Su invito di CGIL-CISL-UIL per sciogliere Forza Nuova e i gruppi simili neofascisti
200mila antifasciste e antifascisti in piazza a Roma
Alta e militante coscienza antifascista dei lavoratori, pensionati, giovani, provenienti da tutta Italia. Presenti una delegazione di operai GKN con lo striscione “Insorgiamo”. Poi ANPI, ARCI, Libera, Legambiente, Emergency, UDU, Collettivi studenteschi e altre associazioni. Tra una selva di bandiere rosse della CGIL quelle di PMLI, PRC, PCI, PCL, CARC. Uno striscione: “Vaccinati dal 25 Aprile”. Il limite dei discorsi dei leader sindacali confederali. Ambiguità della parola d’ordine “Mai più fascismi”. Cantata da tutta la piazza “Bella Ciao”. “L’Internazionale” e “Bandiera Rossa” lanciate dalla delegazione nazionale del PMLI, diretta da Cammilli, coinvolge giovani e lavoratori. Ampia diffusione del volantino con l’Appello di Scuderi e sullo scioglimento dei gruppi neofascisti
SUBITO IL DECRETO PER SCIOGLIERE FORZA NUOVA E SIMILI, ALTRIMENTI DRAGHI VADA A CASA
Dal nostro inviato speciale
Un sole splendente ha accolto la marea umana convenuta a Roma sabato 16 ottobre in risposta all’appello di CGIL-CISL-UIL per sciogliere Forza Nuova e i gruppi simili neofascisti dopo il criminale assalto squadrista alla sede del più grande sindacato italiano della settimana passata. In 200mila provenienti da ogni angolo del Paese, con 800 pullman, dieci treni speciali, voli aggiuntivi dalle isole e mezzi propri, paralizzando come non si vedeva da anni lo snodo della stazione dei bus e della metropolitana di Anagnina, tanto che a comizi iniziati in piazza S. Giovanni decine di migliaia di manifestanti erano ancora bloccati ai suoi tornelli d’ingresso.
Già dal corteo partito da piazza Eschilino, con in testa lo striscione “La CGIL resiste. Mai più fascismi”, fino alla straripante piazza S. Giovanni, alta e militante è stata la coscienza antifascista dei lavoratori, pensionati, giovani, con i loro vessilli che non lasciavano dubbi. Dallo striscione e magliette blu con la scritta “Vaccinato dal 25 Aprile 1945” a quello della Fillea CGIL di Roma e Lazio, “Noi con i fascisti abbiamo finito di parlare il 25 Aprile 1945”.
Forte la presenza del mondo del lavoro, dalla combattiva delegazione degli operai GKN con lo striscione “Insorgiamo” a quello dei sempre presenti lavoratori della Sammontana di Empoli, alla FIOM di tutte le regioni italiane, uguagliata dallo SPI-CGIL, le “pantere grigie” rumorose e colorate, fino ai tanti, tantissimi giovani capitanati dagli studenti, gli universitari dell’UDU e dell’Unione degli studenti, fino ai comitati antifascisti delle varie città. E poi ancora ANPI, il cui presidente nazionale Gianfranco Pagliarulo ha esortato che "Il tempo sta scadendo, il governo metta fuori legge le organizzazioni fasciste, naziste e razziste", ARCI, Libera, Legambiente, Emergency e altre associazioni del sociale. Tra una selva di bandiere rosse della CGIL sventolavano quelle dei partiti comunisti, dell’opposizione e di classe: in ordine di vicinanza dal palco PMLI, PRC, PCI, PCL, Carc.
