L'Italia entra in guerra inviando armi all'Ucraina
Draghi, Meloni, Salvini e il parlamento indossano l'elmetto. Altri 3.400 soldati alla Nato. Mosca minaccia l'Italia: "Chi arma Kiev pagherà le conseguenze". No allo stato di emergenza
Rompere le relazioni diplomatiche, economiche e commerciali con la Russia
Il 1° marzo Draghi si è recato al Senato e poi alla Camera per “comunicazioni sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina”. Lo scopo era quello di far approvare una risoluzione del governo, firmata da tutti i partiti della maggioranza (M5S, PD, IV, FI e Lega) e anche dall'“opposizione” di Fratelli d'Italia, con la quale il parlamento concedeva il via libera politico all'invio di armi italiane al governo ucraino, oltre all'istituzione dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022 e altre misure per far fronte all'accoglienza dei profughi e per ridurre la dipendenza energetica dalle forniture di gas dalla Russia.
Tutte misure recepite in un decreto già approvato dal Consiglio dei ministri, a distanza di tre giorni dal decreto varato a tambur battente dopo l'invasione russa dell'Ucraina (il n. 14 del 25 febbraio), con cui il governo aveva già rafforzato il nostro contingente militare in ambito Nato nei paesi dell'Est Europa e inviato materiale militare “non letale” all'Ucraina. Il nuovo decreto, il n. 16 del 28 febbraio, completa l'intervento militare dell'Italia nel conflitto con l'invio di un primo quantitativo di materiale bellico “letale” in Ucraina, tra cui si parla di missili antiaerei Stinger, missili anticarro Spike, mitragliatrici Browning ed Mg e relative munizioni.
Il discorso del banchiere massone con l'elmetto
In apertura del suo discorso Draghi ha dipinto con ineffabile ipocrisia un'Europa di “pace, sicurezza e benessere”, un “giardino di pace in cui eravamo convinti di abitare”, sconvolta dall'“aggressione premeditata e immotivata della Russia verso un Paese vicino [che] ci riporta indietro di oltre ottant'anni. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano, ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia, di un attacco all'ordine internazionale che abbiamo costruito tutti insieme”. Tacendo ipocritamente non soltanto sull'aggressione della Nato con 70 giorni di bombardamenti alla Serbia nel 1999, e sul fatto che questa guerra scatenata da Putin per le sue mire imperialiste è anche frutto della politica estera e militare espansioniste degli Usa, della Nato e della Ue verso l'Europa dell'Est; ma anche sulle tante guerre di aggressione – dall'Afghanistan all'Iraq, dalla Libia alla Siria – che la Nato e l'Ue imperialista hanno condotto fuori dal territorio europeo: un “ordine internazionale” fondato cioè sulle aggressioni e le guerre imperialiste di cui l'invasione dell'Ucraina è solo l'ultimo anello della catena. Del resto se Putin incarcera che la chiama guerra e non “operazione militare”, altrettanto l'Italia e l'Occidente imperialista ha fatto in questi anni parlando unicamente di “interventi umanitari” e “missioni di pace”.
Draghi ha poi annunciato che “è stato dichiarato uno stato di emergenza umanitaria che durerà fino al 31 dicembre e che ha esclusivamente lo scopo di assicurare il massimo aiuto dell'Italia all'Ucraina”. Assicurando che esso “non avrà conseguenze per gli italiani e che non cambia la decisione di porre fine, il 31 marzo, allo stato di emergenza per il COVID-19”. Ma intanto così, col pretesto della crisi umanitaria, si è precostituito un prolungamento per tutto l'anno dell'intollerabile stato di emergenza che dura ormai da più di due anni e che bisogna assolutamente rifiutare.
Passando alle misure sul piano militare il premier ha ricordato l'attivazione della “postura di deterrenza sul confine orientale dell'Alleanza con le forze già a disposizione”: “Mi riferisco – ha precisato - al passaggio dell'unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l'Italia contribuisce con 239 militari. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione, sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree, schierate in Romania, saranno raddoppiate, in modo da garantire copertura continuativa, insieme agli alleati. Sono in stato di preallerta ulteriori forze, già offerte dai singoli Paesi membri dell'Alleanza. L'Italia è pronta, con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità”. Quanto alle armi chieste esplicitamente dal presidente ucraino Zelensky, suscitando uno dei tanti applausi dell'intera aula, Draghi ha voluto rimarcare che “a un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza”.
