Intervento del compagno Enrico Chiavacci al direttivo provinciale della FISAC CGIL di Firenze.
L'accordo sul blocco dei licenziamenti è una pugnalata alle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta per il proprio posto di lavoro
La firma delle parti sociali sull'“accordo” relativo al blocco dei licenziamenti ha dato il via ad un interessante dibattito negli organismi del maggior sindacato italiano, così come tra i lavoratori nelle fabbriche e negli uffici. Mercoledì scorso si è tenuto il direttivo provinciale di Firenze della FISAC CGIL nel quale, oltre alla complessa struttura del PNRR e delle sue conseguenze sull'economia toscana, l'argomento in questione è stato più volte toccato.
La relatrice della Camera del lavoro fiorentina e la segreteria di categoria, pur riconoscendo che i contenuti dell'accordo sui licenziamenti potevano creare “qualche disaccordo”, non hanno perso l'occasione per sottolineare la bontà dello stesso e l'importante ruolo che ha avuto la CGIL e in particolare il segretario Landini. Fra gli interventi – pochi a dire il vero – che hanno seguito l'esposizione sul PNRR, c'è stato quello del compagno Enrico Chiavacci (che riportiamo di seguito) che da remoto, oltre ad un aggiornamento relativo alle questioni sindacali di settore che lo riguardano, ha aspramente criticato l'atteggiamento arrendevole e di piena compatibilità aziendale che la CGIL ha tenuto nei confronti di Governo e Confindustria, controparti che possono a ragione brindare all'ottenuta libertà di licenziare. L'intervento è stato applaudito dai presenti in sala e, di lì a poche ore, l'email con la quale la GKN di Campi Bisenzio (FI), ex FIAT, ha licenziato con decorrenza immediata i 422 dipendenti, confermerà sprezzantemente le disastrose conseguenze di una firma sbagliata e che spiana la strada alla prepotenza padronale.
“(…) Grazie tante alla relazione di Elena che ha sintetizzato il rapporto della CGIL sul PNRR, oltre 360 pagine, un argomento enorme, che necessiterebbe di un dibattito serrato e specifico per argomento e, sicuramente, di un tempo adeguato.
Parto dall'ultimo passo della relazione, quello che ha riguardato l'accordo – o sedicente tale – sul blocco dei licenziamenti.
Dopo le manifestazioni del 26 luglio, vari canali social della CGIL rilanciavano slogan quali “Avanti uniti fino al risultato”, ma ci siamo chiesti in queste sedi, chi è che ha ottenuto un buon risultato?
Cito dal testo: “le parti sociali alla luce della soluzione proposta dal governo sul superamento del blocco dei licenziamenti si impegnano a raccomandare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali che la legislazione vigente e il decreto legge in approvazione prevedono in alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro”.
Poi seguono altri passi nei quali si ripetono come centrali termini come “Auspicano”, “S'impegnano” e “Raccomandano”, completando un documento che più di un accordo si configura come un “avviso comune” ad usare gli ammortizzatori sociali.
Nei fatti vengono messe sul piatto 13 settimane aggiuntive di Cassa integrazione totalmente gratuite per tutte le imprese, sia per le crisi nazionali al Mise sia per le piccole e micro-vertenze regionali e provinciali, e l'unica vera proroga, ma già prevista, rappresentata dalle 17 settimane di Cig per i settori tessile, abbigliamento e pelletteria, ovvero il tempo necessario per arrivare al 31 ottobre.
Ma intanto in alcuni settori (non il bancario naturalmente, troppo vicino agli interessi del capitale per essere minato così direttamente), le lettere di licenziamento arrivano, specialmente in Lombardia.
In questa operazione il governo ha confermato la propria natura antioperaia, i partiti che lo appoggiano anche, inclusa la Meloni che quando si tratta di togliere diritti ai lavoratori è sempre “responsabile” nei confronti di Draghi.
Draghi brinda ma, seppur paradossale, hanno brindato anche i sindacati, senza nemmeno una piccola autocritica per aver interrotto sul nascere la mobilitazione (vedi opposizione al Jobs Act) con l'obiettivo di non andare allo scontro col governo.
Landini addirittura, non solo ha parlato di “ottimo accordo”, ma ha sostenuto la politica economica e sociale del governo stesso, in un Paese che secondo le recenti stime Istat, nel 2020 contava 5,6 milioni di poveri assoluti, in un quadro di progressivo peggioramento anche dovuto alla contrazione dei consumi dell'8% dovuta al Covid. Tornando al lavoro, solo nel trimestre marzo-maggio 2021, i contratti a scadenza sono aumentati di 188mila, mentre i contratti stabili sono crollati di 70mila.
Da qui nasce l'invio sul nostro gruppo Whatsapp dell'intervista rilasciata al Fatto
da Sergio Cofferati, moderato ultrariformista e non un rivoluzionario, col quale sull'argomento in larga parte concordo nel sintetizzare che Confindustria abbia vinto 4 a zero senza bisogno di supplementari.
La CGIL continuerà invece a perdere iscritti in tanti settori; ne perderà anche a discapito dei sindacati di base che, seppur con i loro limiti e le loro contraddizioni, non smettono di lottare con tutte le forme che la situazione richiede.
In sostanza, per me questa firma è una pugnalata alle spalle per tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che quotidianamente lottano per non essere gettati in mezzo a una strada, per i loro diritti, per migliorare le proprie condizioni di lavoro che in certi settori rasentano lo schiavismo, per non morire sul posto di lavoro.
Se invece di accreditare il governo come “affidabile”, “guidato da grandi personalità”, (eppure fin dall'inizio Draghi si è scagliato contro le lotte operaie attraverso la repressione privata dei padroni o “pubblica” delle forze di polizia, vedi le aggressioni agli operai della Texprint di Prato, ai lavoratori della logistica a Piacenza e in Lombardia, l'assassinio di Adil a Novara, le indagini giudiziarie a danno dei portuali di Livorno, Genova e Trieste e dei sindacalisti del SiCobas, “colpevoli” di organizzare la lotta di classe), si fosse continuato a chiamare le lavoratrici e i lavoratori in piazza per rivendicare il blocco generale e permanente dei licenziamenti, essi sarebbero tornati in piazza perchè l'obiettivo è oggettivamente nel loro stesso interesse; ma troppo forte sono le sirene della compatibilità aziendale per i massimi dirigenti della CGIL per continuare a lottare ancora.
Invece occorre che le lavoratrici e i lavoratori più combattivi presenti in tutti i sindacati, inclusa la CGIL, si uniscano per rivendicare il blocco permanente, e insieme per respingere questo patto che in sostanza offre piena libertà di licenziare, oltretutto con la pandemia ancora in corso e senza quei nuovi ammortizzatori sociali di sostegno che erano stati promessi.
14 luglio 2021