A tutto questo splendore rosso fuoco, al “siamo tutti antifascisti”, non ha risposto un’altrettanta analisi anticapitalista e antifascista da parte dei vertici dei sindacati confederali organizzatori. A partire dal segretario generale della CGIL Maurizio Landini, a cui è rimasta solo la padronanza oratoria dei tempi che furono alla FIOM, che ha sì chiesto lo scioglimento dei gruppi neofascisti e “violenti”, cosa ribadita anche dai suoi omologhi Pierpaolo Bombardieri per la UIL e Luigi Sbarra della CISL, ma e solo all’interno della difesa delle libertà democratiche borghesi, delle istituzioni, della Costituzione ormai fatta a brandelli. “È una manifestazione che difende la democrazia nel nostro Paese, – ha detto Landini dal palco – quindi di tutti e non di parte. Questa piazza rappresenta tutta l’Italia che vuole cambiare il Paese, che vuole chiudere la storia della violenza politica. Essere antifascisti si è per garantire la democrazia di tutti e i principi fondamentali della nostra Costituzione. Tutto il governo assuma questa sfida e apra una fase di grande cambiamento sociale”. E “noi vogliamo essere protagonisti del cambiamento” con“l’applicazione della Costituzione” che “deve ridiventare la stella polare della riforma e del rilancio del Paese”. Nessuna denuncia quindi dei fascisti in doppiopetto per non urtare il governo del banchiere massone Draghi, nemmeno una parola contro il fascismo padronale e la repressione delle lotte operaie. Si è invece vantato di aver fatto “un buon lavoro” assieme al governo sulla “regolamentazione degli appalti” e sulla sicurezza sul lavoro. E dopo aver elencato i casi di crisi delle fabbriche dal nord al sud del Paese, della disoccupazione, delle delocalizzazioni, dello sfruttamento e dell’oppressione delle donne non ha risposto a quella parte della piazza spronata dalla delegazione del PMLI che a più riprese ha chiesto a gran voce lo sciopero generale e l’emanazione del decreto contro i gruppi neofascisti e simili.
Non per nulla il discorso di Landini ha fatto spellare le mani dagli applausi di tutti i leader del “centro-sinistra” del regime neofascista presenti, dal segretario del PD Enrico Letta al presidente del M5S Giuseppe Conte, al ministro degli Esteri M5S Lugi di Maio, al ministro del Lavoro PD Andrea Orlando e al suo compare della Cultura Dario Franceschini e a quello della Salute Roberto Speranza, fino ai sindaci con tanto di fascia tricolore Matteo Lepore, Leoluca Orlando e Dario Nardella. Addirittura l’unico esponente di “centro-destra” presente in piazza, il deputato FI Elio Vito non ha potuto che dichiarare: “Che errore l’assenza dei moderati”. Una ambiguità che purtroppo conferma e dimostra tutto il riformismo democratico borghese e il collaborazionismo del vertice della CGIL.
Una ambiguità che abbiamo ritrovato anche nella parola d’ordine della manifestazione “Mai più fascismi”, evidentemente frutto di un compromesso ben studiato dai vertici confederali, che pone una domanda: perché quel plurale? Esistono forse fascismi diversi da quello perpetrato brutalmente da Mussolini in Italia? E allora perché non chiamarlo per nome? Oppure dietro a quel plurale si vogliono annoverare i “totalitarismi”, come hanno fatto la destra storica in Italia, che continua a reclamarlo a ogni pié sospinto e l’Unione europea imperialista a livello internazionale, mettendoci dentro il comunismo?
Al termine del comizio conclusivo di Landini tutta piazza S. Giovanni ha intonato in coro, saltando e ballando, Bella Ciao. A dimostrazione di quanto sia stato di fatto tradita la carica antifascista, proletaria e comunista della piazza, invece di sciogliersi e andar via un folto gruppo di studenti della Puglia e della Sardegna, volantini del PMLI alla mano, si sono uniti al canto, lanciato dalla nostra delegazione di Bandiera Rossa e L’Internazionale. Una delegazione, la nostra, diretta dal compagno Andrea Cammilli e che annoverava militanti e simpatizzanti giunti oltre che da Roma, da Firenze, Milano, Napoli, Campobasso, Biella, Empoli, Fucecchio, Sesto Fiorentino, Vicchio del Mugello, Valdisieve e Terricciola (Pisa), seppur per gran parte impantanata nel caos di Anagnina e arrivata faticosamente alla spicciolata, non ha lesinato la sua azione proletaria e rivoluzionaria diffondendo con successo, grazie a quattro inesauribili compagne, tutti i volantini a disposizione riproducenti l’Appello per il futuro dell’Italia del Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi e il manifesto sullo scioglimento dei gruppi neofascisti, dispiegando al cielo le sue rosse bandiere e lo striscione ufficiale del PMLI, nonché i cartelli e indossando i rossi corpetti. La coreografia e la presenza marxista-leninista, seppur ancora una volta ignorata dai resoconti dei media, ha attratto per l’ennesima volta l’attenzione generale e i compagni si sono ben volentieri prestati alle richieste di foto e video provenienti dalla stampa e da molti manifestanti di ogni età.
Forti del successo di questa grande manifestazione occorre senza se e senza ma che il governo firmi subito il decreto per sciogliere Forza Nuova e simili, altrimenti Draghi vada a casa. E i vertici dei sindacati confederali, CGIL in testa, devono premere in tal senso tenendo fede almeno alla promessa fatta in piazza.
20 ottobre 2021