Sono già stati spesi 960 milioni solo per lo studio della fattibilità
Il governo butta altri 50 milioni per il Ponte di Messina
Il ministro alle Infrastrutture Giovannini: “Non riteniamo affatto che quest'opera sia inutile”
Il ministro alle Infrastrutture Giovannini accelera sulla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. In agosto, davanti alla commissione ambiente della Camera, il titolare di Villa Patrizi ha addirittura fissato una road map a dir poco stringente che prevede la presentazione dello studio di fattibilità tecnica e economica entro la primavera 2022, la conclusione del formale “dibattito pubblico” e l'individuazione definitiva delle risorse, già nella Legge di Stabilità 2023.
Per sottolineare che stavolta si fa sul serio, Giovannini ha precisato che quello espresso non è un suo parere, bensì “una posizione del Governo poiché discussa già con il Presidente del Consiglio e i ministri competenti”. Un accordo di massima già trovato dunque, sotto la regia del banchiere massone Draghi, che già dal proprio insediamento ha fatto capire anche a coloro che nutrivano almeno un pizzico di fiducia nel “governo dei migliori” (borghesi!), la propria vicinanza ai cementificatori di ogni sorta.
Un team di alti profili tecnici, nel quale non figura però alcun ingegnere strutturista esperto nella costruzione di ponti, è dunque già al lavoro per dirimere ancora una volta le stesse opzioni presentate al “Concorso Internazionale di Idee” del lontano 1969 (!) e chiuse venti anni dopo, quando furono valutate le varie ipotesi di attraversamento dello stretto da sempre mira degli speculatori. Già, perché, come abbiamo accennato anche in un recente articolo apparso su Il Bolscevico
n.20 del 27 maggio 2021 dal titolo “Il governo Draghi manda avanti il progetto del pericoloso e inutile Ponte di Messina”, adesso si discute se il ponte dovrà essere forzatamente ad una campata – come fu oggetto della gara d’appalto del 2006 – oppure a più campate.
In ogni caso, Il costo miliardario dovrà sobbarcarselo per intero lo Stato italiano poiché tutti gli studi sono concordi nel dire che se esso sarà soggetto a pedaggio, quantomeno per il trasporto merci di natura commerciale, con l'intento di ripagarselo, le tariffe sarebbero talmente antieconomiche da scoraggiarne l'uso, facendo rimanere la nave il miglior mezzo per l'attraversamento com’è adesso. Secondo noi infatti, lo Stato dovrebbe investire più di quanto dichiarato dallo stesso Ministro per potenziare il servizio di traghettamento attuale dedicando risorse al materiale ferroviario, al naviglio, alle stazioni ferroviarie e alla logistica, al fine di migliorarne l’instradamento veloce dei treni, l’accessibilità degli autoveicoli e la fruibilità dei servizi quotidiani dei pendolari nell’area dello Stretto.
Invece per portare avanti lo studio di fattibilità tecnico-economico che aiuterà Giovannini a formalizzare la decisione definitiva sul ponte che di fatto è già presa, sono già pronti 50 milioni di euro stanziati con la Legge di Bilancio 2021. Un semplice ma corposo antipasto.
Insomma, la sanità pubblica è ancora al palo come se la pandemia non avesse messo alla berlina la tragica situazione italiana, le scuole sono le stesse, scarse e fatiscenti del pre-covid, ma 50 milioni di euro per avviare ancora una volta quella che si annuncia essere la regina delle speculazioni sono già li, pronti e impacchettati per essere sprecati sull'altare del profitto e delle grandi opere inutili.
Ma non è tutto, in studi, lavori, consulenze e altro, per il ponte sono stati spesi già 960 milioni (300 nel solo 2010-2013) dei quali, come ha documentato nel 2017 la Corte dei Conti, 477 “spesi inutilmente”, e la concessionaria, la Stretto di Messina Spa, da 10 anni in liquidazione, è ancora lì che consuma denari per consulenze e attività di ogni genere nonostante tutto.
Sullo sfondo rimane anche la causa di Eurolink (Impregilo), vincitrice della gara d’appalto predetto, ma impossibilitata a realizzare l'opera per lo stop del 2013 dell'allora governo Monti, il cui contenzioso potrebbe generare un ulteriore sperpero di risorse pubbliche da 700 milioni di euro.
Costi enormi, sprechi mastodontici, che sono purtroppo destinati ad aumentare poiché, se fino a qualche anno fa il ponte sullo stretto era un cavallo di battaglia quasi esclusivo dei faccendieri di destra e dei suoi partiti, oggi c'è anche il PD che in parte lo sostiene, soprattutto a livello locale spinto da interferenze poco chiare, e in parte certamente non vi si oppone. Stesso discorso per i 5 stelle che ormai privi dell'astro che significò all'origine la difesa dell'ambiente, cancellato dalle mille giravolte sui temi ambientali, stentano a trovare una posizione compatta e unitaria, frammentandosi in possibilisti che diventano aperti sostenitori nei loro – guarda caso – rappresentanti locali.
Infatti oggi, ai parlamentari di Lega, Forza Italia e Italia Viva (con un Renzi in primissima linea) che lo accusavano di prender tempo per non fare nulla, il ministro ha replicato seccamente che lui l’opera la vuole fare e, rassicura sugli intenti di Draghi e del resto del governo.
Eppure, oltre ai costi altissimi, l'assoluta assenza di valutazione di impatto ambientale nelle relazioni dei tecnici ministeriali, di progetti, piani economico-finanziari, analisi costi-benefici, di vere comparazioni e stime definitive di spesa, del fatto che l'opera allontana l’Italia dai già insufficienti obiettivi europei sui gas serra e che il
debito pubblico abbia inanellato un altro record (+10% nell’ultimo anno), nemmeno l'evidenza scientifica che l'area rappresenti una delle più pericolose zone sismiche d’Europa, fermano questo progetto inutile e dannoso.
Basterebbe infatti leggere il recente studio del CNR-Ismar sulla morfologia dello Stretto e sui rischi, a firma della Dott.ssa Alina Polonia, per accantonare in fretta l’idea del Ponte, e invece il governo Draghi va avanti, determinato a regalare ai cementificatori di ogni sorta, al clientelismo e alla malavita organizzata che va a nozze in certe situazioni senza che nessuno le torca un capello, un'abbuffata senza precedenti, il cui conto sarà pagato dalle popolazioni locali, dalle casse pubbliche derubate e dall'ambiente.
8 settembre 2021