Anche se la piattaforma rivendicativa non è soddisfacente
Viva lo sciopero generale Cgil e Uil. Si associno i sindacati di base
Manifestazioni a Roma, Bari, Milano, Cagliari e Palermo
Finalmente le segreterie della Cgil e della Uil si sono decise a proclamare lo sciopero generale, di fronte alla sordità e all'arroganza del governo del banchiere massone Draghi, che nella manovra di Bilancio da 30 miliardi ne elargisce oltre la metà alle imprese, tra finanziamenti diretti e indiretti, mentre lascia ai lavoratori e ai pensionati, che pagano il 90% dell'Irpef e che per l'85% stanno sotto i 28 mila euro di reddito, solo le briciole di una “riforma” fiscale congegnata a beneficio soprattutto delle fasce di reddito sopra i 40-50 mila euro. E non stanzia neanche un euro per combattere la scandalosa evasione fiscale da oltre 100 miliardi di euro.
Come hanno annunciato i due segretari Murizio Landini e Pierpaolo Bombardieri nella conferenza stampa del 7 dicembre, lo sciopero sarà di 8 ore il 16 dicembre, con una manifestazione nazionale a Roma in Piazza del Popolo, e altre quattro manifestazioni regionali che si svolgeranno a Palermo, a Cagliari, a Bari e a Milano. Saranno esclusi i lavoratori della sanità e delle Rsa per via dell'emergenza covid. Si è dissociata invece la Cisl di Luigi Sbarra, dichiaratosi “soddisfatto dei risultati ottenuti” nella trattativa col governo, accusando le altre due confederazioni di aver preso una decisione “frutto di una valutazione esasperata e distorta”, che può “infiammare le relazioni sociali, trasformando i luoghi di lavoro in un campo di battaglia”. Ancora una volta questo sindacato corporativo e collaborazionista si dimostra il più fedele puntello della politica governativa filopadronale facendosi suo strumento per spaccare il movimento dei lavoratori. Tant'è vero che ha persino convocato una contromanifestazione pro Draghi per il 18 gennaio.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso spingendo Landini e Bombardieri verso lo sciopero generale è stata l'essersi visti presentare da Draghi e dal ministro dell'Economia Franco una tale proposta di “riforma fiscale” regressiva, così com'era uscita dai partiti che sostengono il governo e non più modificabile, e che dei già esigui 8 miliardi stanziati ne destinava 1 a cancellare l'Irap alle imprese individuali e gli altri 7 ad alleggerire le fasce medio-alte e a ridurre la progressività, lasciando a bocca asciutta la grande maggioranza dei lavoratori e pensionati. Mentre Cgil, Cisl e Uil chiedevano invece di destinare tutti gli 8 miliardi a ridurre le tasse a lavoratori e pensionati delle fasce più basse attraverso l'aumento delle detrazioni e la decontribuzione.
Decisione giusta anche se tardiva e presa a malincuore
Ma non c'era solo lo schiaffo in faccia sul fisco. A lasciare i sindacati confederali col cerino in mano avevano contribuito – come gli stessi Landini e Bombardieri sottolineavano nel comunicato sullo sciopero generale - anche il rinvio della promessa trattativa sulle pensioni (che riguarda solo il 2023, dato che per l'anno prossimo Draghi e Franco hanno concesso solo 600 milioni da distribuire tra Opzione donna e Ape social), per non parlare della legge per contrastare le delocalizzazioni, di cui si sono perse le tracce, e di altre importanti partite avanzate dai sindacati e completamente ignorate dal governo come la scuola, la sanità pubblica, le politiche industriali, il contrasto alla precarietà, soprattutto di giovani e donne, la non autosufficienza.
Di fronte a tanta indifferenza e arroganza da parte di Draghi e dei partiti che lo sostengono Landini e Bombardieri non hanno più potuto tergiversare come avevano fatto dopo la presentazione della legge di Bilancio, quando insieme a Sbarra si erano limitati a proclamare una serie di iniziative a carattere regionale e locale, al posto dello sciopero generale. Una risposta invece sempre più invocata da milioni di lavoratrici e lavoratori in tutto il Paese, che stanno pagando duramente una “ripresa” economica in cui la nuova occupazione è per l'80% fondata su contratti a termine, in somministrazione, a chiamata e altre forme di precariato, e che dalla fine del blocco dei licenziamenti vede moltiplicarsi le chiusure di fabbriche importanti quasi sempre per delocalizzazione. Non per nulla la Fiom e la Cgil e la Uil della scuola avevano già deciso autonomamente di scioperare il 10 dicembre. Anche il successo del No Draghi day del 4 dicembre proclamato dai sindacati di base ha contribuito a spingere verso lo sciopero generale.
Lo stesso Bombardieri ha dovuto ammettere che nel corso delle manifestazioni regionali delle scorse settimane “girando nelle piazze e nei luoghi di lavoro la gente ci ha chiesto di fare di più. È per questo motivo che scioperiamo”. E che si tratti di una decisione tardiva e pure presa a malincuore, per non rischiare di essere scavalcati e delegittimati dalla rabbia e dalla volontà di lotta delle masse lavoratrici, lo dimostra il fatto che nel momento stesso che annunciavano lo sciopero generale, Landini e Bombardieri si dicevano pronti a riprendere le trattative con Draghi e il suo governo, dei quali apprezzavano peraltro “lo sforzo e l'impegno” attribuendo la responsabilità della rottura più che altro ai partiti che li sostengono. Per Bombardieri anche prima del 16 dicembre (“nel caso, valuteremo nel merito... da parte nostra non ci sono pregiudiziali o chiusure”, dichiarava infatti al Corriere della Sera
del 12 dicembre); e anche Landini si diceva disponibile “a riprendere il confronto in qualunque momento”, a patto che ci fossero “cambiamenti”. C'è da aspettarsi perciò che subito dopo lo sciopero cercheranno di riaccendere la sciagurata e inconcludente politica concertativa con Draghi.
