Sfidando il socialimperialismo cinese e l'imperialismo russo
I governanti imperialisti alleati degli Usa a colloquio per "definire la direzione del mondo"
Cina e Russia: "Biden sta dimostrando una mentalità da guerra fredda che alimenta la spaccatura nel mondo"
Bugie di Draghi sui risultati del suo governo

 
Con due interventi stracolmi di retorica imperialista a favore della democrazia borghese, il presidente americano Joe Biden ha aperto e chiuso il Summit per la Democrazia, il vertice tenuto in videoconferenza il 9 e 10 dicembre col quale ha inteso ribadire la leadership Usa nel campo occidentale e la volontà di lanciarlo nella sfida ai concorrenti socialimperialismo cinese e imperialismo russo per "definire la direzione del mondo". Un appuntamento che Biden vorrebbe ripetere a scadenza annuale.
Più che i proclami rimbalzati nella due giorni di incontri virtuali tra 110 governanti imperialisti alleati degli Usa e altre personalità sulle promesse di definire un progetto di lavoro comune si dice su lotta alla corruzione, sfida all’autocrazia e promozione dei diritti umani, parla la stessa scelta dei partecipanti che tra le altre ha visto escluso l'impresentabile Ungheria di Viktor Orban ma non quella Polonia che segue la stessa politica ma che è attiva in prima linea nel confronto con la Russia. Più che la corrispondenza ai principi della democrazia borghese secondo i parametri stabiliti inderogabilmente dalla Casa Bianca, la presenza al vertice è dipesa dall'utilità attuale di ciascun paese agli interessi dell'imperialismo americano e a dare lucido al suo ritorno nel ruolo di paladino della democrazia. Contro i nemici Cina e Russia.
Ci sarebbero continue e allarmanti sfide alla democrazia e ai diritti umani universali, attaccava con un lungo pistolotto Biden nel discorso di apertura dei lavori il 9 dicembre dopo l'immancabile riferimento al Dio cattolico creatore di donne e uomini con uguali diritti, per colpa non certo del capitalismo e dell'imperialismo ma di fantomatici autocrati. E chiamava a raccolta gli alleati per "difendere i valori che ci uniscono", ossia la giustizia e lo stato di diritto, la libertà di parola, la libertà di riunione, la libertà di stampa, la libertà di religione e via dicendo.
Su ciascuno di questi capitoli c'è una lista di violazioni tanto lunga e in costante aggiornamento in tutti i paesi capitalisti presenti alla conferenza, a partire dagli Usa del capofila Biden, e tanto basterebbe per confermare la spudorata ipocrisia imperialista degli assassini dei diritti dei popoli che cercano di passare per eroi. Si pensi, solo per fare un piccolo esempio di che pasta è fatta la democrazia che l'imperialismo americano esporta in tutto il mondo, che in quegli stessi giorni gli Usa ottenevano dalla compiacente Alta corte britannica la testa di Assange, destinato a essere estradato negli Usa dove verrà processato per spionaggio (su di lui pesano 18 capi di imputazione e rischia 175 anni di galera) per il “delitto” di aver fatto conoscere al mondo intero rapporti e documenti ufficiali americani sulla guerra in Afghanistan e in Iraq, sulla detenzione illegale di oppositori a Guantanamo Bay e sulle prove inoppugnabili che dimostrano come i crimini di guerra siano stati spacciati come “involontarie” stragi di civili.
Quando il presidente americano sostiene l'impegno comune a "rendere le nostre democrazie migliori" e a agire rest facile rispondere che poteva già farlo nel suo paese contro il razzismo o contro gli attacchi al diritto di aborto, e non ha mosso un dito, mentre ha agito si ma per cacciare i migranti alla frontiera col Messico. E alla compiacente platea virtuale della conferenza pensa di farsi bello sbandierando che il sio primo ordine esecutivo firmato era stato per promuovere la giustizia e l'uguaglianza razziale. Firmato e messo in un cassetto ben chiuso a chiave.
Siccome il confronto con i rivali imperialisti per il dominio del mondo non può viaggiare nello stesso modo a colpi di propaganda, Biden annunciava una nuova iniziativa presidenziale per "sostenere la resistenza democratica e i diritti umani a livello globale", con lo stanziamento di oltre 400 milioni di dollari nel 2022 per programmi di assistenza estera per il sostegno all'informazione indipendente, alla lotta alla corruzione, alla promozione della tecnologia e di elezioni libere e corrette. Secondo i parametri dell'imperialismo americano.
