Intervento di Franco Panzarella al Comitato Direttivo e Assemblea Generale della CdL di Prato del 30 giugno 2021
Non si può tenere il piede su due staffe: o coi lavoratori o col padronato e il governo Draghi
Occorre lo sciopero generale e non la concertazione
Essendo della FLC parto dal secondo punto all'ordine del giorno per cominciare a dire che, a mio avviso, di fronte al vergognoso voltafaccia del governo Draghi che nel decreto “Sostegni bis” ha di fatto rinnegato tutti i 21 punti contenuti nel “Patto per la scuola” sottoscritto con i sindacati il 20 maggio, la FLC-CGIL ha fatto bene a indire insieme a CISL Scuola, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e ANIEF, il presidio nazionale del 9 giugno per chiedere sostanziali modifiche al decreto legge e il pieno rispetto degli impegni presi.
Bene ha fatto la FLC-CGIL a sostenere, per gli stessi motivi, anche la manifestazione nazionale indetta da diverse associazioni e coordinamenti di lavoratori precari fra cui (ADS, ANLI, GRUPPO AFAM, AnDDl, Docenti Precari Italiani, Docenti precari per la Stabilizzazione) il 15 giugno davanti al ministero dell'Istruzione in Viale Trastevere.
L’impegno profuso da tutti i lavoratori della scuola durante la pandemia deve essere non solo riconosciuto ma soprattutto valorizzato e monetizzato.
Ma se vogliamo che questo riconoscimento non rimanga lettera morta, come già tante volte è successo in questi anni, adesso è arrivato il momento di intensificare la lotta per far sì che il Patto venga tradotto in misure e interventi che assicurino stabilità e continuità al lavoro e il regolare avvio dell’anno scolastico il primo settembre con l’ascolto e il coinvolgimento di tutto il personale scolastico.
Dobbiamo rivendicare con forza la stabilizzazione di tutti i docenti e il personale Ata precario: mancano all’appello 5.940 maestri della scuola dell’infanzia, 23.538 della primaria, 38.884 docenti della scuola secondaria di primo grado e 44.329 del secondo grado. Inoltre, ci sono più di 100 mila posti in organico di fatto, tantissimi dei quali su sostegno. Con qualche decina di migliaia di immissioni in ruolo, che arriveranno dai pochi precari rimasti nelle graduatorie a esaurimento e nelle graduatorie di merito dei concorsi, si coprirà poco più che il turn over.
Con la stessa forza dobbiamo rivendicare un consistente aumento degli stipendi in linea con quelli europei e recuperare tutto quello che abbiamo perso fra un mancato rinnovo contrattuale e l'altro; dobbiamo batterci per l'eliminazione del vincolo quinquennale sulla mobilità del personale ripristinando l’assegnazione provvisoria annuale; la riduzione del numero degli studenti per classe e l'abolizione delle classi pollaio; allo stesso tempo dobbiamo opporci all’aumento dell’orario di lavoro; alla didattica a distanza a richiesta; alla riduzione delle ore di sostegno.
Dobbiamo respingere con forza ogni tentativo di introdurre nella scuola la differenziazione degli stipendi. Ci ha provato Berlinguer con il concorsone, poi Renzi con il bonus docenti e ora ci stanno riprovando anche Draghi e Bianchi con il cosiddetto salario premiale o valorizzazione della professione docente.
Dobbiamo opporci al progetto di scuola-azienda proposto da Confindustria attraverso la cosiddetta didattica delle competenze opponendogli la didattica della conoscenza e la garanzia del diritto allo studio gratuito e uguale per tutti; no alla schedatura di massa dei nostri ragazzi attraverso il curriculum dello studente reso obbligatorio e propedeutico all'esame di Stato già da quest'anno; all'abolizione del valore legale del titolo di studio e all'odioso progetto di autonomia differenziata.
Dobbiamo opporci ai test INVALSI, ai RAV, ai PTOF e a tutte le attività burocratiche inutili che sottraggono tempo, attenzione ed energie agli insegnanti, che devono dedicarsi esclusivamente all’insegnamento.
Ma soprattutto dobbiamo opporci ai cosiddetti Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO) che hanno sostituito l'alternanza scuola lavoro per fornire mano d'opera giovane, docile, ben addestrata e soprattutto a costo zero alle aziende.
A tal proposito, concludo questa prima parte del mio intervento rivolgendo un caloroso augurio di pronta guarigione al giovane studente bresciano che il 16 giugno è precipitato dal braccio meccanico di un furgone presso la ditta dove svolgeva il PCTO ed è tutt'ora ricoverato per fortuna non più in condizioni critiche.