Politica energetica ed esercito europeo
Draghi ha quindi illustrato le misure per ridurre la dipendenza energetica dalla Russia, tra cui l'aumento delle forniture dall'Algeria e dall'Azerbaigian (gasdotto Tap), l'aumento “della nostra capacità di rigassificazione” (per immagazzinare e convertire il gas liquido vendutoci dagli Usa e dal Qatar), il “continuare a semplificare le procedure per i progetti on-shore e off-shore, come stiamo già facendo” (leggi via libera alle trivelle per terra e per mare), nonché “eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio”.
Infine il banchiere massone con l'elmetto ha colto l'occasione per tornare a bomba sulla necessità di una “difesa comune” e di un esercito europei, di cui egli è insieme a Macron il più convinto sostenitore: “Come è accaduto altre volte nella storia europea l'Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora, è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate. In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all'Alleanza atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo mai fatto finora”, ha detto infatti mentre l'aula si spellava le mani dagli applausi. “Il mio auspicio – ha sottolineato - è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune, un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati”.
Intanto, in attesa dell'esercito europeo, il ministro Pd della Difesa Guerini sta già lavorando per riarmare fino ai denti quello italiano, e, cogliendo al balzo l'occasione della guerra, per portare rapidamente il budget del suo ministero dall'attuale 1,4% del Pil al 2% chiesto da tempo dagli americani e dalla Nato. Già si vanta di averlo incrementato di 3,5 miliardi dal settembre 2019, quando è entrato in carica, portandolo all'attuale livello di 30,4 miliardi. Ora si propone di aumentarlo gradualmente fino a 40 miliardi entro il 2027, cominciando già dalla prossima legge di Bilancio.
Il parlamento calza l'elmetto e si allinea con Nato e Ue
Pressoché all'unanimità il parlamento nero con l'elmetto ha plaudito entusiasta alla linea draghiana dell'invio di armi all'Ucraina e del rinvio a data da destinarsi dei propositi ecologisti per rispolverare centrali a carbone, trivelle e rigassificatori. In prima fila, manco a dirlo, il PD con il soldato Enrico Letta, secondo cui l'invio delle armi è perfettamente in linea con l'articolo 11 della Costituzione e con le decisioni della Commissione europea e del parlamento europeo; e con la soldatessa Roberta Pinotti, ex ministra della Difesa, per la quale la Nato “non è solo un'alleanza militare, è un'alleanza basata sulla difesa delle democrazie liberali e sui valori dell'Occidente, e questo ce lo dobbiamo ricordare in ogni occasione”; anche se l'Europa, ha precisato, “ha bisogno del pilastro della difesa comune, complementare alla Nato, per far sentire la sua voce nel mondo”.
Ma anche i due aspiranti duce d'Italia, Meloni e Salvini, non sono stati da meno. La leader dei fascisti in doppiopetto ha ribadito a Draghi la garanzia di “collaborazione” di FdI “sulla situazione internazionale” perché “noi, l'opposizione, per l'appunto, la facciamo al governo, non la facciamo mai all'Italia”. E anzi si è vantata di aver avuto ragione “quando, unici in Italia, rivendicavamo la necessità di maggiori spese sulla difesa, perché non può esserci politica estera senza un'adeguata deterrenza militare”. E già che c'era ha approfittato dell'occasione per contrapporre i “veri profughi” ucraini, da accogliere, ai “falsi profughi” che arrivano sui barconi, che vanno invece espulsi, per esaltare a questo proposito i fino a ieri “cattivissimi Paesi dell'Est” come Polonia e Ungheria, e per sbeffeggiare i “figli di un ambientalismo a tratti lunare”, come Greta Thunberg e gli “irragionevoli obiettivi della Commissione europea”.
