L'esperienza del glorioso e sempre vittorioso Partito di Mao e l'elaborazione teorica di Mao sul Partito del proletariato sono per noi marxisti-leninisti italiani di particolare ed estrema importanza, una fonte di ispirazione e di insegnamenti per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo. Infatti il nostro Partito, il PMLI, è stato e viene costruito e sviluppato sul modello del PCC di Mao.
Nel 1948, in occasione del 31° anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, Mao ha scritto un articolo per l'organo dell'Ufficio di informazione dei partiti comunisti e operai d'Europa "Per una pace stabile, per una democrazia popolare", che conteneva una frase fondamentale sul Partito del proletariato.
Ecco le sue parole:
"Se si vuol fare la rivoluzione, ci deve essere un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché"
(1).
Una brillante sintesi del carattere, dell'ideologia, del modo di vita e di operare e dello scopo del Partito rivoluzionario del proletariato.
"Se si vuol fare la rivoluzione"
, è il presupposto. È bene essere chiari in proposito e non menare il can per l'aia. Vogliamo a no fare la rivoluzione? In altri termini: vogliamo o no liberarci del capitalismo? Se vogliamo semplicemente moderare e addolcire il capitalismo, va bene un qualsiasi partito democratico borghese riformista. Ma se invece vogliamo abolire il capitalismo e conquistare il socialismo non può non esserci
"un partito rivoluzionario"
, ossia lo strumento organizzativo fondamentale predisposto e funzionale alla rivoluzione. Ma non si tratta di un generico partito rivoluzionario, bensì di
"un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista"
, ossia sulla scienza della rivoluzione, sulla concezione proletaria e rivoluzionaria del mondo e sulle strategie e le tattiche elaborate da Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao. Esse devono orientare tutta l'azione rivoluzionaria del Partito, dei suoi dirigenti e militanti e applicate secondo le condizioni concrete del proprio Paese.
"Il marxismo-leninismo
, spiega Mao,
è la teoria che Marx, Engels, Lenin e Stalin hanno creato sulla base della pratica, è la conclusione generale che hanno tratto dalla realtà storica e dalla pratica rivoluzionaria (...). Il marxismo-leninismo è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà"
(2).
Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao è la cultura del proletariato, il liberalismo è la cultura della borghesia. O scegliamo l'una o scegliamo l'altra. Non è possibile un'altra soluzione, nemmeno quella di pescare in tutte e due le culture. In questo caso la bilancia penderebbe a favore della cultura borghese.
"La cultura rivoluzionaria
, afferma Mao,
è per le masse popolari una poderosa arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione, essa prepara ideologicamente il terreno, e, durante la rivoluzione, è un settore necessario e importante del fronte generale rivoluzionario"
(3).
Una volta che le masse proletarie, popolari, giovanili e femminili acquisiscono la cultura del proletariato, essa illumina la mente e genera una enorme forza materiale. Lo sanno bene tutte le compagne e i compagni del Partito che hanno fatto propria tale cultura e che, quando ne hanno la necessità, vi ricorrono per rinfrescarsi la memoria e per il loro lavoro politico rivoluzionario. L'ha capito molto bene una giovane compagna che è entrata recentemente nel PMLI, sulla quale riponiamo grandi speranze.
Trattandosi di una cultura, non può che essere appresa dai libri marxisti-leninisti. Non può sorgere spontaneamente dai movimenti della classe operaia, dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, dei precari, delle masse popolari, femminili, studentesche e giovanili. Essi non potranno mai acquisire una cultura proletaria se non vi è apportata dal Partito del proletariato e se non studiano il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Le operaie e gli operai coscienti devono capire bene l'importanza di questo problema ideologico e politico e fare i dovuti sforzi per studiare la cultura del proletariato, perché solo acquisendo la propria cultura la classe operaia può diventare una classe per sé in grado di unire tutte le masse sfruttate e oppresse, i giovani e gli intellettuali progressisti su un terreno rivoluzionario, di fare e vincere la rivoluzione socialista, abbattere la classe dominante borghese e conquistare e mantenere il potere politico e il socialismo.
Il Partito rivoluzionario, come insegna Mao, deve basarsi anche sullo
"stile rivoluzionario marxista-leninista"
. Questo stile riguarda i rapporti interni di Partito, i rapporti con le masse e con le altre forze politiche, sindacali, sociali, culturali e religiose, lo studio, l'integrazione con la realtà e l'uso della teoria rivoluzionaria, l'analisi della realtà in cui operiamo, il modo di scrivere. Ciascuno di questi rapporti deve essere conforme al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il quale esclude l'individualismo, il liberalismo, il soggettivismo, il settarismo, il dogmatismo, il revisionismo di destra e di "sinistra", l'empirismo, lo schematismo, lo stile stereotipato nei discorsi, nei volantini e negli articoli, l'intellettualismo, l'astrattismo e il metodo libresco.
