A Milano coltivazioni biologiche su terreni avvelenati di proprietà del Comune
La giunta Sala rifiuta di bonificare l'area e se ne lava le mani
Redazione di Milano
Lo scorso 8 febbraio è iniziato un processo civile contro il Comune di Milano e la società agricola CasciNet, che per conto dello stesso affitta terreni ai coltivatori. Nel Parco Agricolo Sud, in terreni di proprietà del Comune e dati in affitto per la coltivazione di prodotti biologici sono stati ritrovati veleni come arsenico, metalli pesanti, zinco, piombo, rame, oltre che, sembrerebbe, idrocarburi e diossina.
La giunta guidata da Giuseppe “Beppe” Sala, che ha sempre parlato di “svolta green” a proposito del suo operato in campo ambientale, ne è perfettamente a conoscenza fin dal 2019 quando nel corso di un convegno scientifico alcuni professori lanciarono l'allarme ma non ha mai proceduto ad alcuna bonifica lavandosene le mani e giocando a scaricabarile con le aziende che hanno preso in affitto le aree.
Il Parco Agricolo Sud si estende per 47 mila ettari ed è una delle poche grandi zone verdi ad aver resistito alla cementificazione dopo che a metà degli anni Ottanta lo scoppio dello “scandalo delle aree d'oro” fece naufragare il tentativo dell'immobiliarista Ligresti di renderne edificabile una grossa area. A seguito di un lungo contenzioso giudiziario quell'area è passata al Comune che l'ha adibita a terreno agricolo da affittare ad aziende di prodotti biologici che ottengono oltretutto anche finanziamenti dalla Commissione europea con progetti volti a sostenere questo genere di coltivazioni.
L'allarme lanciato quando si è iniziato a parlare delle coltivazioni bio in quell'area riguardava il fatto che secondo gli esperti quei terreni, situati nel Parco della Vettabbia nella frazione di Vaiano Valle, necessitano di essere bonificati perché in quella zona defluiscono le acque del fiume Lambro e del naviglio che dà il nome al parco dopo aver attraversato zone urbanizzate piene di insediamenti industriali e in passato sono stati coltivati a marcite, cosa che poteva aver contribuito diffondere in giro veleni considerando che il primo depuratore delle acque, a Nosedo, è entrato in funzione solo nel 2003.
Le analisi fatte fare dagli stessi coltivatori hanno confermato la contaminazione dei terreni ma nonostante ne siano stati informati Comune, Regione e la ASL territoriale di competenza nessuno è intervenuto. Alcuni coltivatori hanno deciso di rinunciare e dalle carte del processo sembrerebbe che potrebbero aver avuto dal Comune una sorta di “risarcimento” attraverso il pagamento di fatture emesse per generiche attività non chiaramente identificate come nel caso della società Food Partner la cui fattura parla di “Attività svolta a vostro favore come da lettera d’incarico”, altri hanno deciso di restare nei terreni in attesa di un intervento della giunta, la quale ha però pensato bene di lavarsene le mani e anzi ha fatto inserire nel contratto d'affitto una clausola che solleva il Comune da ogni responsabilità sui prodotti coltivati.
La Città metropolitana di Milano ha però riconosciuto che l'inquinamento in quei terreni è storico, ossia è impossibile risalire a responsabili diretti, quindi la bonifica è competenza proprio del Comune. Nel tempo sono cresciute le pressioni anche da parte di comitati e associazioni dei consumatori, ma la funzionaria comunale Paola Viganò ha risposto che se i coltivatori non sono d'accordo possono andarsene e su quel terreno faranno crescere un bosco, resta inteso senza bonificare nulla. Il processo stabilirà se la giunta va obbligata a bonificare l'area e a risarcire coloro che avevano preso in affitto i terreni.
Questa vergognosa vicenda conferma ancora una volta come il sindaco Sala, rieletto grazie al sostegno della grande borghesia, non solo non è affatto quel paladino della difesa dell'ambiente che la propaganda vuole far credere ma si disinteressa nella pratica della salute pubblica, visto che considera normale far crescere frutta e verdura su terreni contaminati e quindi che vengano poi messi in circolazione prodotti, oltretutto presentati come “bio”, che potrebbero risultare fortemente nocivi.
16 febbraio 2022