Quanto a Salvini, che ancora il giorno prima, dimostrando i suoi ancor forti legami con Putin, aveva detto a Mezz'ora in più
di Rai3: “All'Europa chiedo non di distribuire armi letali ai confini con la Russia, ma di perseguire la via del Santo Padre: confronto, dialogo, diplomazia, sanzioni”, in aula si è invece subito allineato al governo dichiarando: “Io penso che dobbiamo dare un bel segnale. Complimenti, presidente Draghi, ha il nostro totale mandato”. Dopodiché però si è messo a piangere su quanto costeranno le sanzioni alle banche e alle imprese italiane, chiedendo che il governo e il parlamento “tirino fuori denaro contante” per aiutarle. Anche lui come Meloni non ha resistito alla facile occasione di esaltare l'accoglienza umanitaria di Polonia e Ungheria e di contrapporre i migranti ai “profughi veri in fuga da una guerra vera, ben diversi da altri tipi di arrivi che la guerra porta in Italia”.
Delega in bianco al governo sulle armi all'Ucraina
Stando così le cose la risoluzione del governo più FdI non poteva che passare a stragrande maggioranza, e infatti al Senato ha ottenuto 224 sì e alla Camera i no sono stati solo 25 e 12 astenuti, tra cui alcuni del M5S. Sono state invece respinte tutte le altre risoluzioni, tra cui quella dei dissidenti M5S di Alternativa c'è, di Potere al popolo e di Sinistra italiana contrarie all'invio di armi all'Ucraina. La risoluzione del governo, firmata anche da FdI, era stata scritta dal presidente della commissione Esteri della Camera, Piero Fassino, a dimostrazione che i rinnegati del comunismo sono anche i più fedeli lacché dell'imperialismo Usa, Nato e Ue. In essa si prevede espressamente “la cessione di apparati e strumenti militari che consentano all'Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa e di proteggere la sua popolazione”. Ciò fornisce la copertura politica al decreto del 28 febbraio che con l'articolo 1 consente fino al 31 dicembre 2022 “la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina”, in deroga alla legge n. 185 del 1990 che vieta l'esportazione di armi in paesi in stato di guerra.
Avendo approvato questa risoluzione, che dà mano libera al governo nel decidere quante e quali armi inviare, il parlamento non avrà più nessun potere di controllo su di esse né sulla relativa spesa. Tutto sarà demandato a decreti interministeriali dei ministeri della Difesa, Esteri ed Economia da tenere rigorosamente riservati. Infatti è stata secretata la lista del primo carico di armi inviate da Pisa il 2 e 3 marzo con due C-130 in Polonia. Questo, a detta del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulé, per “non dare vantaggi competitivi all'esercito russo”. Le notizie apparse sulla stampa sui tipi di armamento inviati, come missili Stinger e Spike, sono infatti frutto di congetture e non di fonte ufficiale.
Calpestato l'articolo 11 della Costituzione borghese
Tutto questo è molto grave e costituisce di fatto un'entrata in guerra dell'Italia senza che il parlamento e il popolo italiani ne siano consapevoli. Non a caso da Mosca è arrivata subito una pesante risposta ai Paesi Ue, tra cui anche l’Italia, che hanno deciso l'invio di armi all’Ucraina: “I cittadini e le entità dell’Ue coinvolti nella consegna di armi letali” all’Ucraina, minaccia infatti una nota del ministero degli Esteri Russo, “saranno ritenuti responsabili per qualsiasi conseguenza di queste azioni”.
Con l'invio di migliaia di militari italiani a rafforzare il dispositivo della Nato alle frontiere della Russia e l'invio di armamenti al governo ucraino, anche ad alto potenziale offensivo come i missili antiaerei e anticarro, il governo Draghi calpesta l'articolo 11 della Costituzione e la legge che vieta l'esportazione di armi a paesi belligeranti e getta l'Italia in un'avventura militare dagli esiti imprevedibili e potenzialmente senza ritorno.
La risposta alla guerra imperialista e criminale di Putin non può essere di tipo militare, perché rischia di portare l'Italia in guerra contro la Russia. Per fermare Putin e costringerlo al ritiro occorre invece rompere tutte le relazioni diplomatiche, economiche e commerciali con la Russia. Così come occorre che l'Italia esca dalla Nato e dalla Ue affinché il popolo italiano non sia trascinato nelle loro strategie imperialiste e guerrafondaie.
Fuori Russia, Usa e Nato dall'Ucraina! Ucraina libera, indipendente, sovrana e integrale!
9 marzo 2022