Documento approvato dall'assemblea dei lavoratori della GKN il 5 ottobre
L'assemblea dei lavoratori GKN invoca lo sciopero generale e rifiuta il patto sociale
1. Articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, Contratto Nazionale, accordi interni: questi sono i testi che hanno permesso di annullare la procedura di licenziamento iniziata da Melrose-Gkn il 9 luglio.
Questi testi sono conquiste delle mobilitazioni passate. E senza l’assemblea permanente dei lavoratori, a sua volta, la vittoria dell’articolo 28 sarebbe servita a poco: l’azienda sarebbe con tutta probabilità già stata svuotata dei macchinari e ridotta a uno scheletro. Ma a sua volta l’articolo 28 ci ha dato solo tempo.
E questo tempo senza un intervento legislativo del Governo sarà sprecato. Noi non lo stiamo chiedendo o supplicando. Noi lo stiamo rivendicando. E la rivendicazione, senza mobilitazione, non è nulla. Si torna sempre lì: fuori dalla mobilitazione, non c’è salvezza.
2. Ai tavoli negoziali, a cui Melrose è stata obbligata dal Tribunale di Firenze, la proprietà si è presentata mantenendo l’azienda in liquidazione. Le motivazioni addotte per la chiusura dello stabilimento di Firenze sono aleatorie, generiche e contraddittorie. Abbiamo risposto e risponderemo in sede negoziale e non stiamo qua a riportare le nostre argomentazioni. Lo stabilimento viene chiuso sulla base di previsioni tendenziali che si realizzerebbero nel 2025. E involontariamente c’è stata la conferma che sarebbe in equilibrio nel 2022. La fretta di chiudere nasconde ragioni tutte dettate da meccanismi finanziari. Con tutta evidenza Melrose riaprirà la procedura di licenziamento appena possibile.
3. Si affacciano periodicamente le voci sull’eventuale presenza di un compratore. Invece di prestarsi a questi pettegolezzi da trattativa, i giornali raccontino come sono andate quasi tutte le precedenti vertenze: si annusa la possibilità di un compratore, la fabbrica smobilita in sua attesa e sul più bello il compratore svanisce. O peggio ancora: il compratore arriva dando disponibilità ad assumere solo parte dei lavoratori. I lavoratori vengono divisi, parte accetta il ricatto e dopo un po’ di tempo anche quella parte viene nuovamente licenziata. Non accetteremo nessuna ipotesi che non preveda il totale riassorbimento della forza lavoro e il mantenimento dei diritti acquisiti. E anche in caso di compratore privato sarà necessario un ponte pubblico a garanzia della serietà del compratore.
Ma prima del compratore, il problema è il venditore. Che cosa è disponibile a vendere Melrose? Lo stabilimento, i macchinari, le commesse? Se Melrose cedesse tutto questo, è evidente che non solo ci sarebbe la possibilità di subentrare ma anche rapidamente di recuperare le quote di mercato che Gkn sta perdendo. Ma ci pare chiaro come Melrose tema che il tanto vituperato stabilimento di Firenze torni sul mercato. E quindi farà di tutto per distruggerlo e rivenderne semplicemente lo scheletro. Anche per giungere a una reale vendita, quindi, c’è bisogno di uno strumento legislativo.
4. Abbiamo chiesto disponibilità a chiunque volesse e potesse a presentare la nostra legge anti-delocalizzazioni in Parlamento. A giorni la presenteremo. E dopo, per quanto ci riguarda, non ci saranno più alibi né scuse. Contemporaneamente continuiamo a chiedere la decretazione d’urgenza da parte del Governo dell’inapplicabilità della legge 223 (procedura di licenziamento collettivo) al caso Gkn e la sospensione di tutte le 223 per le altre vertenze. Chiediamo anche che vengano decretati tempi più lunghi per aprire le procedure di licenziamento collettivo per le aziende condannate per condotta antisindacale. Detto in altre parole: non osate riaprire e far riaprire la procedura di licenziamento.
5. Sin dal primo istante ci è stato chiaro quanto il nostro caso fosse il risultato di processi ben più ampi, di finanziarizzazione dell’economia, di precarizzazione e di attacchi decennali al mondo del lavoro e di una difficoltà generale di mobilitazione dei lavoratori. Per questo, per essere onesti con noi stessi e con tutti quelli che si sono uniti alla lotta, abbiamo detto sin dall’inizio che per vincere in Gkn bisognava cambiare i rapporti di forza nel paese. E che se cambiavano questi rapporti di forza, cambiavano nell’interesse di tutti. Ed è per questo sin dall’inizio abbiamo fatto appello ad insorgere, a estendere la mobilitazione.
