69° Anniversario della sua morte
Continuiamo la grande battaglia di Stalin. Per un mondo senza e contro la borghesia. Per il socialismo e il comunismo

di Alberto Signifredi, simpatizzante di Parma del PMLI
 
Pubblichiamo solo ora questo articolo perché abbiamo dovuto dare la precedenza ai temi urgenti riguardanti l'aggressione russa all'Ucraina, all'8 Marzo e ad altri articoli programmati.
 
Come ogni anno arriva il momento di ricordare il compagno Stalin. Egli moriva a Mosca il 5 Marzo del 1953 e quindi è il 69° Anniversario della scomparsa.
La portata della sua opera, teorica e pratica, è incommensurabile. In questo anniversario, come negli altri trascorsi, è importante continuare la sua battaglia, che è la nostra battaglia, cercando innanzitutto di far luce sul reale sviluppo della storia dell'Unione Sovietica e del socialismo, sotto la guida di Stalin. Sfatare e rimuovere l'enorme cumulo di menzogne che la propaganda anticomunista e antistalinista ha seminato nel corso degli anni, per far conoscere e valorizzare appieno quella grande scuola che è stata l'Unione Sovietica nei suoi primi quarant'anni di storia.
La guerra fredda culturale contro l'Unione Sovietica e il comunismo è cominciata molto prima della "dottrina Truman" e del "ricatto atomico", è stata, possiamo dire, una costante che ha accompagnato tutta la storia dell'Unione Sovietica e si è espressa con una grande produzione letteraria che ha inondato l'Occidente, alterando in modo sistematico la corretta e obiettiva informazione storica, creando una realtà deformata a cui i professionisti della falsificazione hanno dato il nome di "verità". E d'altronde la borghesia mondiale spaventata dal primo Stato socialista, che aveva dimostrato la possibilità di un grande sviluppo economico senza una borghesia sfruttatrice, non poteva che usare tutti i mezzi per combattere la grande paura: quella di essere una classe dominante ormai superata, come nel passato erano state superate la nobiltà feudale, nel medioevo e i proprietari di schiavi nell'antichità. E la borghesia non era la sola a tremare al cospetto del consolidamento del primo Stato socialista guidato da Stalin, ma anche il Papa e la chiesa di Roma erano terrorizzati per l'avvenire delle loro credenze metafisiche in un mondo dove la borghesia aveva innescato due devastanti guerre mondiali e i popoli ne pagavano le conseguenze. Bisognava fermare e demolire l'avvento del socialismo nel mondo, da lì è iniziata una nuova guerra fredda culturale accompagnata da venti di guerra sempre più inquietanti, che sfociarono nel ricatto atomico, nella crisi di Berlino e nella guerra di Corea. Tutte situazioni dove l'Occidente ha fatto il primo passo ed ha acceso le micce.
Analizziamo alcuni testi anticomunisti e antistalinisti per svelarne le falsità evidenti e quelle più recondite, un compito tutt'altro che facile ma a cui non possiamo sottrarci per valorizzare appieno e in modo militante il fine di questa commemorazione che è quello di ristabilire la verità storica.
Il primo libro che intendo analizzare è un romanzo che fece indubbiamente scalpore quando venne pubblicato. Si tratta di "1984" del trotzkista George Orwell, scrittore inglese che a suo tempo aveva partecipato alla guerra di Spagna nelle file del Poum. Venne ultimato dall'autore nel 1948 e da questa data egli trae il titolo, invertirà l'otto e il quattro e otterrà l'anno 1984, dove ambienterà la sua storia. Il libro venne pubblicato nel 1949. In Italia uscì nel 1950 edito da Mondadori.
Siamo in piena guerra fredda e i contenuti del romanzo sono in perfetta sintonia con il clima di caccia alle streghe innescato dai paladini dell'anticomunismo, Churchill e Truman in primis.
La trama si ambienta in un mondo futuro dove il socialismo ha vinto e si è esteso su buona parte del pianeta ma, anziché migliorare le condizioni di vita dell'umanità, non ha fatto altro che sviluppare una nuova e feroce superdittatura che opprime e impedisce il libero sviluppo della personalità dei singoli, sottoposti alle più abiette privazioni della libertà e alle prove più brutali.
L'analogia con l'URSS di Stalin e con quello che se ne diceva allora è più che evidente e il libro è senz'altro uno dei testi più rappresentativi dell'antiutopia, in grado di fomentare al massimo grado la paura del comunismo. Ma analizziamo un breve passo del libro che esprime un messaggio importante che l'autore vuol dare. Siamo in Inghilterra. Il protagonista della storia, Winston Smith, è al cospetto di un inquisitore e membro del "Partito" (O'Brien) e ha con lui uno scambio di idee che è molto significativo. «Winston: "Ma come potete controllare la materia?" esplose. Con la mano O'Brien fece cenno di tacere. "Noi controlliamo la materia perché controlliamo lo spirito. La realtà sta dentro il cranio. Tu impari a poco a poco, Winston. Non c'è nulla che noi non possiamo fare. Invisibilità [...] levitazione [...] tutto! Io potrei librarmi di su questo pavimento come una bolla di sapone, se volessi. Non lo voglio, perché il partito non lo vuole. Devi mettere da parte, devi liberarti di quelle tali cognizioni ottocentesche attorno alle leggi di natura. Le facciamo noi le leggi di natura.» (G. Orwell, 1984, Oscar Mondadori 12/1983 pag. 293).
