Il governo Draghi cede alla Confindustria sui licenziamenti
A rischio un milione di posti di lavoro
RISPONDERE CON LO SCIOPERO GENERALE
Nonostante tutti i sindacati chiedessero la proroga del blocco dei licenziamenti, il governo ha ceduto alle pressioni di Confindustria che sin dalle prime misure emergenziali in fatto di occupazione, ha sempre preteso libertà di licenziamento, anche nei momenti più duri della pandemia.
Via libera ai licenziamenti
Nel Decreto Sostegni bis difatti non c'è la proroga del blocco che in un primo momento sembrava dover essere inserita almeno fino al 28 agosto. Una decisione che ha fatto infuriare le organizzazioni dei lavoratori, con Landini in prima fila. Per il segretario della Cgil questo è un boccone amaro da digerire anche perché fino a questo momento aveva sempre dipinto Draghi come un interlocutore “serio” e sensibile alle richieste sindacali. Adesso invece i sindacati confederali attaccano: per il segretario della Uil Bombardieri “la norma non è stata frutto di mediazione, ma il recepimento delle richieste di Confindustria”
Il governo del banchiere massone Draghi, al servizio del capitalismo, della grande finanza e dalla UE imperialista ha quindi confermato la sua connotazione filo-padronale, immediatamente denunciata fin dal suo insediamento dal PMLI, dai partiti che si dichiarano anticapitalisti e dai sindacati combattivi. Che abbia assecondato Confindustria non è certo una sorpresa, e le decisioni a favore dei padroni non si fermano qui. Nel decreto infatti, dei 40 miliardi di euro stanziati, oltre la metà sono destinati al finanziamento e al sostegno delle imprese.
Respinti i timidi correttivi di Orlando
Per salvare la faccia davanti ai milioni di lavoratori che rischiano di ritrovarsi in mezzo alla strada, il ministro del Lavoro Orlando (PD) aveva tentato in extremis di inserire alcune norme che consentivano, in certi casi, una proroga al 28 agosto. Queste prevedevano sostanzialmente due cose. La prima, era che se una impresa chiedeva la cig Covid-19 entro fine giugno (data di entrata in vigore del decreto legge) si vedeva prorogare il blocco dei licenziamenti fino al 28 agosto. La seconda che dal primo luglio, se una impresa utilizzava la cassa ordinaria non pagava le addizionali, ma al tempo stesso non poteva licenziare mentre utilizzava la cig.
Le associazioni padronali e la destra dell'ammucchiata governativa insorgevano immediatamente. Il presidente degli industriali Carlo Bonomi in un'intervista parlava di “un’imboscata” da parte del ministro che ha avrebbe così tradito le intese con le aziende. Il falco a capo di Confindustria invocava mano libera per licenziamenti e ristrutturazioni “perché il mondo del lavoro sta cambiando e i posti di lavoro non saranno più com’erano e dov’erano” e invocava “lealtà istituzionale”, ovvero che il governo si facesse carico delle richieste dei padroni.
La destra mostra la sua vera faccia filo-padronale
Allineati a Bonomi Lega e Forza Italia. Dopo l’annuncio di Orlando, la sottosegretaria al Lavoro della Lega, Tiziana Nisini, in un’intervista al Messaggero, aveva accusato il ministro di aver “rotto un patto con le aziende”, sostenendo che la proroga fosse stata inserita “a sorpresa”, mettendo in discussione le regole contenute nel primo decreto Sostegni. Anche l'”opposizione patriottica” non era da meno: per la ducetta Meloni “non ci sarà blocco dei licenziamenti che tenga... la priorità che noi abbiamo portato avanti è quella di dare aiuti alle aziende”.
Questi fascioleghisti sono senza vergogna: in parlamento, nelle commissioni e nel governo si adoperano per i padroni e poi sui social
e in tv dicono di difendere i lavoratori italiani.