Per quanto riguarda il primo punto all'ordine del giorno, desidero innanzitutto rinnovare la mia personale solidarietà e sostegno ai lavoratori Texprint che da oltre 5 mesi lottano contro i licenziamenti e le brutali condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti e che il 16 giugno sono stati vittime di una brutale aggressione squadrista da parte dei padroni.
La stessa solidarietà mista a cordoglio la voglio esprimere nei confronti dei familiari e dei compagni di lotta del giovane sindacalista Adil Belakdim assassinato la mattina del 18 giugno da un camionista crumiro che ha sfondato il presidio di protesta organizzato dai lavoratori davanti ai cancelli del grande magazzino Lidl di Biandrate (Novara) nell'ambito dello sciopero nazionale della logistica.
Per quanto riguarda la fine del blocco dei licenziamenti voglio ricordare che durante la pandemia i padroni non hanno certo rinunciato a fare i propri interessi: nonostante il blocco, quasi un milione di lavoratori sono già stati licenziati attraverso il mancato rinnovo dei contratti a termine.
Sabato scorso insieme a tanti di voi ero a Firenze alla manifestazione di Cgil-Cisl-Uil.
Per me è stata una bella emozione vedere dopo tanti mesi il rosso delle nostre bandiere sventolare così numerose contro questa misura, voluta da Confindustria e subito esaudita dal governo Draghi, che getterà sul lastrico altre centinaia di migliaia di lavoratori.
Non credo che una manifestazione sia sufficiente per far cambiare idea al governo.
Ci vuole lo sciopero generale nazionale e una capillare mobilitazione con una grande manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.
Non possiamo sperare che il solo sedersi ai tavoli istituzionali basti per portare a casa le nostre rivendicazioni, che oltretutto considero deboli e parziali.
Al contrario di quanto dice Landini, fin dal primo giorno del suo insediamento il governo del banchiere massone Draghi non solo non ha ascoltato i lavoratori ma ha sistematicamente represso le loro lotte, specie quelle più dure, senza che la Cgil prendesse una posizione chiara e netta.
Non basta piangere per la morte di un sindacalista, o di una giovane apprendista straziata da un orditrice: dobbiamo sostenere con tutte le nostre forze le lotte dei lavoratori, denunciare non solo la mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro ma soprattutto i ritmi di lavoro a cottimo e i bassi salari che costringono i lavoratori a effettuare decine di ore di straordinario al mese per poter sbarcare il lunario.
Allo stesso tempo dobbiamo denunciare la repressione delle lotte sia quella privata attuata dai padroni e dai crumiri che quella “pubblica” del governo e delle “forze dell'ordine”.
Io credo che non si può continuare a tenere il piede su due staffe; non si può denunciare il precariato se poi come sindacati confederali si è avallato la flessibilità e la liberalizzazione del mercato del lavoro, e si continua tutt'ora a firmare contratti che vanno in quella direzione.
Non basta chiedere più democrazia sui posti di lavoro se poi si promuovono o si accettano leggi che limitano la rappresentanza dei lavoratori e perfino il diritto di sciopero.
Il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza che concede il 75% delle risorse alle aziende, lascia le briciole ai lavoratori e mette la sanità pubblica all'ultimo posto, lo possiamo cambiare solo attraverso una lotta dura e radicale.
Dopo aver fatto poco o niente contro la legge Fornero e l'abolizione dell'articolo 18, se ci lasciamo trascinare in un sostegno al governo Draghi, che rappresenta gli interessi del grande capitale, della finanza e della UE imperialista; se ci limitiamo a invocare un nuovo patto sociale come hanno detto i segretari confederali dalle piazze di sabato, se subordiniamo gli interessi dei lavoratori agli interessi padronali e rinunciamo a essere autonomi, allora perderemo anche quella poca fiducia che abbiamo ancora tra i lavoratori.
La concertazione, come ci ha insegnato la storia degli ultimi decenni, ha portato ai lavoratori soltanto sacrifici che hanno richiamato altri sacrifici, senza nulla in cambio.
Quando alcuni compagni reclamano lo sciopero generale lo fanno perché hanno capito che con la politica della coesione sociale, i lavoratori perdono salari, diritti, e contano sempre di meno.
La fiducia, il rispetto e il sostegno dei lavoratori non si guadagnano con la firma di protocolli con le istituzioni e la concertazione coi padroni, ma lottando nelle piazze al fianco di chi suda 7 camice e rischia ogni giorno la vita per portare a casa un tozzo di pane.
7 luglio 2021