In sostanza, il nostro stile deve essere improntato al materialismo storico e al materialismo dialettico, al legame della teoria con la pratica concreta, alla conoscenza della realtà oggettiva, alla ricerca della verità nei fatti, alla politica di massa e di fronte unito, all'uso di argomenti convincenti, alla scrittura di articoli più corti, più concisi e più sostanziosi, al tener conto delle persone a cui ci rivolgiamo e della loro coscienza politica, a un linguaggio vivo e popolare, al senso di responsabilità verso il Partito, il proletariato e le masse, all'unità rivoluzionaria del Partito, all'aiuto reciproco tra compagni, al lavoro collettivo di squadra, al centralismo democratico, alla disciplina proletaria, alla critica e l'autocritica.
"Senza un partito rivoluzionario
, dice infine Mao,
è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché"
. Su ciò non c'è bisogno di spendere tante parole in quanto questa tesi è ampiamente comprovata dalla storia e dai fatti attuali. I popoli, anche se guidati da partiti e movimenti non marxisti-leninisti, possono riuscire a liberarsi dall'imperialismo straniero, come numerosi casi passati e recenti dimostrano, ma se non hanno alla testa un Partito rivoluzionario marxista-leninista non possono abbattere il capitalismo del proprio paese. Perché solo tale Partito vuole veramente sopprimere il capitalismo, e ha l'esperienza, l'ideologia, la strategia e la tattica giuste per riuscirvi.
L'imperialismo è un mostro feroce, sanguinario e insaziabile, anche quando vuole apparire come una "fata" che soccorre i popoli in rivolta, come è accaduto in Libia e potrebbe accadere in Siria. Non è degno di alcuna credibilità "umanitaria". Quello che fa, pure ciò che sembra giusto o addirittura richiesto, lo fa esclusivamente per il suo interesse: dominare i popoli e depredare le ricchezze e le risorse dei loro paesi, espandere il proprio mercato, accrescere i propri profitti e rafforzare la propria egemonia internazionale. Allo stesso tempo affama, sfrutta e succhia il sangue al proprio popolo addossandogli la crisi finanziaria ed economica che l'affligge, la più grave e devastante dal 1929.
La guerra di aggressione alla Libia ha aperto un nuovo capitolo dell'interventismo militare "umanitario" dell'imperialismo e delle sue organizzazioni internazionali Onu e Nato. D'ora in poi queste ultime riterranno una norma e un diritto acquisito intervenire con le armi in quei paesi i cui popoli si sollevano contro l'oppressione dei propri governanti. Noi non l'accettiamo, non lo dobbiamo permettere, e ci appelliamo ai popoli a non fare affidamento su di esse e sull'imperialismo, a difendere la propria autonomia e libertà e l'indipendenza e la sovranità del loro paese, contando sulle proprie forze e sull'aiuto degli altri popoli antimperialisti.
Il Partito del proletariato non può esistere e operare efficacemente se non ha un numero sufficiente di militanti che dedicano completamente la loro vita alla causa del Partito, del proletariato e del socialismo. Combattenti rossi di prima linea, preparati ideologicamente e politicamente, coerenti con la concezione marxista-leninista del Partito, ben centralizzati e disciplinati, fortemente legati alle masse, capaci di conquistare la fiducia delle masse del proprio ambiente di lavoro, di studio e di vita, di aiutare le masse a risolvere i loro problemi materiali e immediati, di elevare la loro coscienza politica e di organizzarle, mobilitarle e guidarle nella lotta di classe; capaci di praticare la linea di massa e del fronte unito.
La pratica del fronte unito è fondamentale per legarsi alle masse e per coltivare le alleanze necessarie al successo delle lotte immediate e a quelle a lungo termine. Dobbiamo però stare attenti a non scivolare a destra o a "sinistra". In ogni caso, stando le attuali condizioni del nostro Paese, è escluso che si possano stipulare delle alleanze organiche e stabili con i governi centrale, regionali e locali. Ciò non esclude eventuali convergenze di fatto su specifiche questioni.
