L'Italia finanzia le trivelle nell'Artico
Draghi si rimangia la firma allo stop ai progetti inquinanti entro il 2022
Alla Cop26 di Glasgow l'Italia, e per essa Mario Draghi in persona, si era solennemente impegnata insieme ad altri numerosi Paesi, lo scorso 4 novembre, a non concedere più sussidi pubblici per costruire all’estero impianti per estrarre o bruciare gas, petrolio e carbone, cessando così di finanziare tali progetti entro il 2022.
La firma di Draghi sul trattato internazionale avrebbe dovuto impegnare l'Italia a mettere un freno alle ambizioni di importanti aziende italiane che da tempo vorrebbero entrare nel progetto russo ' Arctic Lng 2', con il quale la Russia punta a competere con gli Stati Uniti nel mercato mondiale del gas liquefatto attraverso l'estrazione di gas e petrolio nella parte settentrionale della Siberia, al Circolo Polare Artico.
L'affare fa gola alle italiane Saipem, che già ha iniziato a lavorare al progetto, e a Intesa Sanpaolo, che tuttavia ha sempre aspettato lo sblocco della garanzia pubblica di 500 milioni di euro da parte della SACE spa, società controllata dalla Cassa Depositi e Prestiti, la quale non può prestare la garanzia se il governo italiano non la autorizza.
La società russa Novatek, titolare della progettazione di 'Artic Lng-2', ha scelto da almeno due anni e mezzo Intesa Sanpaolo come istituto bancario privilegiato anche grazie ai buoni rapporti tra il governo russo e il gruppo finanziario torinese, che dovrebbe concedere almeno 500 milioni di euro alle società coinvolte nel progetto, a condizione che l'Italia fornisca per tale importo una garanzia pubblica.
Mentre l’Italia annunciava impegni per interrompere sussidi pubblici diretti per progetti internazionali legati ai combustibili fossili, però, i dirigenti della SACE spa comunicavano a Giorgio Starace, ambasciatore italiano in Russia, la disponibilità a fornire la copertura assicurativa per il progetto russo: “SACE
– si legge in una nota ufficiale pubblicata sul proprio sito - ha ricevuto domanda di copertura assicurativa per il progetto “Arctic LNG 2”, che riguarda lo sviluppo e costruzione di un impianto di estrazione di gas naturale, incluse strutture per la produzione, stoccaggio e trasporto di gas naturale liquefatto (LNG), da realizzarsi nella penisola di Gydan – West Siberia (Federazione Russa)
”.
È la prova che il governo italiano ha dato il via libera, tramite la copertura assicurativa fornita dalla controllata di Cassa Depositi e Prestiti, alle imprese italiane, e la notizia è stata confermata anche dall'ambasciatore italiano in Russia in un'intervista all'agenzia di stampa russa Interfax.
Secondo un rapporto del settembre 2021 di Reclaim Finance, oggi ci sono 599 campi di estrazione di gas e petrolio nell’Artico, alcuni in produzione, altri in esplorazione che, sfruttati interamente, equivalgono al 22% del budget di emissioni disponibili al mondo per stare dentro l’obiettivo di 1,5 gradi.
Tuttavia, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea), per mantenere l’aumento della temperatura sotto 1,5°C e raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, i nuovi giacimenti vanno lasciati stare.
Ma sarà molto difficile che ciò avvenga, perchè il progetto 'Arctic lng 2', guidato dalla società russa Novateck, vede la presenza di grandi aziende come le cinesi Cnoop e Cnpc, la giapponese Mitsui, la francese Total e l'italiana Saipem oltre a una settantina di aziende minori, tutte spalleggiate dalle agenzie di credito nazionali, con l’obiettivo di estrarre gas e costruire un enorme impianto di liquefazione nella penisola di Gyda, sulle coste della Siberia nordoccidentale, da cui poi far partire le navi per venderlo in Europa e in Asia.
Il voltafaccia di Draghi contribuisce, pertanto, a rendere carta straccia le solenni scelte prese nel Cop26 e dimostra che le economie capitaliste non sono capaci di scelte lungimiranti, al contrario delle masse che già hanno preso coscienza, per ciò che riguarda il futuro del pianeta.
12 gennaio 2022