Marx: La produzione capitalistica riduce gli operai a bestie da lavoro per accrescere il profitto
Poiché l’operaio dedica la maggior parte della sua vita al processo di produzione, le condizioni di questo processo costituiscono in gran parte le condizioni del processo attivo della sua esistenza, le sue condizioni di vita; e il far economia nel campo di queste condizioni di vita è un metodo per rialzare il saggio del profitto, proprio come, e l’abbiamo già precedentemente messo in rilievo, l’eccesso di lavoro, la trasformazione dell’operaio in bestia da lavoro è un metodo per accelerare l’autovalorizzazione del capitale, la produzione del plusvalore. Siffatta economia giunge fino al sovraffollamento di operai in locali ristretti, malsani, ciò che si chiama in termini capitalistici risparmio di costruzioni; all’ammassamento di macchine pericolose negli stessi ambienti, senza adeguati mezzi di protezione contro questo pericolo; all’assenza di misure di precauzione nei processi produttivi che per il loro carattere siano dannosi alla salute o importino rischi (come nelle miniere) ecc. Per non dire della mancanza di ogni provvidenza volta ad umanizzare il processo produttivo, a renderlo gradevole o quanto meno sopportabile. Ciò sarebbe, dal punto di vista capitalistico, uno spreco senza scopo e insensato. Con tutto il suo lesinare, la produzione capitalistica è in genere molto prodiga di materiale umano, proprio come, grazie al metodo della distribuzione dei suoi prodotti per mezzo del commercio e al suo sistema di concorrenza, essa è molto prodiga di mezzi materiali e da una parte fa perdere alla società ciò che dall’altra fa guadagnare ai singoli capitalisti.
(Marx, Il Capitale, Libro 3°, Sezione I, Capitolo 5, pagg. 119-120, Editori Riiuniti)
13 ottobre 2021