6. La manifestazione del 18 settembre ha dimostrato che questo è possibile. E dopo il 18 settembre, abbiamo assistito a una manifestazione di 50mila persone a Milano per la giustizia climatica. Come noi, quella piazza rifiuta ogni contrapposizione tra rivendicazioni sociali e ambientali. Avete provato a usare la transizione climatica per giustificare i licenziamenti nell’automotive. E avete ottenuto solo la nostra saldatura con le lotte per il clima.
7. Qualcosa dunque nel paese sta accadendo. C’è chi prova a valutarlo, pesarlo, definirlo. Noi abbiamo invece chiaro che qualsiasi cosa esso sia, è nella sua crescita che risiede la chiave per salvare il futuro della nostra fabbrica e del nostro territorio. E ci è altrettanto chiaro che tale prospettiva di crescita è divergente al patto sociale prospettato da Bonomi.
8. Parteciperemo allo sciopero generale del sindacalismo di base dell’11 ottobre. Questa del resto per noi non è una novità. I lavoratori Gkn hanno sempre aderito a scioperi, anche quando non convocati dalle proprie organizzazioni sindacali di appartenenza. Attraverseremo quella piazza mantenendo le nostre critiche verso le modalità con cui si è giunti a questo sciopero, ma convinti altrettanto che sia un generoso tentativo di risvegliare la mobilitazione nel paese. L’11 ottobre ha senso non come una tappa in sé, ma come parte di un percorso verso uno sciopero generale e generalizzato nel paese.
9. Non esiste futuro in un paese dove la ripresa è basata sulla precarietà del lavoro, dove chi lavora è comunque povero per via dei bassi salari, dove ogni giorno ci sono mediamente tre morti sul lavoro, dove il diritto alla pensione è oramai un puro miraggio, dove una fabbrica può essere acquisita e chiusa da un fondo finanziario mentre il Governo si professa impotente. Per questo noi insorgiamo per il futuro. E nel fare questo è naturale incontrarsi con chi questo futuro lo rappresenta, con i lavoratori di domani. Abbiamo avuto un continuo flusso di studenti a venire a darci una mano al presidio. Ora che sono ricominciate le scuole e le università, abbiamo avuto e avremo assemblee congiunte: che la prossima data di mobilitazione della Gkn coincida con una data di sciopero studentesco. In questa nostra vicenda è arrivata l’ora dell’unità tra studenti e lavoratori.
10. Questa non è una lotta di piccolo cabotaggio. Non abbiamo mai avuto bisogno di usarla per ragioni di polemica interna all’organizzazione sindacale. C’è chi oggi in Cgil si preoccupa delle ricadute congressuali di questa nostra lotta. Che pena.
Al nostro fianco ci sono e ci sono stati delegate e delegati, lavoratrici e lavoratori di svariate organizzazioni sindacali e di ogni tipo di categoria e area della Cgil. L’hanno fatto per la naturale comprensione di come questa lotta possa segnare il futuro di tutti. E oggi ci rivolgiamo con franchezza a loro.
Guardiamo in faccia la realtà. Una realtà che chiunque stia qua vede e capisce: dopo una fase iniziale, questa nostra lotta non è stata più né seguita né accompagnata dalla Cgil. Ci piacerebbe dire il contrario, ma così non è. E troppi fatti ormai lo dimostrano. Forse più di uno tra i nostri dirigenti aveva pensato, sperato o calcolato che avremmo ceduto firmando la cessazione d’attività. E forse più di uno pensa che non ci sia altro da fare che cedere.
C’è un unico filo che ci collega alle piazze per la giustizia climatica, alle mobilitazioni studentesche, alle altre vertenze come Alitalia, Texprint, Gianetti, Whirlpool, ecc, ma anche alla lotta contro il lavoro precario, per un salario minimo e per l’abbassamento dell’età pensionabile. Se segui questo filo e lo tiri, ci porta tutti nella stessa piazza. E il mezzo per raggiungere questa piazza si chiama sciopero generale. Ma non ci sarà alcuno sciopero generale di massa se non saranno le lavoratrici e i lavoratori del paese a chiederlo, a viverlo, a prepararlo.
Per noi un autunno di lotta non è una scelta. E’ un obbligo. Voi invece cosa scegliete di fare? E soprattutto siete sicuri di avere realmente ancora una scelta? E’ l’ora di rivolgere insieme a tutte le nostre organizzazioni e a chi le dirige una domanda banale: sciopero generale, se non ora, quando? #insorgiamo
5 ottobre 2021