Scontato e indispettito il commento critico dei principali esclusi dal summit, Cina e Russia, partito fin dalla convocazione dell'evento. "Biden sta dimostrando una mentalità da guerra fredda che alimenta la spaccatura nel mondo", sottolinevano gli ambasciatori cinese e russo negli Stati Uniti, Qin Gang e Anatoly Antonov in un articolo congiunto affidato il 26 novembre al The National Interest, una rivista americana di area repubblicana di politica estera e relazioni internazionali della quale il macellaio e premio nobel per la pace Kissinger è presidente onorario.
Il rappresentante del nuovo imperatore cinese Xi Jinping scriveva che la Cina è "una democrazia socialista estesa e completa", quello del nuovo zar del Cremlino Vladimir Putin che "la democrazia è il principio fondamentale del suo sistema politico", sorvolando sulle modifiche costituzionali volute dai due leader per restare a vita sulla poltrona presidenziale. E da tale pulpito ricordavano agli Usa che sbandierare il cosidetto "ordine internazionale basato sulle regole senza fare riferimento all'Onu e al diritto internazionale e tentare di sostituire le regole internazionali con i dettami di alcuni blocchi rientra nella categoria del revisionismo ed è ovviamente antidemocratico". La controproposta di Cina e Russia era quella di non usare la "diplomazia basata sui valori per provocare divisione e confronto" ma "praticare il rispetto reciproco e la cooperazione, lavorare per una coesistenza armoniosa tra paesi con diversi sistemi sociali, ideologie, storie, culture e livelli di sviluppo". Una coesistenza armoniosa anche essa di facciata per rendere meno evidente un confronto sempre più forte, dall'Ucraina al Mar Cinese Meridionale.
In piena sintonia col padrino americano si è mostrato il presidente del consiglio Mario Draghi che ha sciorinato con un'ineguagliabile faccia di bronzo una sequela di bugie sui risultati del suo governo, dimostrando di non essere secondo a nessuno nel vendere fumo e a presentare come successi a favore delle masse popolari quelli che sono i soliti regali esclusivi che i governi riservano ai capitalisti.
L'imposizione del Green pass ai lavoratori la chiamava un "bilanciamento" tra le libertà individuali e la sicurezza collettiva; si regalava una larga sufficienza con un "siamo stati all’altezza" della sfida della pandemia nel "garantire la prosperità durante una forte recessione" a fronte di una lista sempre più lunga di chiusure e licenziamenti che passano senza colpo ferire sotto il naso del leghista Giorgetti all'Economia e del piddino Orlando al Lavoro e che assicurano prosperità ai fondi di investimento, alle multinazionali e ai capitalisti e non certo ai lavoratori sbattuti fuori con un sms, una email o una "regolare" procedura di confronto sindacale che hanno lo stesso risultato.
Sbandierava come foriero di risultati positivi il programma europeo Next Generation EU appena parzialmente avviato, cui aggiungeva una sequela di altre promesse mirabolanti tra le quali "abbiamo trasformato la pandemia in un’opportunità per colmare le disuguaglianze di lunga data", per chiudere con una certezza "in sintesi, abbiamo puntato forte sulle generazioni future". Sulle quali ricadrà certamente l'onere di pagare il debito dei prestiti europei.
Se forse può bastare alla Ue per aprire i cordoni della borsa l'affermazione sui nuovi meccanismi introdotti "per garantire la prevenzione di frodi e corruzione e per assicuraci di spendere i fondi con integrità e trasparenza", Draghi è palesemente bugiardo quando annunciava di aver "stabilito dei piani d’azione nazionali per favorire ulteriormente l’uguaglianza di genere e l’inclusione sociale. E per combattere tutte le forme di intolleranza e discriminazione, comprese quelle fondate sull’orientamento sessuale", vedi la esemplare vicenda del ddl Zan abbandonato allo scontro fra bande dei partiti della sua maggioranza. Sfiorava il ridicolo quando tentava di spacciare il fallimento del recente G20 con un successo perché avrebbe "ottenuto progressi importanti in molti settori, dalla lotta ai cambiamenti climatici alla tassazione equa delle multinazionali". E alla confuciana maniera di Xi concludeva dichiarandosi fedele all'impegno "all’equità e la prosperità economica per tutti".

15 dicembre 2021