Accordo del G7 dei ministri delle finanze che sarà sancito dal G20
Ridicola tassa sui profitti delle multinazionali
Google, Amazon e Facebook, come Draghi, applaudono l'accordo
I ministri delle Finanze dei paesi del G7 hanno raggiunto un accordo il 7 giugno scorso per istituire una tassa minima, del 15%, sui profitti per le aziende quali le grandi multinazionali come Google, Facebook e Amazon.
La proposta andrà approvata dall'Ocse e al prossimo G20, che si riunirà a Venezia dall’8 all’11 luglio.
I rappresentanti dei colossi esultano: ''Sono contenta di quello che è stato deciso dai ministri delle finanze del G7 perché mettere tasse randomiche è sbagliato e genera fenomeni di doppia tassazione; noi da anni diciamo che una soluzione per aziende globali deve essere una soluzione globale e quello deciso cerca di uniformare la tassazione. Questo concetto di multilateralità va nella direzione giusta”, così ha entusiasticamente commentato Mariangela Marseglia, Country manager Italia e Spagna Amazon.
“Vogliamo che la riforma della tassazione internazionale abbia successo, e riconosciamo che potrebbe significare un carico fiscale maggiore per Facebook, e in diversi Paesi”, ha commentato Nick Clegg, vicepresidente degli affari globali di Facebook, mentre fanno sapere da Google che l'accordo sulla tassa minima, è “bilanciato e durevole”.
Per il banchiere massone Mario Draghi, l’accordo rappresenta un “passo storico”.
L'accordo è in realtà vergognoso e al contempo ridicolo, è il frutto del tentativo di uniformare la fiscalità per dei colossi che operano in praticamente tutti i Paesi del mondo, cosa che già è un'assurdità lesiva dell'indipendenza nazionale e della sovranità anche fiscale degli stati, anche perché sono o o dovrebbero essere le aziende ad adeguarsi alle norme fiscali dei vari paesi, che riflettono problemi, necessità e principi diversi e non certo il contrario e la dice lunga sulla strapotere di questi giganti nei confronti dei singoli stati, basti pensare che l'accordo è una conseguenza del tentativo di arginare l'evasione fiscale da parte di queste aziende o dei loro azionisti, cosa che avviene in maniera perfettamente legale e vergognosa e alla quale questi colossi sono disposti dispoticamente a concedere in alternativa quindi una tassa piatta ridicola e universale sui loro profitti netti calcolati sul volume complessivo dei loro fatturati.
Ridicolo poi l'importo della tassa del 15% anche perché i colossi della tecnologia e della cosiddetta “economia digitale”, specie in piena pandemia hanno visto schizzare alle stelle i loro profitti: “In media Google & C. aumentano il loro giro d’affari del 20% medio annuo. Una cavalcata trionfale inarrestabile. Microsoft ad esempio nel 2020 ha fatturato 143 miliardi, erano solo 46 nel 2017. Facebook ha raddoppiato il suo fatturato salito da 40 miliardi tre anni fa a 86 attuali. Amazon oggi fa vendite per 386 miliardi contro i soli 177 miliardi del 2017”, ha spiegato Fabio Pavesi, giornalista esperto di finanza, su Dagospia. E aggiunge “la liquidità nei bilanci delle prime 25 società tech a livello globale è salita a 589 miliardi di dollari; 70 miliardi in più rispetto al 2019 in era pre-Covid. La solo Microsoft ha in pancia 120 miliardi di denaro liquido; Google supera i 100 miliardi; Amazon oltre i 60 miliardi di dollari”.
Beneficerebbero della tassazione anche Eni e Enel e le multinazionali del farmaco.
Mentre la crisi colpisce il mondo intero, la povertà dilaga interi comparti economici e produttivi sono al collasso, questi colossi, ognuno dei quali, insieme a Microsoft e Apple, nel loro settore hanno un vero e proprio monopolio, capace, si pensi a Google, fra l'altro di influenzare l'opinione pubblica e decidere cosa rendere più o meno visibile sulla rete, hanno visto crescere utili e fatturati, aumentando fra l'altro in maniera esponenziale i costi della pubblicità online vista l'enorme domanda che si è creata in seguito al lockdown, senza andare incontro nemmeno in parte ai piccoli inserzionisti spazzati via in termini di visibilità da coloro i quali la pubblicità se la possono permettere e arrivando ad evadere palesemente il fisco di varie nazioni, privando quindi gli stati in cui operano e continueranno a operare degli introiti fiscali dovuti, cosa che ha colpito massicciamente coloro i quali le tasse sono costretti a pagarle, sui quali sono stati scaricati i costi della crisi e della lotta al Covid.