Canea politico-mediatica contro lo sciopero
Ma per quanto i due segretari confederali abbiano cercato in tutti i modi di presentarlo come un passo obbligato e preso quasi a malincuore, e perfino fatto balenare di essere pronti a revocarlo al minimo “segnale” di Draghi, lo sciopero generale, che non era stato più proclamato da quello contro il Jobs act di Renzi (anch'esso senza la partecipazione della Cisl) ha scatenato lo stesso la reazione furiosa e isterica del governo, dei partiti e dei mass-media del regime neofascista, per lo più prendendo a pretesto il momento “inopportuno” della pandemia in risalita. Salvini lo definiva “folle, assurdo, irresponsabile”; IV gli faceva eco definendolo “una pura follia a danno degli interessi del Paese”. Persino il PD prendeva le distanze con il silenzio di Letta, prima di arrivare a dichiararsi “sorpreso”, così come il ministro Orlando. Anche Draghi lasciava trapelare tutta la sua irritazione, con un comunicato di Palazzo Chigi in cui si sottolineava: “la manovra è fortemente espansiva e il governo ha sostenuto lavoratori pensionati e famiglie con fatti, provvedimenti e significative risorse”.
Si è mossa pure la commissione di Garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali per cercare di bloccarlo, con il suo presidente Giuseppe Santoro Passarelli che ha ingiunto a Cgil e Uil di “riprogrammarlo” perché a suo dire ci sarebbero già troppi scioperi intorno a quella data, violando il principio di “rarefazione oggettiva”, non rispetterebbe il “periodo di franchigia” per i servizi di igiene ambientale e violerebbe persino il regolamento postale perché il 16 va pagata la rata dell'Imu. Cgil e Uil hanno confermato la data del 16 garantendo “il pieno rispetto delle norme che regolamentano il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali”, a suo tempo da essi sciaguratamente firmate; e così non potranno partecipare allo sciopero i lavoratori dei servizi di igiene ambientale, quelli della scuola e i lavoratori delle Poste addetti agli sportelli.
Partecipare per non dividere le forze antidraghiane
Tutto ciò dimostra semplicemente che lo sciopero generale è un'arma potente che fa ancora paura alla classe dominante borghese e ai governi e ai partiti al suo servizio. Perciò salutiamo con gioia la proclamazione dello sciopero generale del 16 dicembre, anche se non siamo d'accordo con la piattaforma di tipo rinunciatario e concertativo dei vertici sindacali confederali. In particolare noi rivendichiamo il lavoro e il blocco dei licenziamenti e non siamo d'accordo sulla richiesta di “revisione” della Fornero per una maggiore “flessibilità in uscita”, mentre essa va abolita in toto insieme al meccanismo
contributivo truffaldino per tornare al sistema retributivo. La pensione deve arrivare a 60
anni per gli uomini e a 55 anni per donne e inoltre devono essere aumentate le pensioni medio-basse oltre che i salari.
Così come non basta “contrastare la precarietà” ma occorre rivendicare il lavoro a tempo indeterminato per tutti i disoccupati, in particolare alle donne e ai giovani, appoggiare con tutte le forze i lavoratori della Gkn, della Whirlpool e delle altre aziende in lotta contro chiusure e delocalizzazioni fino al ritiro dei licenziamenti e alla ripresa dell'attività, anche attraverso le nazionalizzazioni, ripristinare il blocco dei licenziamenti, dare 1.200 euro al mese a chi è senza lavoro.
Occorre lottare anche per respingere il decreto sulla concorrenza di Draghi che privatizza i beni e servizi pubblici e l'”autonomia differenziata
” in qualsiasi forma, per una vera ed effettiva progressività nella tassazione dei redditi, con una lotta senza quartiere all'evasione e all'elusione fiscale, l’unicità di imposta per tutte le fonti di reddito e la completa esenzione dei redditi sotto i 25 mila euro indicizzati. E occorre inoltre rivendicare che tutte le risorse del PNRR siano indirizzate a forti investimenti per scuola, sanità, trasporti, previdenza, casa, servizi sociali, sviluppo del Mezzogiorno, sicurezza sul lavoro.
Ma è proprio per far affermare questa linea rivendicativa nel movimento dei lavoratori e sindacale che occorre partecipare allo sciopero generale del 16 dicembre e far sì che abbia successo assestando un duro colpo al governo del banchiere massone Draghi al servizio del regime capitalista neofascista e a tutti i suoi reggicoda. Non siamo d'accordo perciò con l'atteggiamento settario dei sindacati di base, che hanno scelto di ignorare completamente l'evento addirittura affermermando che “non ci interessa e non ci riguarda”. Auspichiamo invece la loro partecipazione proprio per non lasciare campo libero alla linea concertativa e collaborazionista dei vertici confederali e per non dividere le forze al fine di assicurare la vittoria delle rivendicazioni dei lavoratori.
Occorre prendere coscienza che con le divisioni sindacali e la separazione dei lavoratori più avanzati da quelli meno avanzati non si riesce a dispiegare tutta la forza delle masse lavoratrici e migliorare più di tanto le loro condizioni economiche e sindacali. E che in prospettiva occorre sciogliere tutti gli attuali sindacati e costituire un sindacato unico delle lavoratrici e dei lavoratori e delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla democrazia diretta e le Assemblee generali.
Basta con i divieti di manifestare.
Lottiamo per il socialismo e il potere politico del proletariato
15 dicembre 2021