Per corruzione in atti giudiziari
Arrestato Laghi, ex commissario dell'Ilva: “Corruppe il pm Capristo”
Ha usato magistrati, faccendieri, avvocati e consulenti per coprire le inadempienze e favorire la vendita dell'azienda ai privati. Coinvolto Amara
Un patto corruttivo per limitare i guai giudiziari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, accrescere il proprio prestigio personale e favorire la vendita ai privati. Era questo a legare l’ex commissario straordinario Enrico Laghi e l’ex procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, con l’intermediazione e la complicità di avvocati e poliziotti come Piero Amara e Filippo Paradiso. Stavolta è toccato a Laghi essere arrestato e posto ai domiciliari su ordine del gip del Tribunale di Potenza per le vicende legate alla sua gestione del siderurgico tarantino.
Il suo arresto è uno sviluppo dell'indagine che lo scorso 8 giugno aveva portato a misure cautelari nei confronti dell’avvocato siciliano Pietro Amara (carcere), dell’avvocato di Trani, Giacomo Ragno (arresti domiciliari), del poliziotto Filippo Paradiso (carcere), e dell’ex consulente di Ilva in amministrazione straordinaria, Nicola Nicoletti (domiciliari). In quell'occasione era scattato l'obbligo di dimora anche per Carlo Maria Capristo, già procuratore della Repubblica di Taranto, e ora in pensione.
Amara è la stessa persona protagonista alcuni mesi fa delle rivelazioni sulla “loggia Ungheria”, ossia sull'esistenza di una loggia massonica segreta in stile P2 capace di condizionare i processi e le nomine nella magistratura e in altri settori. Rivelazioni a quanto pare veritiere, come dimostra questa inchiesta. Lo stesso avvocato massone è implicato in molteplici indagini giudiziarie e già condannato per illeciti commessi in Sicilia e a Roma e per aver corrotto magistrati nelle Procure e al Consiglio di Stato. È accusato dal sostituto procuratore Paolo Storari anche per un caso di evidente malaffare riguardante episodi di depistaggio nell'ambito delle inchieste sulle vicende Eni-Nigeria.
Questo “galantuomo” è stato consulente legale di Ilva quando l’azienda era in amministrazione straordinaria (AS), gestita dai commissari nominati dal Mise sotto il governo del ducetto democristiano Renzi. e, in tale veste, avrebbe avuto rapporti con l'allora procuratore di Taranto Capristo. L’inchiesta esplosa a giugno ha riguardato un presunto scambio di favori nell’ambito di procedimenti per l’ex Ilva e anche un patteggiamento chiesto dall’azienda dell’acciaio quando era in mano ai commissari. Corruzione in atti giudiziari, concussione, favoreggiamento, abuso di ufficio, sono stati reati allora contestati.
In sostanza, secondo la Procura, il capo del Tribunale di Taranto Capristo “a fronte della garanzia di una gestione dei numerosi procedimenti ed indagini in cui era coinvolta Ilva in AS (sia come persona giuridica che in persona dei suoi dirigenti) complessivamente favorevole a tale azienda ed ai suoi dirigenti, otteneva in cambio, da Laghi e Nicoletti favori materiali”. Secondo le accuse della Procura lucana, il patto corruttivo ha anche riguardato sia le indagini successive alla morte dell'operaio Giacomo Campo nel siderurgico, avvenuta nel 2016, sia la richiesta di patteggiamento presentata da Ilva nell'iter del processo “Ambiente Svenduto”, richiesta assecondata da Capristo, ma poi respinta dall'organo giudiziario competente.
Per la Procura di Potenza questa accondiscendenza del Tribunale di Taranto “rafforzava il prestigio professionale e la capacità di Enrico Laghi di essere considerato negli ambienti governativi ed economici, manager capace di risolvere le situazioni più complesse”. Allo stesso tempo Amara e Nicoletti, nelle loro vesti di legale il primo e consulente “factotum” della AS il secondo, di conquistarsi la fama di professionisti capaci più di altri di interloquire con la Procura di Taranto e consolidare il proprio rapporto fiduciario con i commissari di Ilva in AS “ed ampliare in futuro il loro ruolo all'interno di tale azienda”.
Capristo vendeva stabilmente a Laghi, Amara e Nicoletti, la propria funzione giudiziaria, e loro contraccambiavano. Abusando delle loro rispettive qualità di Commissario straordinario e gestori di fatto delle acciaierie, “condizionavano i dirigenti Ilva sottoposti a procedimenti penali presso l’autorità giudiziaria di Taranto affinché conferissero una serie di incarichi difensivi all’Avvocato Ragno Giacomo, alter ego del Capristo, come avvenuto per ben 4 mandati difensivi (conferiti al Ragno da De Felice Salvatore e Cola Ruggero, dirigenti Ilva in AS, che fruttavano parcelle per complessivi euro 273.000 circa)”. Per questo motivo a Laghi è stato effettuato il sequestro preventivo di tale cifra.
L'ex Commissario non era quindi una semplice pedina, ma un manovratore. “All’Ilva non si muoveva un dito se non era Enrico Laghi a decidere” afferma Amara, e lacune frasi del suo interrogatorio lo confermano. “Laghi aveva rapporti diretti col premier (Renzi ndr) e la famiglia Riva”, “mentre io ho sempre avuto rapporti con Bacci-Lotti, (tirapiedi di Renzi ndr)”. “Anche i decreti concordavano -continua Amara- c’erano dei decreti che faceva Renzi, di volta in volta…mi ricordo che proprio Laghi ha materialmente scritto uno dei decreti”.
Tirando le somme, il commissario straordinario dell'ex ILVA e il capo del Tribunale di Taranto del tempo, assieme a uno stuolo di manager, avvocati, rappresentanti delle “forze dell'ordine”, si sono adoperati per nascondere le inadempienze dell'acciaieria sul piano ambientale e della sicurezza, compresa la morte sul lavoro di un operaio. Lo scopo era quello di rendere il siderurgico presentabile e appetibile al compratore privato, che poi è arrivato con Arcelor-Mittal. Il tutto senza disdegnare il proprio tornaconto personale e dei propri amici, in termini di avanzamenti di carriera, di favori e di remunerative prestazioni professionali.
Tutto questo non avveniva per l'iniziativa di un gruppo isolato di faccendieri, ma con il concorso e la copertura del Governo e del suo premier di allora, Renzi. A rimetterci la salute e la sicurezza della popolazione di Taranto e dei lavoratori dell'ex Ilva.
1 dicembre 2021