Dopo 20 anni di occupazione
Italia, Usa e Nato si ritirano dall'Afghanistan perché non sono riusciti ad assoggettarlo militarmente e a sconfiggere il “terrorismo”
Il ministro della Difesa Guerini (PD): “Dovremo garantire l'addestramento e il potenziamento delle forze di sicurezza afghane perché il Paese non torni a essere un porto sicuro per i terroristi”
La mesta cerimonia che si è tenuta l'8 giugno nella base Campo Arena di Herat dell'ammaina bandiera del Contingente italiano della missione NATO Resolute Support, in un aeroporto semideserto, era l'appropriato atto finale della partecipazione dell'imperialismo italiano alla guerra e alla ventennale occupazione dell'Afghanistan. Gli ultimi 800 paracadutisti della Brigata Folgore e alcune unità di supporto dell’Aviazione lasceranno il Paese entro il 4 luglio, assieme ai 1.300 soldati della Germania, il contingente più numeroso dopo quello americano.
Nel discorso tenuto alla cerimonia dell'ammaina bandiera il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini (PD) ripercorreva le tappe di una brutale guerra di aggressione e di occupazione imperialista di un paese ridipingendola come un intervento "per contribuire al ripristino della democrazia e delle libertà civili e alla protezione della popolazione afghana" quando è stata invece una guerra voluta dell'imperialismo americano e occidentale per rilanciare le sue ambizioni di dominio nell'area del Golfo Persico. L'allora presidente americano Bush si pose alla guida di una "coalizione di volenterosi" nella cosiddetta guerra al terrorismo con l'Operazione Enduring Freedom, dal novembre 2001 al settembre 2013, e la missione ISAF (International Security Assistance Force) con l’ingresso successivo della NATO che avrebbe dovuto portare a termine la missione di piegare la resistenza dei Talebani e insediare a Kabul un regime amico. Missione palesemente fallita ma il ministro Guerini rendeva onore ai 53 morti e oltre 700 militari feriti fa i 50 mila che hanno messo piede in Afghanistan e non si peritava di gonfiare il petto e sottolineare come subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York "l’Italia abbia fatto immediatamente la propria parte, al fianco degli alleati", senza tentennamenti in tutti i governi che si sono succceduti a Roma in questi venti anni, fino a svolgere diligentemente il compito di assistere il governo regionale di Herat, dal 2005.
E al momento di lasciare il paese Guerini ripeteva che "dovremo continuare a sostenere le istituzioni afghane e anche garantire continuità nell’addestramento e nel potenziamento delle Forze di Sicurezza Afgane per non disperdere quanto ottenuto a così caro prezzo”, affinché il Paese non torni a essere un porto sicuro per i terroristi, ossia per gli antimperialisti. Il ministro della Difesa italiano non demorde ma è evidente che la decisione di chiudere la missione decisa dal capofila imperialista Joe Biden, e a seguire dalla NATO, è in conseguenza del fatto che dopo 20 anni di occupazione si ritirano dall'Afghanistan perché non sono riusciti ad assoggettarlo militarmente e a sconfiggere il “terrorismo” e devono mollare il regime fantoccio di Kabul che controlla solo le grandi città e il 40% del territorio.
"È ora di porre fine alla guerra più lunga d’America. È ora che le truppe americane tornino a casa", annunciava il 14 aprile scorso il presidente americano Biden, secondo il quale "l’obiettivo è stato raggiunto con la morte di Bin Laden" già dieci anni fa. Da vice di Obama aveva però rafforzato il contingente di occupazione e solo il successore Trump nel suo progetto di parziale disimpegno militare dalla regione era arrivato fino a stipulare un accordo con i Talebani, siglato a Doha nel febbraio 2020 che prevedeva il ritiro completo dei soldati entro l’1 maggio 2021. In quella data è iniziato il ritiro deciso da Biden che si dovrebbe concludere col rientro degli ultimi 2.500 soldati entro l’11 settembre, per il 20esimo anniversario dell’attacco terroristico. Alla decisione di Biden seguiva quella contemporanea della Nato con le stesse scadenze temporali, decisa nella riunione a Bruxelles dei ministri degli Esteri e della Difesa, col segretario di Stato americano, Antony Blinken, che sottolineava "ci andammo insieme per assicurarci che l'Afghanistan non diventasse di nuovo un rifugio per i terroristi, ora riportiamo a casa le truppe insieme". Tra i nuovi e urgenti obiettivi dell'imperialismo americano c'è ora il contrasto alla Cina e alla Russia, i due nemici ai quali però Biden ha chiesto e ottenuto una mano per uscire dall'Afghanistan e coinvolti in una serie di incontri sul futuro del paese fra i quali quello a Mosca del 18 marzo, presenti i rappresentanti delle tre potenze imperialiste, del Pakistan e una delegazione talebana guidata da mullah Baradar.
Nel tracciare un bilancio dei venti anni di guerra e di occupazione militare imperialista Emergency commentava l'annuncio del ritiro da parte di Biden ricordando che "uno degli obiettivi, dopo aver rimosso i Talebani dal potere, era costituire un nuovo governo afgano e costruire una nazione modernizzata, una democrazia stabile, un forte esercito nazionale, migliore assistenza sanitaria e un sistema di istruzione pubblica, per bambini e, soprattutto, per le bambine. Emergency è in Afghanistan da prima dell'inizio dell'invasione americana e possiamo affermare con certezza che non abbiamo assistito ad alcun 'successo' e che il tentativo di trasformare il Paese in una democrazia stabile e funzionante è fallito e ha avuto costi altissimi''. Costi non solo economici, gli Usa hanno speso almeno 2mila miliardi di dollari, ma "soprattutto vite. L'Unama (United Nations Assistance Mission in Afghanistan) ha documentato 8.820 vittime civili solo nel 2020. Più di 100.000 civili sono stati uccisi da quando l'Unama ha iniziato a registrare le vittime dal 2009 (dopo otto anni di guerra, ndr). L'Afghanistan e la sua capitale, Kabul, sono ancora tra i luoghi più letali del mondo''.
L'Osservatorio sulle spese militari Milex sul suo sito web denuncia che l'intervento militare dell'Italia in ambito Nato in Afghanistan, che è stata "l'azione di natura bellica più lunga a cui l'Italia e i suoi alleati abbiano mai partecipato", è costato quasi 8,5 miliardi di euro a fronte di un sostegno a interventi di cooperazione civile valutabile in circa 320 milioni di euro.
Il fatto è che finché ci saranno aggressione e occupazione militare ci sarà inevitabilmente opposizione da parte dei paesi e dei popoli aggrediti, finché ci sarà guerra di aggressione imperialista esisterà la resistenza e la guerra di liberazione antimperialista.
16 giugno 2021