Capitalismo assassino e Draghi e Orlando conniventi
Strage sul lavoro, operaia e operaio stritolati da macchinari
6 operai morti in 10 giorni nella sola Toscana
Nelle fabbriche, nei campi, nei magazzini, nei cantieri, nelle cave, la sicurezza è sempre subordinata al profitto. Centinaia di morti ci mostrano come lo sfruttamento capitalistico si perpetua nonostante i progressi tecniclogici e si muore come 100 o 200 anni fa.
Certo, almeno nei Paesi più avanzati non ci sono più i bambini nelle miniere, ma non tornare più a casa perché un macchinario è stato modificato per produrre di più, una imbracatura non è stata fatta mettere per non perdere tempo, un sistema di sicurezza non è stato istallato per risparmiare denaro, avviene tutti i giorni. E fa rabbia sentire giornalisti e opinionisti anche della TV di stato cadere dalle nuvole quando si annuncia una nuova morte sul lavoro e chiedersi: “succedono ancora queste cose nel XXI secolo?”. Forse vivono su un altro pianeta e non sanno che al 31 luglio 2021, cioè in 7 mesi, ci sono già stati 677 morti con un aumento dell'8,3%, come ha certificato l'Inps.
Solo il 29 aprile scorso sono morte tre persone: una trave ha ceduto nel deposito Amazon di Alessandria, investendo sei persone e causando un morto, Flamur Alsela, 50 anni, di origini albanesi, e cinque feriti; nelle stesse ore, nel porto di Taranto ha perso la vita un gruista di 49 anni, Natalino Albano, precipitato sulla banchina, mentre a Montebelluna, in provincia di Treviso, Mattia Battistetti, operaio di soli 23 anni, è stato investito da un’impalcatura, morendo sul colpo.
Un lunghissimo e macabro elenco con morti giornaliere a volte multiple come il 27 maggio, nel Pavese: in un’azienda alimentare si è rotta la tubazione di vapore, che conteneva ammoniaca, travolgendo due operai cinquantenni che hanno perso la vita, Alessandro Brigo e Andrea Lusini. Il 4 giugno sono morti Gianni Messa, di 58 anni, e Gerardo Lodovisi, di 45 anni, operai esperti di un’azienda del settore vinicolo, rimasti asfissiati per mancanza d’ossigeno durante l’ispezione di una cisterna.
Il 3 agosto Laila El Harim, operaia di 40 anni, mamma di un bimbo di 5 anni, è morta trascinata e schiacciata da una fustellatrice, il macchinario a cui era addetta in un’azienda di packaging di Camposanto, in provincia di Modena. La magistratura ha subito aperto le indagini, iscrivendo nel registro degli indagati il titolare dell’azienda e suo figlio, incaricato della sicurezza. Bisognerà chiarire se la donna fosse adeguatamente istruita nell’utilizzo del macchinario, se siano stati rispettati gli orari di lavoro, se la macchina fosse provvista di sistemi di protezione e se questi possono essere stati rimossi o alterati. Intanto però, si è saputo che Laila aveva segnalato ripetuti guasti elettrici della macchina che l’ha stritolata e uccisa.
Una morte del tutto simile a quella di Luana D'Orazio, la giovane ventitreenne di Prato, anche lei madre di un bimbo piccolo, morta per la manomissione del quadro elettrico del macchinario per permettere il suo funzionamento anche senza la protezione di sicurezza, protezione che avrebbe sicuramente evitato l’incidente. Quindi meno sicurezza per aumentare la produttività. Un fatto balzato alle cronache che, comprensibilmente ha colpito l'opinione pubblica. Ma non è un caso isolato, solo che, specie quando ci sono di mezzo immigrati, ne viene a malapena data notizia.
A settembre la mattanza ha ripreso a pieno ritmo. Andrea Bascherini, operaio di 54 anni in un’azienda del comparto del marmo a Pietrasanta, in provincia di Lucca, morto l’8 schiacciato dalle lastre di marmo che stava pulendo. Lo stesso giorno è morto Luigi Manfuso, operaio di 59 anni nel cantiere della metropolitana di Napoli, trovato esanime in un fosso. Il 10 settembre è morto Guido Costantini, giardiniere di 73 anni, rimasto folgorato pochi giorni prima mentre potava un albero nel comune di Bientina, provincia di Pisa. Nella stessa provincia, a Ghizzano, due giorni dopo è morto cadendo da un albero un altro operaio di 33 anni di origine indiana, il cui nome non è stato trasmesso dai mezzi d’informazione.
E poi Calogero Ambrogio, 44 anni, morto a Valleggia nel savonese, per il crollo di un tramezzo durante la ristrutturazione di un locale commerciale. Francesco Martino, 34 anni, morto a Pomigliano d’Arco, provincia di Napoli. Ivan Salvatore, 33 anni, operaio specializzato morto a Marcianise, nel casertano. Ultimo caso quello dell'operaio Giuseppe Siino morto schiacciato dai rulli di un macchinario in una fabbrica di moquette di Campi Bisenzio (FI) di proprietà dell'ex presidente di Confindustria Toscana Alessio Ronaldo.
La Toscana si conferma pecora nera sulla sicurezza nelle aziende. In una decina di giorni ci sono state 6 morti sul lavoro. Recentemente alcuni controlli nel distretto tessile pratese hanno rilevato migliaia di infrazioni e nessuna ditta è risultata in regola. Il presidente regionale, il PD Giani, farebbe meglio ad impegnarsi per bloccare questi omicidi invece di piangere lacrime di coccodrillo dopo le morti e vantarsi che nella sua regione c'è una maggiore attenzione che altrove alla sicurezza e alle condizioni dei lavoratori, smentito platealmente dalla realtà.
Lo stesso vale per il governo centrale, a partire da Draghi e dal ministro del Lavoro Orlando che fanno tanta retorica e propaganda ma non prendono nessun intervento concreto. Le risorse destinate ai controlli sono sempre minori, gli enti incaricati di eseguire i controlli come l’Inail, l’Inps e l’Ispettorato nazionale del lavoro sono in affanno per carenza di personale. Anche le Asl e i loro servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro sono sotto organico. Nel PNRR presentato dal governo alla UE il tema non viene neppure citato.
In un Paese come il nostro, dove la flessibilità fa già parte del dna di tante piccole aziende, esasperata dalla precarietà e dalle nuove leggi di deregolamentazione del mercato del lavoro, con ampie sacche di nero, di settori come l'agricoltura al limite della schiavitù, con deroghe alle norme per salvare il profitto in barba alla salute e all'ambiente (vedi ad esempio Taranto) non servono tanto nuove leggi di contrasto, che in buona parte già ci sono.
Serve la volontà di controllare e reprimere chi mette a repentaglio la vita di chi lavora e proteggere chi denuncia le inadempienze padronali fatte in nome del profitto. Invece questo governo è complice del capitalismo assassino e invece di difenderli, reprime, manganella e riserva il carcere a chi si batte per la propria dignità e la propria sicurezza, come insegnano i fatti della Texprint, della logistica e di tante altre lotte condotte dai lavoratori in tutta Italia.
Mentre chiudiamo questo numero del Bolscevico
apprendiamo che la scia di sangue operaio si è allungato oggi. 6 operai hanno perso la vita: due in un deposito di azoto nel milanese, due caduti da un'impalcatura nel torinese e nel padovano, uno è stato travolto da un Tir a Capaci e un altro è stato schiacciato dalla trebbiatrice nel pisano.
29 settembre 2021