, quasi tutti appartenenti alla criminalità organizzata, assistiti dell’avvocato Chiariello, il quale pagava profumatamente il giudice con soldi provenienti direttamente dalle famiglie mafiose barese, foggiana e garganica.
Le indagini, che durano da oltre un anno e mezzo, hanno appurato che il legale consegnava il denaro al giudice presso la sua abitazione, nel suo studio legale e all’ingresso di un bar vicino al Palazzo di Giustizia di Bari, e una perquisizione nell'ufficio di De Benedictis ha fatto ritrovare 6mila euro in contanti ricevuti poco prima da Chiariello. Un'altra perquisizione nell’abitazione del magistrato ha fatto poi ritrovare denaro contante per un totale di circa 60mila euro, nascosto in vari posti tra cui alcune prese per derivazioni elettriche, ritenuto dagli inquirenti frutto della corruzione.
Oltre ai due giuristi e al pregiudicato arrestati, risultano iscritte nel registro degli indagati altre nove persone.
Due sono avvocati appartenenti allo Studio legale di Giancarlo Chiariello e come lui appartenenti al Foro di Bari (Alberto Chiariello, figlio del titolare, nel cui appartamento i carabinieri hanno sequestrato tre zaini contenenti complessivamente circa 1,2 milioni di euro in contanti, e Marianna Casadibari), poi c'è è l'avvocato Paolo D’Ambrosio del Foro di Foggia, tutti accusati di concorso di corruzione in atti giudiziari. Risulta indagato anche un appuntato dei carabinieri in servizio alla Procura di Bari, Nicola Vito Soriano, al quale i magistrati antimafia salentini contestano i reati di corruzione per atti contrari al dovere di ufficio e di rivelazione di segreti d’ufficio. Altri indagati, tutti per il reato di corruzione, sono gli appartenenti alla criminalità organizzata pugliese Matteo Della Malva, Roberto Dello Russo, Pio Michele Gianquitto e Antonio Ippedico, oltre a Valeria Gala, convivente di Danilo Pietro Della Malva.
Gli avvocati Giancarlo e Alberto Chiariello sono anche indagati per i reati di evasione fiscale, riciclaggio e autoriciclaggio.
Nell’ordinanza di custodia cautelare il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce ritiene che le indagini abbiano fatto affiorare un “gravissimo quadro indiziario
” che ha “portato alla luce un deprimente quanto collaudato sistema di svendita delle pubbliche funzioni, un costante mercimonio della giurisdizione, piegata ed asservita a scopi illeciti per un arco temporale che va ben oltre quello dell’indagine
”.
Numerosi detenuti, secondo il magistrato del Tribunale di Lecce, potendo contare sull’accordo corruttivo tra il giudice e l’avvocato hanno avuto gli arresti domiciliari o sono stati rimessi in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati di tipo associativo e di stampo mafioso, con la conseguenza che tali soggetti sono riusciti a rientrare immediatamente nel circuito criminale.
Il 26 aprile sia il magistrato sia l'avvocato sono comparsi dinanzi al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, il quale si è recato in carcere per le rispettive udienze di convalida delle misure cautelari.
Il giudice Giuseppe De Benedictis, nell'udienza durata oltre quattro ore nella mattinata del 26 aprile, ha reso piena confessione di tutti i fatti per i quali è stato accusato, spiegando di avere ripetutamente ricevuto denaro, tramite l'avvocato Giancarlo Chiariello del quale si è dichiarato conoscente di vecchia data, da detenuti appartenenti alla criminalità organizzata pugliese al fine di emettere provvedimenti di scarcerazione a loro favore o comunque di attenuare le misure cautelari già irrogate. Nell'udienza il giudice arrestato non si è limitato ad ammettere le proprie responsabilità, ma ha anche fornito ai magistrati del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Lecce, presenti all'udienza, indicazioni sul possibile coinvolgimento di altri magistrati, in servizio negli uffici giudiziari di Bari, e di altri avvocati, soprattutto del Foro di Bari, in vicende poco chiare sulle quali da tempo corrono voci negli ambienti giudiziari del capoluogo pugliese. Dopo quattro ore di udienza il giudice arrestato ha chiesto nuovamente di parlare con i magistrati inquirenti di Lecce, tanto che il 29 aprile è stato nuovamente sentito in carcere, stavolta per oltre sei ore: a questo punto è assai probabile che le indagini della Procura ordinaria di Lecce o, eventualmente della Direzione Distrettuale Antimafia salentina, si allarghino ulteriormente.
Nel primo pomeriggio del 26 aprile, subito dopo l'interrogatorio di convalida di Giuseppe De Benedictis, si è svolto quello di Giancarlo Chiariello, durato circa due ore e mezza, e il legale ha affermato che c'era un rapporto di intensa amicizia che lo legava da moltissimi anni al magistrato barese, confessando in modo pieno gli episodi di corruzione nei suoi confronti, che le indagini avevano già scoperto, limitandoli agli ultimi 18 mesi, da quando De Benedictis era stato trasferito al Tribunale di Bari proveniente dal collegio penale del Tribunale di Matera: i magistrati inquirenti di Lecce, alla luce dei rapporti di vecchia data con il giudice confessati dal legale, ora vogliono capire se i rapporti illegali fra i due giuristi intercorrevano anche prima del trasferimento del giudice da Matera a Bari, perchè in tal caso la lente di ingrandimento giudiziaria potrebbe essere chiamata a mettere a fuoco anche l'attività giudiziaria svolta da De Benedictis nella città lucana e gli eventuali interessi di Chiariello e dei membri del suo Studio in altri uffici giudiziari.
Dopo una perquisizione in una masseria il giudice è stato raggiunto da un secondo ordine di arresto per il possesso di un “arsenale da guerra” di 200 pezzi, comprendente kalashnikov, fucili d’assalto AR15, mitragliatrici Beretta Mg 42, Mab e Uzi, solitamente utilizzati dalla criminalità organizzata per compiere agguati e rapine. Insieme a lui è stato arrestato il caporal maggiore Antonio Serafino, ritenuto dagli inquirenti in collegamento con alcuni trafficanti d’armi della Terra di Bari. Per entrambi le accuse sono traffico e detenzione di armi ed esplosivi, anche da guerra, del relativo munizionamento e di ricettazione. Dunque non solo scarcerava i potenti boss della malavita foggiana e pugliese ma evidentemente occultava questo micidiale arsenale che poteva in ogni momento essere a disposizione della malavita.
Anche da questa vicenda esce confermata la verità che la mafia e la criminalità in genere non è un corpo estraneo e contrapposto allo stato ma ne è parte integrante, fino al punto che politicanti, come il sindaco leghista di Foggia, magistrati come Giuseppe De Benedictis, avvocati di grido come Giancarlo Chiariello e militari come Serafino finiscano per diventare organici ai potentati economici e mafiosi, in grado di sborsare ingenti somme di danaro a fini corruttivi.
2 giugno 2021