Draghi soddisfa gli industriali
Alla fine Orlando ha fatto marcia indietro. Draghi ha parlato di mediazione perché sono state inserite alcune eccezioni ma in realtà è passata la libertà di licenziamento tanto invocata da Confindustria. A partire dal primo luglio si può iniziare: si tratta delle imprese rientranti nel campo d’applicazione della cassa integrazione ordinaria (CIGO), che sono per lo più quelle del settore industriale. Queste imprese potranno, dal 1° aprile al 30 giugno, fruire di ulteriori 13 settimane gratuite di CIGO con causale Covid19 e, al termine di questo periodo, potranno poi lasciare a casa i propri dipendenti che ritengano in esubero.
Il divieto di licenziamento si può invece estendere fino al 31 ottobre in alcuni casi, come le aziende sotto i 15 dipendenti. Queste potranno comunque beneficiare dal 1° aprile al 31 dicembre 2021 di 28 settimane di assegno ordinario a carico del fondo di integrazione salariale (FIS) o di cassa integrazione in deroga (CIGD). Solo le imprese fuori dal campo di applicazione della CIGO, dunque, sono destinatari di una ulteriore proroga del divieto di licenziamento.
Un altro milione di lavoratori rischia il posto
Lo sblocco dei licenziamenti va respinto con ogni mezzo. I sindacati confederali e in particolare la Cgil non hanno più giustificazioni per rimandare la lotta. Già adesso, un blocco colabrodo che attraverso le eccezioni della cessazione di attività e il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato e precari, ha già causato in poco più di un anno la perdita di un milione di posti di lavoro. Con la libertà di licenziare una nuova ondata si abbatterebbe sui lavoratori creando un altro milione di disoccupati.
Sono stime che nessuno può confutare. Davanti ai microfoni e alle telecamere gli esponenti padronali cercano d'infondere fiducia e parlano di settori in netta ripresa, di “rimbalzo” del PIL e dell'occupazione, accusano i sindacati di “catastrofismo” ma tutti gli studi e le previsioni, anche di enti a loro vicini, parlano di una perdita valutata almeno in 500mila unità, ma la stima dei sindacati è di un milione di licenziamenti.
Nel suo ultimo rapporto sulle comunicazioni obbligatorie, l'Istat stima i “licenziamenti che si sarebbero verificati anche senza la pandemia e che verosimilmente si manifesteranno progressivamente alla rimozione del blocco” in 90mila nelle costruzioni e 75mila nell’industria, per un totale di 165mila. Altri 100mila (stima conservativa) sarebbero nel commercio e nel turismo, “a questi si aggiungeranno quelli riconducibili alla riduzione dell’attività economica causata dalla crisi” . Per Bankitalia le persone sicuramente a rischio sono oltre 500.000.
Sciopero generale contro lo sblocco dei licenziamenti
Dopo che questi lavoratori hanno sostenuto tutti i rischi di lavorare in emergenza sanitaria, adesso vengono gettati via allo scopo di permettere ai padroni di ristrutturare le loro aziende, renderle più produttive sacrificando i posti di lavoro e accrescendo i loro profitti; questo è inaccettabile. Tutti i sindacati, a partire da quelli più grandi, ossia Cgil, Cisl e Uil, a quelli non confederali e più combattivi, devono rispondere con la mobilitazione alla fine del blocco dei licenziamenti, che dovrebbe essere permanente, e quanto meno chiederlo fino alla fine dell'emergenza sanitaria.
Occorre uno sciopero generale che metta al centro le richieste per salvaguardare l'occupazione e il tenore di vita dei lavoratori, che vanno dal blocco dei licenziamenti alla reintroduzione dell'articolo 18 esteso anche alle aziende sotto i 15 dipendenti, alla riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, a una cassa integrazione che copra l'intero stipendio, a 1200 euro mensili a chi non ha accesso agli ammortizzatori sociali.
2 giugno 2021