A Bologna vota appena il 51,16 degli aventi diritto
L'astensionismo record delegittima i nuovi sindaci in Emilia-Romagna
Dal corrispondente del PMLI per l'Emilia-Romagna
Le elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre hanno segnato un risultato storico per l’astensionismo in Emilia-Romagna e in particolare a Bologna una delle città più “rappresentative” a livello nazionale in questa tornata.
Nel complesso nella Regione, dove sono state rinnovate 48 amministrazioni, l’affluenza è stata del 54,8% con un calo del 6,5% rispetto a 5 anni fa, il 2% in meno rispetto alla media nazionale.
A Rimini l’affluenza si è fermata al 55,6% contro il 57,9% delle precedenti amministrative, e il nuovo sindaco è il PD Jamil Sadegholvaad avendo ottenuto il 51,3% dei voti contro il 32,9% raccolto dallo sconfitto del “centro-destra” Enzo Ceccaroni.
A Ravenna il calo è stato più marcato, ha infatti votato il 54,1% contro il 61,3% delle passate elezioni, Michele De Pascale è stato confermato sindaco col 59,5% dei voti validi contro il 22,5% di Filippo Donati del “centro-destra”.
Anche a Bologna i votanti hanno toccato il minimo storico col 51,16%. Ma l'astensionismo complessivo, diserzione delle urne, voto nullo o bianco, ha sfondato la soglia record del 50,1% con un +8% rispetto alle elezioni precedenti.
Matteo Lepore è stato eletto sindaco con il 61,9% dei voti validi, sostenuto da una coalizione molto larga che comprendeva il PD, che ha raccolto il 36,5% (appena il 17,5% sul corpo elettorale e perdendo 6.580 voti), Coalizione civica col 7,3% sui voti validi (3,5% sul corpo elettorale), la Lista Lepore Sindaco col 6,3% sui voti validi (3% sugli elettori), Anche tu Conti (la lista di Isabella Conti, sconfitta da Lepore alle primarie), che ha ottenuto il 5,7% (2,7% sugli elettori), il derelitto M5S con appena il 3,4% (appena l'1,6% degli elettori), Europa Verde con il 2,8% (l'1,3% del corpo elettorale) e Psi-Volt 0,9% (0,4% sugli elettori).
Battuto il candidato del “centro-destra” Battistini che ha ottenuto il 29,64%. Egli era sostenuto dai fascisti di Fratelli d’Italia che arrivano addirittura al 12,6% (6% sul corpo elettorale) diventando il primo partito del “centro-destra” (nel 2016 aveva il 2,4% dei voti validi), il secondo di Bologna dietro al PD, e che “cannibalizza” la Lega ferma al 7,7% dei voti validi (3,7% degli elettori, aveva il 18,5% dei voti validi nel 2016), che a sua volta aveva fatto la stessa cosa nelle precedenti elezioni con Forza Italia, la quale prende solo il 3,8% (1,8% del totale aventi diritto), mentre la lista “Bologna ci piace” (dello stesso Battistini) raccoglie il 4,5% (2,2% degli elettori).
Dietro ai due candidati principali si è piazzata Marta Collot di Potere al Popolo che ottiene il 2,3% (1,1% sul corpo elettorale), poi Stefano Sermenghi di Bologna Forum Civico (2% sui voti validi), Andrea Tosatto del Movimento 3V e Dora Palumbo di Sinistra unita (entrambi 1,6% dei voti validi), Federico Bacchiocchi del Partito comunista dei lavoratori (0,4% dei voti validi) e Luca Labanti del Movimento 24 agosto (0,3% sui voti validi).
Il nuovo Consiglio comunale sarà composto da 35 consiglieri, la maggioranza ne avrà 25 con il PD che scende da 21 a 16 per via del maggior peso dei restanti partiti della coalizione che passano da 1 a 9: 3 a Coalizione Civica, 2 rispettivamente a lista Lepore e lista Conti, uno al M5S (ne aveva cinque nel 2016) e uno anche per Europa verde.
Il “centro-destra” che ha raccolto complessivamente il 7% in più rispetto al 2016, elegge 10 consiglieri, a Fratelli d’Italia ne vanno 5, alla Lega 3, Forza Italia uno e uno anche alla lista Battistini.
La prossima giunta comunale dovrebbe essere composta tutta da assessori nuovi rispetto alla precedente, a parte lo stesso sindaco Lepore che dovrebbe tenere per sé le deleghe alla Sicurezza e quella alla Cultura, quest’ultima carica già la ricopriva sotto la precedente amministrazione.
Emily Clancy, leader di Coalizione civica, potrebbe assumere l’assessorato alla Casa, e potrebbe ricoprire anche la carica di vicesindaco, forte del record di preferenze ottenute (3.541); anche il leader delle “Sardine” Mattia Sartori potrebbe ottenere una delega, ma è ancora in corso la spartizione dei posti, e non c’è nulla di sicuro.
Nell'esaminare questi dati se ne deducono alcune “semplici” e conseguenti analisi: il nuovo sindaco di Bologna è stato votato da una minoranza di elettori, lui e le sua giunta sono quindi delegittimati in partenza e non possono governare per i bolognesi ma solo per sé stessi e per i poteri borghesi che rappresentano; tra coloro che sono ancora legati al parlamentarismo locale il PD detiene ancora l'egemonia, nonostante gli “sfracelli” sociali causati in tantissimi anni; a sinistra del PD rimane un certo spazio d'azione, tra Coalizione Civica che opportunisticamente e servilmente lo appoggia in Consiglio comunale e i voti raccolti da Potere al Popolo e Sinistra Unita che hanno candidato come “banderuole” attivisti nelle battaglie sociali e civili bolognesi; a destra il voto si sta radicalizzando da Forza Italia alla Lega e ora i fascisti di Fratelli d'Italia; per ultimo ma non per importanza la storica tradizione elettoralista dell'Emilia-Romagna e di Bologna sta crollando come un “castello di carta” sotto i colpi della disillusione, basti citare le aspettative di “cambiamento” che fino a pochi anni risiedevano nel M5S ora quasi scomparso verificato il tradimento delle tante promesse una volta giunto al governo prima con la Lega e poi con il PD e la Lega stessa.
E lo stesso discorso vale per i nuovi sindaci Ravenna e Rimini, nonostante sbandierino percentuali di consenso tra il 50 e il 60% in realtà sono stati eletti solo da una minoranza dell’elettorato.
Come ha scritto “Il Bolscevico” nel commentare i risultati elettorali, “È una grandissima vittoria per l’astensionismo e una grande sconfitta per i partiti e i nuovi governi locali del regime capitalista neofascista che escono dalla competizione con le ossa rotta e completamente delegittimati... è il fallimento pieno del parlamentarismo e dell’elettoralismo borghesi e la testimonianza clamorosa del baratro che divide le elettrici e gli elettori dalle istituzioni rappresentative borghesi, i suoi governi e i suoi partiti”.
Il nostro compito di marxisti-leninisti sul piano elettorale consiste oggi nel continuare a praticare l’astensionismo e a lavorare per qualificarlo in senso rivoluzionario e perché si apra una grande discussione sul futuro dell'Italia.
13 ottobre 2021