Il caro bollette devastante per le famiglie più povere e le piccole aziende
L’ultima devastante mazzata che si è abbattuta sulle spalle delle masse popolari, in particolare sulle famiglie più povere e le piccole aziende è il caro bollette di luce e gas, causato principalmente dal rialzo dei prezzi delle fonti energetiche nell'Est coinvolto dallo scontro interimperialistico tra Usa e Nato e Russia.
Se nel 2020 ogni famiglia spendeva in media 1.320 euro per l’energia, nel 2021 la spesa è salita a 1.523 euro. Per il 2022 si ipotizza una spesa media di quasi 1.950 euro. Si tratta di più di 420 euro di differenza rispetto a quest’anno, con un +6,1% sulla spesa totale annuale delle famiglie. Mentre la bolletta del gas lieviterà del 61%.
L’aumento dei costi di energia elettrica e gas è una doppia batosta per i consumatori perché ad essa si uniscono i rincari dei generi essenziali: dal Gpl e metano (+41,1%), alla benzina (+18,9%), gasolio per riscaldamento (+21%), ai vegetali freschi +13,5%, burro +10,8%, pasta +10%, apparecchi per la telefonia fissa (+17,2%), apparecchi per riscaldamento, condizionatori d’aria (+16,2%), e così via.
Un dato agghiacciante risulta da un report realizzato da Assoutenti: “Le ripercussioni del caro-bollette sui listini al dettaglio determinano attualmente una stangata da +38,5 miliardi di euro per le tasche dei consumatori”. Un peso insopportabile per i magri salari e i bilanci delle famiglie.
In base agli ultimi dati diffusi da Confindustria nel 2022 il costo delle bollette per le imprese sarà di 39 miliardi di euro. Una cifra da capogiro se confrontata con gli 8 miliardi del 2019 e i 21 miliardi del 2021. Anche in questo caso sono soprattutto le piccole imprese ad accusare il colpo. Secondo i dati Eurostat, nel primo semestre del 2021 il costo dell’energia elettrica per le piccole imprese è stato del 76% più elevato rispetto alle grandi aziende. Stesso discorso per il gas, il cui costo aumenta del 133% per le piccole imprese
Se il governo non adotterà efficaci misure per riportare le tariffe di luce e gas a livelli accettabili, il Codacons si farà promotore di una campagna di autoriduzione delle bollette, invitando famiglie e imprese a pagare solo il 10% delle fatture energetiche per stato di necessità e forza maggiore, come fu fatto negli anni ‘80 con la bolletta della Sip.
Assoutenti critica i Comuni italiani che hanno deciso di spegnere le luci di edifici pubblici e monumenti per sensibilizzare il governo sugli effetti del caro-energia sui bilanci degli enti locali, definendola una misura ipocrita che non aiuta famiglie e imprese e non porta a benefici concreti contro il caro-bollette. Infatti, afferma che "224 comuni italiani, in base ai più recenti dati Ifel (Istituto per la Finanza e l'Economia Locale (IFEL) detengono quote di partecipazione nelle società che erogano servizi di fornitura luce e gas e, quindi, vedono crescere enormemente le proprie entrate grazie agli abnormi rincari di luce e gas. Un paradosso assurdo, perché le amministrazioni che oggi spengono la luce in segno di protesta sono le stesse che stanno guadagnando dal caro-bollette, e che potrebbero utilizzare tali profitti per aiutare famiglie e imprese schiacciate dall'aumento dei costi energetici".
Nove associazioni dei consumatori, (Assoutenti, Adusbef, Codacons, Confconsumatori, Casa del consumatore, Ctcu, Lega Consumatori, Movimento difesa del Cittadino, Associazione utenti servizi radiotelevisivi), unitamente a Legambiente e all'Associazione di Reseller e Trader dell'Energia (A.R.T.E.) hanno chiesto in un documento-manifesto: “Si impone l'assunzione immediata di iniziative di carattere straordinario ed urgente, per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività presente sul territorio nazionale mentre in parallelo si acceleri la spinta per le rinnovabili e le efficienza per ridurre la dipendenza dall'estero e dalle fonti fossili”. Convinte che “ricorrano, nella fattispecie, i presupposti emergenziali per la dichiarazione dello stato di emergenza; su proposta delle Scriventi associazioni di imprese e consumatori si propone di: dichiarare per un periodo non inferiore a 12 mesi, lo stato di crisi energetica nazionale, in conseguenza del rischio per il paese dovuto all'aumento delle materie prime energetiche, e di istituire con urgenza, un comitato di esperti indipendenti di alto livello e di rappresentanti delle associazioni per supportare il Governo con dati scientifici nelle scelte più appropriate per riorganizzare mercato, infrastruttura e tariffe”.
Un'emergenza prevista ma non arginata dal governo del banchiere massone Draghi che proprio il 10 febbraio a Genova, annunciava il nuovo decreto che Palazzo Chigi e il Mef stanno mettendo in campo, dopo il primo decreto legge, varato a novembre 2021, che bloccava i rincari in bolletta solo fino a fine 2021. Fin qui sarebbero state recuperati circa 5,5 miliardi, di cui 3,8 per le famiglie e 1,7 per il sistema produttivo ma l'obiettivo sarebbe andare oltre,"tra 5 e 7 miliardi", per il trimeste gennaio-marzo, solo per ammortizzare la stangata e permettere una rateizzazione dei pagamenti. I beneficiari saranno sia le famiglie (circa 29 milioni) sia le piccole aziende, negozi e attività artigianali, che hanno una fornitura di elettricità non superiore a16,5 kW.
Provvedimenti che però a quanto pare richiederebbero ancora del tempo per essere messi a punto. Tra le ipotesi c’è quella di “sterilizzare” gli oneri di sistema, già in parte ridotti. Questa operazione richiede però risorse che devono ancora essere trovate. Arera, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ha sostanzialmente proposto di eliminare dalla bolletta tutte le spese che non sono relative al consumo energetico in senso stretto, in modo da depurare i costi, e alleggerire i nuovi salassi che arriveranno con la prossima fattura.
E tuttavia con gli interventi per ora annunciati dal governo l'aumento sarà comunque pesante per le utenze domestiche: del 40% per il gas e del 28% per l'elettricità. Per Confindustria l’intervento è insufficiente, perché lascerebbe fuori il 70% delle Pmi (piccole e medie imprese).
Insomma, le bollette sono già state recapitate ai consumatori ma i provvedimenti del governo sono pannicelli caldi, insufficienti e non strategici. Si riducono a vuote promesse. Forse a Draghi interessa di più attuare quel “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” (Pitesai) del suo ministro Cingolani che prevede di raddoppiare la produzione nazionale di gas ad almeno otto miliardi di metri cubi l’anno rimettendo in funzione le trivelle nei nostri mari e sull'intero territorio nazionale, liquidando ogni impegno e promessa di puntare sulle fonti rinnovabili e alternative.
16 febbraio 2022