Sciopero nazionale dell'acciaio, a rischio 60mila lavoratori del settore siderurgico
Manifestano a Roma gli operai di Taranto e Piombino
In Italia sono 60mila i lavoratori della siderurgia a rischio, tra diretti e indiretti, tra gli stabilimenti ex Ilva, ora Acciaierie d'Italia, di Taranto, Genova, Novi Ligure, Racconigi e Marghera e le acciaierie di Piombino, attualmente in mano agli indiani di Jindal (JSW). E questo malgrado il settore sia in una congiuntura favorevole grazie ad una forte domanda di acciaio dopo il picco negativo dovuto alla pandemia e, a livello mondiale, la produzione sia in ripresa.
Di fronte a questo scenario, le preoccupazioni dei lavoratori e dei sindacati non possono che aumentare, anche perché il Governo del banchiere massone Draghi, così celere nel regalare soldi alle aziende, non lo è altrettanto quando si tratta d'imporre interventi che salvaguardino l'occupazione e l'ambiente, tanto che al di là delle promesse, non si registra nessuna novità sui piani industriali, né sul Piano nazionale sulla siderurgia. Stabilimenti senza investimenti e manutenzioni, con tanto di rischi sulla sicurezza sul lavoro, migliaia di lavoratori da anni in cassa integrazione, tanti altri con stipendi ridotti al minimo, o nulli, come nel caso di circa 4mila dipendenti degli appalti.
Cgil-Cisl-Uil hanno deciso finalmente che era l'ora di accelerare con la mobilitazione. Il 10 novembre hanno indetto lo sciopero della siderurgia e organizzato una manifestazione a Roma. Il corteo si è concentrato davanti alla stazione Termini da dove sono partiti centinaia di lavoratori, passando per il Ministero dell'Economia fino a quello dello Sviluppo Economico. Al Mise il ministro leghista Giancarlo Giorgetti non si è fatto vedere perché era all'Expo in Medio Oriente a decantare “la fierezza della genialità” imprenditoriale italiana.
“Da Giorgetti soltanto bla bla bla, se ne è andato a Dubai, intanto continua a non darci risposte”, hanno attaccato i lavoratori. I sindacati hanno contestato il ministro e tutto l’esecutivo: “Su Arcelor Mittal non sono stati in grado di darci una data per la convocazione del tavolo, se non ci comunicheranno l’incontro, torneremo a Roma con 5mila persone e continueremo la mobilitazione”. A ricevere i sindacati è stata così la viceministra dello Sviluppo economico, Alessandra Todde, che convocherà un tavolo su Jsw Piombino i primi giorni di dicembre, mentre il 7 gennaio scadono gli ammortizzatori sociali e non si sa ancora cosa succederà.
A Roma il grosso dei manifestanti era rappresentato dai lavoratori delle acciaierie di Taranto e della Jsw di Piombino, i due grandi stabilimenti che rappresentano il cuore della siderurgia italiana e dove si rischiano migliaia di posti di lavoro. Non mancavano le combattive delegazioni dagli altri siti produttivi ex Ilva, come quello di Novi Ligure (Genova), e degli operai degli Acciai Speciali di Terni.
Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm denunciano che attualmente lo stabilimento di Taranto è ai “livelli più bassi di produzione”. Secondo i numeri forniti dai sindacati a Taranto ci sono ora 2.300 lavoratori diretti di Arcelor-Mittal in cassa integrazione ordinaria più altri 1.600 in carico a Ilva anch'essi in cassa ma straordinaria. Inoltre ci sono i 4mila dell'indotto, i più esposti e più bistrattati, visto che si registrano ritardi nei pagamenti delle fatture da parte di Acciaierie d'Italia alle imprese “satelliti”.
A Genova sono in cassa integrazione altri 200 a rotazione, più altri 280 di Ilva in amministrazione straordinaria. A Genova, nonostante la richiesta del mercato, si producono circa 700mila tonnellate contro un milione di tonnellate che si possono produrre. A Novi Ligure ci sono 100 lavoratori in meno nell'organico rispetto agli accordi e 200 sono collocati in cassa. Novi Ligure ha potenzialità produttive per 1,100 milioni di tonnellate ma ne produce solo 700mila.
Drammatica la situazione a Piombino, in provincia di Livorno. Lo stabilimento marcia a ritmo ridotto, subordinato all'arrivo di materie prime. Più volte è stato annunciato il forno elettrico dopo lo stop dell'altoforno avvenuto ad aprile 2014, sono stati ventilati nuovi piani e progetti ma il forno elettrico ancora non c'è. Jindal, che ora possiede gli stabilimenti ex Lucchini, continua a promettere investimenti, ma ancora non si vede nulla. L'ultima data per Piombino e ora quella del 30 di novembre, ma i lavoratori temono che sarà come tutte le altre, disattesa.
"Non è accettabile lasciare in mano lo stabilimento a Jsw, con lo Stato come bancomat solo per saldare i debiti contratti ed evitarne il fallimento” denuncia il “Coordinamento Art.1- camping CIG”, il comitato di lavoratori e cittadini che non si rassegna al declino industriale di Piombino. “Dobbiamo prendere atto che lo Stato è oggi l’unico interlocutore capace di risolvere positivamente la vicenda acciaierie insieme alla soluzione dei problemi di tutto il nostro territorio riconosciuto Sin ed area di Crisi Industriale Complessa.... secondo noi solo lo Stato con o senza partner privato in minoranza potrà guidare le nuove acciaierie".
I dirigenti dei sindacati metalmeccanici hanno portato a Roma la rabbia degli operai: “non sappiamo nulla, siamo in mano alle multinazionali e il governo non dice neppure una parola, è uno scandalo, rinviano l’incontro di giorno in giorno. Ma i lavoratori sono stanchi di promesse, di incontri mai fatti e di non conoscere il loro presente e il loro futuro”, ha rivendicato Francesca Re David, segretaria generale Fiom Cgil. Secondo Rocco Palombella, della Uilm, “due realtà come l’ex Ilva e Piombino sono state regalate a gruppi industriali indiani, che sono venuti in Italia, continuano a conservare la produzione nel proprio paese e hanno una sola missione: bloccare gli stabilimenti e continuare a produrre nel loro paese. Arcelor Mittal è il secondo gruppo mondiale per produzione. E tutto mentre il governo resta silente”.
I sindacati chiedono a gran voce un Piano nazionale della siderurgia che abbia lo scopo di rilanciare le acciaierie portando a termine gli interventi di messa in sicurezza degli impianti per chi ci lavora e per chi abita nelle vicinanze, salvaguardare l'occupazione nel settore dell'acciaio, preveda interventi dello Stato togliendo la direzione a gruppi industriali privati che mirano solo ad affossare stabilimenti specializzati in lavorazioni strategiche come quella della produzione di rotaie e di materiale per l'automotive.
17 novembre 2021