Insomma una vera e propria condotta criminale, certamente da un punto di vista fiscale, per non parlare delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori di queste aziende, in alcuni casi davvero terrificanti e discriminatorie, si pensi ad Amazon e Google.
A fronte di tutto questo i Paesi del G7 anziché inchiodare questi colossi alle loro responsabilità, far loro pagare quanto dovuto, tutelare i lavoratori, ridimensionare la loro posizione dominante sul mercato, escogitano a loro uso e consumo una tassa piatta unica sui profitti di appena il 15%.
Una vergogna, che fra l'altro almeno per quanto riguarda l'Italia è palesemente incostituzionale perché è contro la progressività della tassazione e l'equità.
Per Gabriel Zucman, 35 anni, economista francese ispiratore della tassa minima globale sulle multinazionali, teorico della patrimoniale per i multimilionari, docente di Economia a Berkeley e direttore dell’eu Tax Observatory, occorre arrivare almeno al 25% della tassazione, imporre una patrimoniale per i più ricchi che notoriamente, specie poi negli Usa, pagano poche tasse rispetto a redditi e patrimoni posseduti, basti pensare a Jeff bezos, boss di Amazon, tassato tra il 2014 e il 2018 per cifre pari ad appena lo 0, 9% del patrimonio e che che i primi 25 miliardari degli Stati Uniti pagano una quantità di tasse insignificante: lo 0, 17% della loro ricchezza, secondo i dati del 2018.
Per Zucman occorre poi ''un’imposta sul reddito mark-to-market: in pratica i miliardari pagherebbero le tasse sull’aumento della loro ricchezza, indipendentemente dal fatto che questi guadagni siano realizzati o meno. Infine, si possono aumentare le imposte societarie. È un altro modo per tassare di più i grandi patrimoni, perché anche quando le società non distribuiscono dividendi, i loro proprietari in effetti pagano le tasse attraverso l’imposta societaria.''
Il fatto è che i sistemi politici e fiscali dei paesi capitalistici sono modellati a misura del grande capitale e rispondono unicamente alla legge della ricerca del massimo profitto capitalstico. Mentre gli operai e i lavoratori pagano tasse esose in rapporto al loro reddito, quanto si è più ricchi tanto meno si paga percentualmente. Nessuno Stato capitalistico si sogna di applicare neppure la più elementare progressività della tassazione grazie a una legislazione che è fatta apposta per garantire alle multinazionali e alle grandi imprese di sottrarsi di fatto a qualsiasi seria tassazione. Si pensi ai tollerati paradisi fiscali che spadroneggiano persino nella Ue imperialista, dove Paesi come l'Olanda e il Lussemburgo attirano capitali europei e internaionali ingentissimi garantendo ai pescecani capitalisti aliquote che si avvicinano a malapena al 12%. Dov'è dunque la svolta impressa da questo ridicolo e vergognoso accordo che nel migliore dei casi tasserà le multinazionali al 15%?
Noi marxisti-leninisti siamo da sempre per l'introduzione di una imposta patrimoniale progressiva su tutti i beni immobiliari e mobiliari (titoli azionari e simili, depositi bancari, ecc.), con l'esenzione della prima casa di abitazione e il piccolo risparmio entro il tetto dei 130 mila euro indicizzati e siamo per l'Abrogazione di tutti i provvedimenti legislativi che hanno portato alla revisione delle aliquote fiscali, alla riduzione delle imposte sui profitti e dell'Irap a favore della grande impresa.
Siamo quindi contrari alla proposta di una ridicola tassa per le grandi multinazionali di appena il 15%, inaccettabile e iniqua, così come non accettiamo né accetteremo mai la perdita della sovranità del nostro paese, anche in materia fiscale a tutto vantaggio dei monopoli anche stranieri, questa è una delle ragioni per le quali lottiamo contro l'Ue imperialista, che non si può riformare in alcun modo e va distrutta cominciando a tirarne fuori il nostro Paese, come lottiamo contro ogni altra organizzazione al servizio dell'imperialismo e quindi, come si vede, degli stessi monopoli e della loro funzione decisiva nella vita economica, politica e sociale del mondo intero e che in ultima analisi hanno di fatto inglobato al loro interno gli stati imperialisti, facendo il bello e il cattivo tempo anche in termini di politica fiscale.
16 giugno 2021