Come dice Mao, noi dobbiamo
"Servire il popolo con tutto il cuore e non solo con metà, o due terzi"
(4). Non possiamo perciò lesinare il nostro impegno politico rivoluzionario. Dobbiamo ispirarci alla parola d'ordine del Partito Non un minuto vada perso, tutto il tempo venga dedicato alla rivoluzione, compatibilmente alle proprie condizioni di età, di salute, familiare, professionale e di studente.
"Un comunista
, indica Mao,
deve essere franco, leale e attivo, deve mettere gli interessi della rivoluzione al di sopra della sua stessa vita e subordinare gli interessi personali a quelli della rivoluzione; sempre e ovunque, deve essere fedele ai principi giusti e condurre una lotta instancabile contro ogni idea e azione errata, in modo da consolidare la vita collettiva del Partito e rafforzare i legami tra il Partito e le masse; deve pensare più al Partito e alle masse che agli individui, più agli altri che a se stesso. Solo così può essere considerato un comunista"
(5). Non è facile essere un simile marxista-leninista ma dobbiamo riuscirci, prendendo esempio dalle compagne e dai compagni che già praticano, alcuni da decenni e da sempre, questa militanza marxista-leninista.
Una militanza che non può essere paragonata e eguagliata a nessun'altra militanza e impegno politico e sociale, perché essa è l'attività più grande, più giusta, più utile, più meritoria e più gratificante che possa fare chi vuole dare il massimo contributo al progresso sociale e all'emancipazione del proletariato e dell'intera umanità.
Il nostro auspicio è che un numero sempre più grande di elementi avanzati, combattivi e coscienti, specialmente le operaie e gli operai, le studentesse e gli studenti, le intellettuali e gli intellettuali, capiscano l'importanza e la necessità storica della militanza marxista-leninista e si uniscano a noi senza più indugio sotto le rosse bandiere dei Maestri, del socialismo e del PMLI. Sotto queste nostre bandiere ci stanno benissimo anche i credenti rivoluzionari simpatizzanti del Partito.
I militanti marxisti-leninisti sono dei soldati rossi ma se non hanno una guida, degli ufficiali rossi, come possono sprigionare tutta la loro forza, organizzarsi, marciare all'unisono, combattere le stesse battaglie, sparare nella stessa direzione e sugli stessi bersagli, che sono i nostri nemici di classe? Occorrono quindi dei quadri rossi, che siano all'altezza dei loro compiti e delle loro funzioni, che godano della fiducia del Partito, del proletariato e delle masse, che sappiano organizzare, dirigere, educare e mobilitare i membri del Partito nella lotta di classe. Essi, ai vari livelli, devono essere i migliori militanti in assoluto del Partito, senza alcuna discriminazione di anzianità, di età, sesso, orientamento sessuale, origine sociale, pur tenendo presente che le operaie e gli operai devono costituire la testa e la colonna vertebrale del Partito.
Mao ha indicato che le guide del Partito
"devono essere quadri e dirigenti con una profonda conoscenza del marxismo-leninismo, politicamente lungimiranti, capaci nel lavoro, pronti a ogni sacrificio, in grado di affrontare da soli i problemi, incrollabili di fronte alle difficoltà, leali e dediti al servizio della nazione, della loro classe e del Partito. È su questi quadri e dirigenti che il Partito conta per mantenere i legami con la base e con le masse, ed è facendo affidamento sulla loro ferma direzione delle masse che il Partito può riuscire a sconfiggere il nemico"
(6).
I quadri attuali del PMLI, in genere, hanno queste caratteristiche, ma abbiamo ancora molto spazio per migliorarci, per diventare sempre più forti, soprattutto dal punto di vista teorico e della conoscenza della realtà. Non si finisce mai di imparare, e noi dobbiamo continuare a imparare fino a che non ci si chiudono gli occhi definitivamente. Guai a sentirsi arrivati e appagati da quello che già si sa e sappiamo fare.
Non siamo eterni, quindi abbiamo il dovere di lavorare seriamente e concretamente per formare i nostri successori. Per quanto riguarda la futura Segreteria generale, il 5° Congresso nazionale del PMLI e il Comitato centrale da esso eletto hanno già preso le dovute misure. Possiamo stare tranquilli, per ora. Queste misure assicurano la continuità della linea e della direzione proletarie rivoluzionarie e marxiste-leniniste del PMLI.
Ma non sono sufficienti. Bisogna formare i successori a tutti i livelli, dalle Cellule in su. In questo lavoro decisivo per l'avvenire rivoluzionario del PMLI e per la rivoluzione socialista italiana, dobbiamo seguire fermamente e mettere in pratica le seguenti indicazioni di Mao:
"Perché ci sia la garanzia che il Partito e il paese non cambino colore dobbiamo non solo avere una linea e una politica giuste, ma anche formare ed educare milioni di successori della causa della rivoluzione proletaria.
