Badolato
Lavoratore immigrato pestato da una banda pagata dal suo padrone
Lo scorso 9 aprile cinque persone di Badolato sono state arrestate su disposizione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Catanzaro e su richiesta della locale Procura della Repubblica con l'accusa - a vario titolo - di minacce, lesioni aggravate e percosse con l’aggravante della discriminazione razziale - per avere selvaggiamente picchiato nel luglio del 2020 un giovane lavoratore gambiano, Alhagie Krubally, che si era recato dal datore di lavoro per chiedere di ricevere il compenso per le giornate di lavoro svolte in un'azienda agricola di Badolato.
La vicenda ha inizio il 2 luglio dello scorso anno, quando un'auto della guardia di finanza, percorrendo la Statale 106 Jonica, si imbattevano per puro caso in un giovane nero che, sanguinante, mostrava evidenti segni di un pestaggio: l'uomo, un cittadino del Gambia di nome Alhagie Krubally, veniva immediatamente soccorso dai militari e tempestivamente condotto all'ospedale di Soverato, dove i sanitari riscontravano ferite da aggressione, un trauma cranico e un trauma toraco-addominale, oltre che una leggera frattura del braccio sinistro.
Dalle successive indagini emergeva che il lavoratore era stato aggredito dal padrone - titolare di una nota azienda locale di allevamento di ovini e bovini - e dai suoi familiari soltanto perché egli aveva chiesto il pagamento delle ultime giornate di lavoro: sei persone in totale si erano selvaggiamente accanite sul giovane con pugni, calci, bastoni e pietre, offendendolo e minacciandolo di morte nel caso egli avesse sporto denuncia sull'accaduto e, temendo che il lavoratore avesse potuto avvisare le forze dell'ordine, gli aggressori, prima di abbandonarlo ferito sul selciato, gli avevano anche distrutto il telefono cellulare.
Gli arrestati sono Giuseppe Gallelli, titolare della “Azienda Agricola Gallelli Giuseppe”
in località Chianti di Badolato, il figlio di quest'ultimo Patrizio Gallelli, e Vincenzo Ermocida, Massimiliano Garretta, Claudio Pupo e Stefano Ventura, questi ultimi quattro chiamati espressamente da Patrizio Gallelli per effettuare una vera e propria spedizione punitiva, e le indagini avrebbero poi chiarito che essi erano da tempo al soldo del titolare dell'azienda quando sorgevano problemi con i lavoratori africani.
I fatti sono avvenuti il 2 luglio scorso quando, al termine della giornata di lavoro, il lavoratore aveva chiesto i suoi soldi provocando la reazione violenta di Giuseppe Gallelli, che si era scagliato contro l’operaio prima con un bastone e poi con una pietra: “continuava a dirmi che non voleva pagarmi -
si legge nel verbale della deposizione del giovane africano - mirava alla mia testa. Ricordo in quella circostanza di aver ricevuto un colpo molto forte che mi fece molto male. Afferrai il bastone col quale mi stava aggredendo, così lui prese una pietra da terra e mi colpì al braccio con quella
”.
Alhagie, continua nel suo racconto agli inquirenti, faceva di tutto per prendere la bicicletta e scappare, ma veniva bloccato dal figlio del datore di lavoro, Patrizio Gallelli, e dagli altri arrestati i quali, come poi chiariranno le indagini, erano stati chiamati da quest'ultimo per telefono ed erano subito accorsi sul luogo: “ancora -
continua l'operaio nel suo racconto agli inquirenti - non avevo preso la bicicletta, sono arrivate a forte velocità due macchine con diverse persone a bordo che subito si sono buttate contro di me per aggredirmi con pugni e calci, e con bastoni e pietre, continuando a picchiarmi anche dopo che ero caduto a terra. Li sentivo che mi minacciavano di morte, tutti urlando contro di me ripetutamente ‘ti ammazzo ti ammazzo’, ‘bastardo negro ti ammazziamo’. In particolare ricordo quello grosso, Stefano -
che le indagini avrebbero chiarito essere Stefano Ventura - che mi diceva ‘ora prendo una pala e ti metto sotto terra’. Tutti tentavano di colpirmi, soprattutto alla testa, nel tentativo di uccidermi
”.
Alla fine Alhagie riusciva comunque ad andarsene dall’azienda agricola, iniziando a correre lungo la strada che collega il borgo di Badolato con la marina, e per due volte gli aggressori lo raggiungevano e lo pestavano nuovamente, spaccandogli infine il cellulare che veniva gettato in un dirupo: solo il caso ha voluto che un'auto con a bordo due finanzieri percorresse la Statale 106 Jonica attorno alle 20 e che si accorgesse delle condizioni del giovane.
Tutto ciò non ha lasciato dubbi al Giudice per le indagini preliminari circa la natura razzista del pestaggio, poiché si legge nell'ordine di custodia cautelare che l’azione degli indagati si è “manifestata come consapevole esteriorizzazione di un sentimento di avversione e di discriminazione fondato sulla razza e sull’origine etnica della parte offesa
”. “Il ricorso ad espressioni come ‘bastardo negro’
- continua il magistrato - denota l’orientamento dei fatti rivelando l’inequivoca volontà di discriminare e selezionare la vittima del reato in ragione della sua appartenenza etnica
”.
2 giugno 2021