A 10 anni dal referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare
Successo della manifestazione per l'acqua come bene comune, contro il nucleare civile e militare e le privatizzazioni, per un Recovery Plan dei diritti
“Beni comuni e nucleare, indietro non si torna!”
Grande successo della manifestazione nazionale promossa a Roma sabato 12 giugno dal Forum italiano dei movimenti per l'acqua nel decennale della vittoria referendaria del 2011, quando 27 milioni di SI chiesero e disposero che sui beni comuni, e in primis sull'acqua non si potesse fare profitto. Una vittoria che fu schiacciante e storica, poiché ottenuta dopo una larghissima mobilitazione coordinata dal Forum che fin dal 2006 raccolse comitati territoriali, organizzazioni sociali e sindacati che iniziarono a battersi per l'acqua “Bene comune”. Ma la inequivocabile e schiacciante volontà popolare è stata vilipesa e calpestata vergognosamente in questi anni dai governi centrali e locali che hanno continuato a favorire le multinazionali e le imprese private nel creare ovunque le dannosissime multiutility dei servizi – inclusa l'acqua - con lo scopo di quotarli in Borsa. Il tradimento bipartisan dell'esito referendario coinvolge tutti i partiti parlamentari che hanno governato in questi anni – inclusi i 5 Stelle che pure fecero dell'iniziativa una delle proprie rampe di lancio elettorale, lasciando inascoltata la richiesta generale dell'uscita di tutti i beni d'interesse pubblico dal mercato a partire dall'acqua.
“Beni comuni e nucleare, indietro non si torna!”, è stata la parola d'ordine del corteo partito da piazza dell'Esquilino a Roma, seguito da migliaia di persone con le note bandiere blu dell'acqua pubblica e tante altre dai mille colori degli organismi, dei comitati, delle associazioni, dei sindacati e dei gruppi politici presenti.
Ma il Forum allarga la battaglia e riafferma in piazza che in questo momento “movimenti e lotte sociali rivendicano un'alternativa al sistema neoliberista basato sullo sfruttamento della natura e delle nostre vite”.
Nel mirino dei manifestanti è finito in particolare il governo del banchiere massone Draghi, e forte è stata l'opposizione al PNRR che è ben lontano dal promuovere quell'inversione di rotta – seppur tutta interna al capitalismo – auspicata dai comitati; un piano che invece rilancia le privatizzazioni, la mercificazione dei beni comuni stessi e nel quale sguazzano con influenza e prepotenza rinnovata le banche e la grande finanza internazionale della quale proprio Draghi è un esponente di spicco. Forte l'opposizione soprattutto nei confronti della cosiddetta “Riforma del settore idrico” contenuta nel Recovery Plan, che punta direttamente a una sostanziale e definitiva privatizzazione ad oggi avvenuta soltanto a macchia di leopardo proprio grazie all'opposizione delle popolazioni locali, in particolare nel Mezzogiorno.
Ma il privatizzatore Draghi ha anche un'altra grave responsabilità, poiché nel 2011, un istante dopo i festeggiamenti del “popolo dell'acqua” trionfante al referendum, fu proprio lui assieme a Trichet, allora vertici della Banca Centrale Europea, a inviare la famigerata lettera nella quale si chiedeva ai governi europei una serie di riforme neoliberiste, fra le quali anche la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, incluso quello idrico. Un intervento che, oltre a spalleggiare i privatizzatori e i governi che gli reggevano il sacco, funzionò da deterrente per l'estensione di questa lotta anche negli altri paesi della UE, e da monito per riaffermare il potere del capitale e la sua dittatura politica e finanziaria.
Gli striscioni e i cartelli impugnati dai manifestanti non si sono limitati all'acqua, ma hanno coinvolto il diritto alla salute universale per tutti, il lavoro sicuro per tutti e alla casa per tutti, a conferma che il movimento che parte dall'acqua ha le carte in regola per essere il collettore di queste realtà sociali progressiste e anticapitaliste.
Infatti proprio il sistema capitalista rappresenta il cancro da estirpare affinché tutte le rivendicazioni possano essere finalmente realizzate. Alcune realtà ne sono coscienti, altre meno, ma lo diventeranno col tempo e con la pratica che fino ad oggi ha dimostrato lo strapotere della grande borghesia finanziaria internazionale, pronta a calpestare tutto pur di difendere e garantirsi il massimo profitto. Anche su un piano esclusivamente ambientale e energetico, sono stati tanti gli appelli ad una rapida uscita dai combustibili fossili e alla riconversione industriale a motrice rinnovabile e non inquinante.
In questa vertenza che ha dimensioni non solo nazionali, ha trovato spazio anche la questione del nucleare - altro tema vittorioso nel 2011 - con i manifestanti che hanno chiesto una soluzione definitiva per gli stoccati radioattivi del passato e hanno ribadito con forza la necessità di continuare a combattere le nuove proposte più o meno mascherate del ministro Cingolani che assieme ad altri, vede di buon occhio il rilancio del nucleare nella produzione di energia elettrica e soprattutto nella filiera dell'idrogeno divenuta improvvisamente di gran moda, segno inequivocabile dell'interesse speculativo dei colossi energetici e delle banche che li sostengono.
Nei giorni precedenti alcuni rappresentanti del Forum peraltro avevano denunciato la repressione “arrogante” da parte delle forze dell'ordine che avevano sequestrato uno striscione propagandistico della manifestazione romana. E moltissime sono state le iniziative in tutta la penisola ad accompagnare la manifestazione nazionale di Roma. La mobilitazione è stata corale e diffusa al Nord come al Sud, nei grandi centri urbani e nei piccoli paesi e quartieri, si è realizzata attraverso flash mob e incontri pubblici, presidi e assemblee e dibattiti cittadini, e ha visto la partecipazione appassionata e numerosa di tanti, tanti combattenti decisi a battersi fino in fondo per l'acqua come bene comune, contro il nucleare civile e militare e le privatizzazioni, per un Recovery Plan dei diritti.
Le tante iniziative di lotta stanno tornando a disegnare una fitta rete di movimenti che riguardano l'ambiente e i diritti universali che devono essere garantiti, a partire proprio dalla proprietà comune dei beni essenziali come l'acqua che è uno degli elementi della piattaforma dell'interessante “società della cura”, un insieme vastissimo di movimenti che si oppone all'esistente “società del profitto”.
Al punto 3 del manifesto, si rivendica infatti la “socializzazione dei beni fondamentali, strategici ai fini dell’interesse generale: dai beni e servizi primari (i prodotti alimentari, l’acqua, l’energia, l’istruzione e la ricerca, la sanità, i servizi sociali, l’edilizia abitativa); a quelli senza l’uso dei quali una parte considerevole delle altre attività economiche non sarebbe possibile (i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni, la fibra ottica); alle scelte d’investimento di lungo periodo di carattere scientifico, tecnologico e culturale, in grado di modificare, nel tempo e in maniera significativa, la vita materiale e spirituale della popolazione”.
Che mille comitati locali sorgano ovunque, e che insieme siano capace di rimettere in discussione i punti di questa importante piattaforma. Sarà poi la pratica, che li porterà a fare quel salto di qualità che noi auspichiamo, e quindi a comprendere che per vincere queste battaglie fondamentali soprattutto per l'estendere diritti ai più poveri, occorre legare la lotta per l''ambiente, per la salute e per i beni “comuni”, alla lotta di classe per il socialismo.
16 giugno 2021