In ultima analisi, formare i successori della causa rivoluzionaria del proletariato vuol dire decidere se ci sarà o no chi può portare avanti la causa della rivoluzione marxista-leninista iniziata dalla vecchia generazione di rivoluzionari proletari, se la direzione del nostro Partito e dello Stato resterà o no nelle mani dei rivoluzionari proletari, se i nostri discendenti continueranno o no ad avanzare lungo la giusta strada tracciata dal marxismo-leninismo,o, in altre parole, se riusciremo o no a prevenire la nascita del revisionismo kruscioviano in Cina. In breve, si tratta di una questione di estrema importanza, una questione di vita o di morte per il nostro Partito e il nostro paese. È una questione di fondamentale importanza per la causa rivoluzionaria proletaria nei prossimi cento, mille e diecimila anni. Basandosi sui cambiamenti nell'Unione Sovietica, i profeti imperialisti puntano le loro speranze di 'evoluzione pacifica' sulla terza o quarta generazione del Partito cinese. Dobbiamo smentire queste profezie degli imperialisti. Dalle nostre più alte organizzazioni a quelle di base, dobbiamo dovunque curare costantemente la formazione e l'educazione dei successori della causa rivoluzionaria.
Quali requisiti devono avere i degni successori della causa rivoluzionaria del proletariato?
Essi devono essere autentici marxisti-leninisti e non, come Krusciov, revisionisti travestiti da marxisti-leninisti.
Devono essere rivoluzionari che di tutto cuore servono la stragrande maggioranza del popolo della Cina e di tutto il mondo e non essere come Krusciov, che serve gli interessi di un pugno di gente, ossia dello strato borghese privilegiato nel suo paese, e gli interessi dell'imperialismo e della reazione stranieri.
Devono essere uomini politici proletari, capaci di unirsi e lavorare con la stragrande maggioranza. Devono unirsi non solo con chi è d'accordo, ma sapersi unire anche con chi non lo è e, dopo che la pratica ne abbia provato gli errori, perfino con chi in precedenza li avversava. Devono stare particolarmente in guardia contro gli arrivisti e i cospiratori come Krusciov e impedire che tali cattivi elementi usurpino la direzione del Partito e dello Stato a qualsiasi livello.
Devono dare l'esempio nell'applicare il centralismo democratico del Partito, impadronirsi del metodo di direzione basato sul principio 'dalle masse alle masse', coltivare uno stile democratico che li renda capaci di ascoltare le masse. Non devono, come Krusciov, essere dispotici e violare il centralismo-democratico del Partito, compiere attacchi di sorpresa contro i compagni o agire in modo arbitrario e dittatoriale.
Devono essere modesti e avveduti e guardarsi dall'arroganza, e dalla precipitazione; devono compenetrarsi dello spirito dell'autocritica e avere il coraggio di correggere i difetti e gli errori riscontrati nel loro lavoro. Non devono mai, come Krusciov, nascondere i propri errori, attribuirsi tutto il merito e gettare tutta la colpa sugli altri.
I successori della causa rivoluzionaria del proletariato emergono nelle lotte di massa e si temprano nelle grandi tempeste della rivoluzione. È essenziale mettere alla prova e giudicare i quadri e scegliere e formare i successori nel corso di prolungate lotte di massa"
(7).
Il centralismo democratico è il principio organizzativo fondamentale del Partito del proletariato. Un principio irrinunciabile, avversato e calunniato dai nemici di classe, dai falsi comunisti e mal tollerato dagli individualisti. Il centralismo democratico è uno dei segni distintivi del Partito del proletariato. In esso non ci può essere solo centralismo e sola democrazia. Nel primo caso si cadrebbe nel militarismo borghese, nel secondo nell'anarchia. Ci vogliono sia centralismo sia democrazia in unità dialettica, e che siano attivi entrambi con lo stesso rilievo in modo che nel Partito ci siano la massima espressione personale e la massima unità operativa rivoluzionaria.
Mao così spiega il centralismo democratico:
"In seno al popolo, la democrazia e il centralismo sono in relazione reciproca e così la libertà e la disciplina. Sono i due opposti di una sola identità, in contraddizione fra loro ma al tempo stesso uniti; non dobbiamo accentuare unilateralmente un aspetto e negare l'altro. In seno al popolo, non possiamo fare a meno della libertà, ma anche della disciplina; non possiamo fare a meno della democrazia, ma neanche del centralismo. Questa unità di democrazia e di centralismo, di libertà e di disciplina costituisce il nostro centralismo democratico"
(8).
