A Mosca
Neanche il vertice sull'Afghanistan promosso dall'imperialismo russo riconosce il governo talebano
Russia e Cina si limitano a un riconoscimento informale che intanto le favorisce per mettere le mani sul paese
La riunione straordinaria sull'Afghanistan del G20 imperialista del 12 ottobre si era conclusa senza il passo indispensabile del riconoscimento del governo di Kabul, pur con la constatazione della presidenza di turno italiana che fino ad allora sarà difficile "aiutare il popolo afghano", ossia tenere un piede in quel Paese da cui gli occupanti imperialisti dopo venti anni sono stati cacciati dalla resistenza dei talebani. Il necessario riconosciumento del legittimo governo talebano non è arrivato anche dalla terza riunione delle Consultazioni in Afghanistan, il cosiddetto Formato di Mosca, che si è tenuta nella capitale russa il 20 ottobre che si è conclusa con l'invito a riconoscere "la nuova realtà" e "interagire in modo pratico" con i talebani, al di là del loro riconoscimento formale.
Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, nell'intervento che ha aperto i lavori, spiegava che il Cremlino "riconosce" gli sforzi della nuova amministrazione afghana per "stabilizzare la situazione dal punto di vista militare e politico” ed è soddisfatto del livello degli attuali rapporti con il nuovo governo dell'Afghanistan. Il passaggio verso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche e il riconoscimento del governo talebano, precisava Zamir Kabulov, l'inviato presidenziale russo per l'Afghanistan, avverrà solo quando saranno soddisfatte la maggior parte delle aspettative degli altri paesi riguardo "in materia di diritti umani e di rappresentatitvità". O meglio ancora quando Mosca avrà la garanzia che l’Afghanistan non diventi base di appoggio per azioni contro i Paesi vicini, visto che "i gruppi terroristici dello Stato Islamico e Al-Qaeda cercano di approfittare dell'instabilità del Paese", chiariva Lavrov.
L'imperialismo russo formalmente considera fuorilegge il movimento talebano, che assieme alle altre organizzazioni della resistenza afghana pose fine nel 1989 alla decennale occupazione delle truppe di Mosca e contribuì a spingere al tracollo il già agonizzante regime revisionista. Il nuovo zar del Cremlino Putin ha ripreso le ambizioni dell'imperialismo russo e non ha perso certo l'occasione di sfruttare le debolezze del concorrente imperialismo americano nella regione per prenderne il posto, anche a costo di riaprire le relazioni coi talebani già nel 2017.
Quella del 20 ottobre a Mosca era la terza riunione del gruppo costituito dagli inviati speciali di sei paesi, Russia, Afghanistan, India, Iran, Cina e Pakistan, riunito per la prima volta il 14 aprile 2017 con la presenza anche dei rappresentanti delle repubbliche nate nella regione dallo scioglimento dell'Unione sovietica, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan. A Mosca per la prima volta ha partecipato ai lavori il governo talebano con una delegazione guidata dal vice premier Abdula Salam Hanafi e dal ministro degli Esteri, Amir Khan Muttaki.
"Vogliamo relazioni con i Paesi vicini, la regione e il mondo, che si basino sul principio del rispetto della sovranità nazionale e del rispetto reciproco", dichiarava Hanafi, che chiedeva ancora una volta agli Stati Uniti di "scongelare le riserve della Banca centrale dell'Afghanistan" tenute negli Usa, l'illegale sequestro che Biden perpetua mentre ciancia di aiuti umanitari al popolo afghano. La riunione tra le altre sottolineava "che l'onere maggiore" degli aiuti alla ricostruzione "deve essere sostenuta dai Paesi i cui contingenti militari sono stati presenti in questo Paese oltre 20 anni" e si aggiornava al prossimo appuntamento in programma il 10 novembre in India.
Putin e Xi pur corteggiati da Draghi avevano disertato la riunione straordinaria sull'Afghanistan del G20, Biden ricambiava lo sgarbo ignorando l'invito alle riunioni preparatorie dell'incontro di Mosca da parte, tra le altre, del gruppo che Lavrov chiamava la troika allargata, tra Russia, Stati Uniti, Cina e Pakistan. A conferma del sempre più acceso scontro anche tra il Cremlino e la Casa Bianca che aveva appena registrato l'annuncio del ministro degli Esteri russo sulla decisione di Mosca di rompere i rapporti diplomatici ufficiali con la Nato e chiudere a partire dall'1 novembre l'ufficio informazioni della Nato a Mosca, creato presso l'ambasciata del Belgio. Una rappresaglia per la fresca decisione della Nato di revocare l'accreditamento di otto funzionari della missione russa presso l'Alleanza, accusati di essere delle spie.
27 ottobre 2021