Lettere

Appoggiare la posizione del PMLI contraria al “giorno del ricordo”
Se il neoletto presidente della Repubblica Mattarella, e il presidente del Consiglio, il banchiere massone Draghi si accodano senz'altro all'ondata neofascista riproponendo le foibe e il "giorno del ricordo", se invece lo storico (non solo dell'arte, dato che chi studia la storia dell'arte conosce necessariamente anche la storia generale) Tomaso Montanari che aveva riproposto la questione in termini finalmente critici viene sbugiardato e insultato dalla destra in quanto "inattendibile", non manca il ricco carteggio letterario, pseudostorico, di chi rimette agli onori di tutto il "dramma delle foibe".
Ripropongono le foibe come contraltare alla Shoah, tanto per ristabilire la tesi "centrista" dei due "mali estremi", nazismo e comunismo, cara peraltro al Parlamento europeo, che ha stilato a riguardo un documento (19 settembre 2019), passato coi voti di quasi tutto il PD, dei socialisti e di altri gruppi della "sinistra” borghese. Non è un caso che sul numero dei morti si giochi il classico balletto delle cifre, visto che per gli storici Pupo e Spazzali esso oscilla tra i 3.000 e i 5.000, mentre per Rumici arriverebbe addirittura a 11.000, un numero che persino gli storici citati, non certo "negazionisti" e neppure "riduzionisti" (coloro che minizzerebbero il fenomeno, secondo le classificazioni di comodo proposte dalla destra, che vuole eternare il "giorno del ricordo"), mettono in discussione in maniera assoluta.
Ma il problema è a monte, nel senso che molte azioni di guerra partigiana contro fascisti, parafascisti e "indifferenti" sostanzialmente conniventi con il fascismo vengono scambiate o meglio fatte passare per "eccidi". Considerando il fatto che, in epoca di dittatura borghese, l'informazione che molti ricevono è quella della tv, legata alla destra o alla “sinistra” borghese, ricordiamo che a ridosso dell'istituzione ufficiale del "giorno del ricordo", la Rai produsse e mandò in onda (febbraio 2005) la miniserie in due puntate "Il cuore nel pozzo" diretto da Alberto Negrin e scritto da vari soggettisti e sceneggiatori, ma soprattutto con la consulenza di Giovanni Sabbatucci, storico dell'Università "La Sapienza" di Roma, notoriamente legato alla destra; la colonna sonora era di Ennio Morricone, non l'"ultimo arrivato" e l'interpretazione affidata a Beppe Fiorello e a Leo Gullotta, attori molto popolari, dei quali il secondo si era dichiarato vicino a Rifondazione comunista, che poi, per aver interpretato il telefilm e per aver poi letto alcune lettere di partigiani al Congresso del partito, avrebbe subito contestazioni, non accettate, però, dalla dirigenza del partito stesso nella persona del segretario di allora Fausto Bertinotti. In complesso fu un prodotto mal diretto, strappalacrime, decisamente di scarso livello, semplicemente funzionale al progetto della destra di dimostrare la tesi delle foibe come violenza estrema dei "titini" verso gli italiani, come se non ci fosse stato il fascismo con l'italianizzazione forzata dell'Istria e della Dalmazia, come anche dell'Alto-Adige/Sudtirol (proibizione del tedesco o meglio del tirolese e del ladino-retoromano) e della Valleé/Val d'Aosta, dove non si poteva più parlare l'occitano, variante provenzale del francese, nonché l'esclusione e interdizione di tutte le lingue "straniere" nelle zone a maggioranza italiana del Sud Italia, segnatamente "grecanico" e "Arbereshe", albanese.
Non a caso è negli anni 1990 e poi nel primo decennio del 2000 che, oltre ai telefilm come quello citato (nessuno, però, ebbe successo come "Il cuore nel pozzo"), anche la letteratura ha prodotto opere sulle foibe: Tullio Kezich, critico teatrale e cinematografico nonché commediografo triestino, nel 1959 scriveva "Il campeggio di Duttogliano", ripubblicato nel 2001, un'opera ancora in qualche modo "resistenziale" anche se critica verso la pretesa "anti-italianità" della Jugoslavia di Tito (come se l'imperialismo fascista italiano non avesse fatto quello che aveva fatto); lo storico della letteratura e romanziere Claudio Magris in "Alla cieca?" non prende posizione ma si limita a riflessioni generali; con i libri di Carlo Sgorlon, "La Foiba grande" del 1992, il problema foibe diventa centrale nella narrativa, dando la stura a polemiche che durano tuttora. Decisamente si tratta di opere, spesso anche discutibili sul piano formale, nate in un preciso contesto storico-politico, criticabili anche sul piano estetico, dato che "La tendenza (l'opinione dell'autore) deve sorgere dalla situazione e dall'azione stessa senza che vi si faccia esplicito riferimento e il poeta non deve dare al lettore già bella e pronta la futura soluzione dei conflitti sociali che descrive" (Engels, Lettera a Minna Kautsky, 26.11.1885).
Qui, invece, il punto di partenza e la tendenza degli autori sono molto chiari e la soluzione dei conflitti viene servita ai lettori bella e pronta. Appare estremamente importante, dunque, ribadire quanto afferma il comunicato del nostro amato Partito dello scorso 11 febbraio "Respingere e abolire la giornata del ricordo". In una contingenza quale quella attuale, con venti di guerra che arrivano dai due imperialismi forti, quello americano e quello russo appare fondamentale riproporre la seguente riflessione di Mao: "Solo certi gruppi monopolisti di pochi paesi imperialisti, che cercano di arricchirsi mediante l'aggressione, aspirano alla guerra e non vogliono la pace" (Mao, Discorso d'apertura all'VIII Congresso del Partito comunista cinese, 15 settembre 1956)

Un compagno di Firenze

 

Vorrei l'opuscolo numero 18 di Scuderi
Vorrei richiedervi l'opuscolo numero 18 di Giovanni Scuderi.
Verserò presto una libera sottoscrizione per il PMLI.
Giancarlo - Padova
 

Interessata alle pubblicazioni del PMLI per conoscerne la linea. Richiedo l'opuscolo n. 18
Sono interessata alle pubblicazioni del PMLI, avendo preso conoscenza da poco della sua esistenza, ed alla conoscenza della sua linea.
Perciò richiedo l'opuscolo n. 18 di Scuderi.
Noemi - provincia di Brescia
 

16 febbraio 2022