Nel Partito si possono avere idee diverse, e senza che ciò costituisca un problema, ma dopo la discussione, per non paralizzare l'azione del Partito, si devono mettere in pratica solo quelle della maggioranza. Questa è l'essenza del centralismo democratico, che Mao sintetizza con queste parole:
"Dobbiamo riaffermare la disciplina di Partito: 1. l'individuo è subordinato all'organizzazione; 2. la minoranza è subordinata alla maggioranza; 3. il grado inferiore è subordinato al grado superiore; 4. tutto il Partito è subordinato al Comitato centrale. Chiunque violi queste regole di disciplina, rompe l'unità del Partito"
(9).
La minoranza tuttavia può sempre riproporre un nuovo esame della sua posizione se i fatti, gli avvenimenti successivi, avranno dimostrato che aveva ragione. In tal caso la maggioranza dovrà fare la dovuta autocritica.
Il Partito è un corpo vivo, pensante, operante, combattivo, completamente dedito alla lotta di classe, composto da membri provenienti da esperienze e formazione diverse, con origine di classe e di età varie, che portano inevitabilmente dentro il Partito delle contraddizioni. Comunque le contraddizioni nel Partito ci saranno anche dopo l'amalgama organizzativa e l'unificazione del pensiero sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Perché, come afferma Mao,
"Contrapposizione e lotta tra idee diverse sorgono costantemente nel Partito: ciò è il riflesso nel Partito delle contraddizioni di classe esistenti nella società e della contraddizione tra il nuovo e il vecchio"
(10).
Le contraddizioni nel Partito possono essere di due tipi: quelle in seno al popolo e quelle tra noi e il nemico, ossia i revisionisti di destra e di "sinistra". Le prime non sono antagoniste e possono essere risolte con la discussione e la persuasione, le seconde sono antagoniste e vanno risolte con una dura lotta ideologica di principio; a volte, quando sono esaurite tutte le armi dialettiche, possono essere risolte con la radiazione o l'espulsione dal Partito. Decisioni estreme, che si prendono quando ciò è assolutamente necessario per l'unità rivoluzionaria e marxista-leninista del Partito.
La critica e l'autocritica sono lo strumento che dobbiamo usare per trattare le contraddizioni in seno al Partito. Primo, autocriticarsi spontaneamente se si commettono degli errori. Secondo, criticare senza indugio chi sbaglia, o che ci sembra che sbagli, chiunque esso sia. Tutti, chi più, chi meno, commettiamo degli errori, piccoli, medi o grandi; quindi tutti siamo soggetti alla critica e all'autocritica, a seconda della gravità degli errori commessi. In questo processo diventiamo più forti personalmente e collettivamente, perché impariamo qualcosa di più e a non ripetere gli stessi errori.
Autocriticarsi è necessario per ripulirsi dall'influenza borghese o revisionista e per evitare che altri membri del Partito commettano gli stessi errori. Criticare chi sbaglia è necessario per impedire che idee, proposte, modi di fare non marxisti-leninisti prendano campo nel Partito, e per correggere chi commette degli errori in buona fede. Come dice Mao,
"Siamo per la lotta ideologica attiva, perché è l'arma per assicurare l'unità del Partito e delle organizzazioni rivoluzionarie e renderli così idonei a combattere. Ogni comunista, ogni rivoluzionario deve impugnare quest'arma.
Il liberalismo invece respinge la lotta ideologica ed è per una pace senza principi; ne risulta un atteggiamento decadente e filisteo, e la degenerazione politica di certe unità e alcuni individui nel Partito e nelle organizzazioni rivoluzionarie"
(11).
Chi rifugge dalla lotta ideologica attiva, chi non regge alle critiche, getta la spugna e fugge dal Partito, vuol dire che non è un autentico marxista-leninista. Il Partito non si abbandona mai qualsiasi cosa accada a livello personale e collettivo. Lo si lascia solo se cambia colore politico e non ci sono più le condizioni soggettive e oggettive per restaurare la linea e la direzione marxiste-leniniste. In questo caso però non ci si deve ritirare a vita privata ma impegnarsi per ricostruire il vecchio Partito marxista-leninista.
Gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato, il Partito marxista-leninista, sono già largamente praticati a tutti i livelli del PMLI, d'ora in poi dobbiamo applicarli con maggior decisione, precisione e consapevolezza, con una coscienza ideologica, politica e organizzativa più alta e più matura.