Da questa breve conversazione si capisce molto bene dove l'autore ci vuole portare. Il potere assoluto sfida le leggi della natura, crea nuove leggi a suo uso e consumo e i sudditi devono immancabilmente uniformarsi ad esse. Ma il socialismo prevede questa conversione unilaterale e paralizzante? Questa disintegrazione delle leggi della natura sostituite con altre leggi inventate a seconda del bisogno?
Vediamo come tratta l'argomento Stalin in uno scritto del 1 febbraio 1952: “Alcuni compagni negano il carattere obiettivo delle leggi della scienza, in particolare delle leggi dell'economia politica nel socialismo. Essi negano che le leggi dell'economia politica riflettano le leggi di sviluppo di processi che si compiono indipendentemente dalla volontà degli uomini. Essi ritengono che, data la particolare funzione assegnata dalla storia allo Stato sovietico, lo Stato sovietico e i suoi dirigenti possono abolire le vigenti leggi dell'economia politica, possono ‘formare’ nuove leggi, ‘creare’ nuove leggi. Questi compagni si sbagliano profondamente. Essi come si vede, confondono le leggi scientifiche, che riflettono i processi obiettivi che si svolgono nella natura o nella società indipendentemente dalla volontà degli uomini, con le leggi che vengono emanate dai governi, create per volontà degli uomini e che hanno solo una forza giuridica. Ma non si può in nessun modo confondere queste leggi. Il marxismo intende le leggi della scienza - si tratti di leggi delle scienze naturali o di leggi dell'economia politica - come un riflesso di processi obiettivi che si svolgono indipendentemente dalla volontà degli uomini. Gli uomini possono scoprire queste leggi, conoscerle, studiarle, tenerne conto nelle loro azioni, utilizzarle negli interessi della società, ma non possono cambiarle o abolirle. Tanto meno essi possono formare o creare nuove leggi della scienza”. (Stalin, Problemi economici del socialismo in URSS, Piccola Biblioteca marxista-leninista, vol. 8, pagg.5/6).
Confrontando i due brani si nota la totale diversità dei concetti espressi. Stalin, ragionando da marxista, smentisce categoricamente la pagina di Orwell. Non il partito che crea le leggi della natura, ma bensì il partito che si impadronisce delle leggi della natura e se ne serve per il bene della società. Esso non può creare o modificare queste leggi a suo piacimento, pertanto la dittatura assoluta di cui vagheggia Orwell non può riflettere l'URSS di Stalin che, da marxista autentico, ha sempre guidato il Paese in modo lungimirante e coerente con i principi a cui è stato fedele per tutta la vita.
Il secondo libro che analizzo è un lungo saggio sulla storia e sulla vita in Unione Sovietica. Il titolo è "Stalin il terribile" e l'autrice, Susanne Labin, è stata una "socialista" francese specializzata nell'anticomunismo e nell'antistalinismo. Il libro è come una lunga discesa agli inferi e il lettore sprovveduto, che si addentra nei suoi diciassette capitoli, è destinato a restarne sconvolto.
Pubblicato in Italia nel lontano 1950, esso è uno dei testi più famigerati della guerra fredda culturale. Il metodo di indagine dei vari argomenti trattati inizia sempre con il collaudato sistema di esporre situazioni ed eventi reali per poi stravolgerne progressivamente fatti e le conclusioni. Una riscrittura della storia e della vita in Urss tutto sommato dozzinale e in certi tratti grottesca, confutata in parte anche da altri autori anticomunisti venuti dopo, che tuttavia allora aveva la presunzione di avere delle valenze scientifiche. Ma vediamo alcuni brani tratti dal libro.
“Tutti possono verificare nelle biblioteche, che nelle pubblicazioni comuniste dal 1917 al 1922 non figura quasi mai il nome di Stalin, mentre i nomi di Lenin e Trotzki, come quelli di Zinoviev, Bucharin, Kamenev, Rakovski si trovano in ogni pagina. Se Stalin resta membro dell'Ufficio Politico e del Comitato Rivoluzionario di guerra lo deve alla servilità costante verso Lenin. Inviato più volte fra i soldati per rimediare a certe situazioni compromesse, non seppe cavarsela: un poliziotto energico sarebbe riuscito meglio di lui. Sul piano strettamente militare i suoi interventi, soprattutto sul fronte di Tsaritsyn, furono catastrofici. Lenin dovette richiamarlo d'urgenza in seguito a un telegramma allarmante e categorico di Trotzky. Da quel giorno è nato uno degli odi più terribili della storia” (da Susanne Labin, Stalin il terribile, Garzanti, 02/1950, pag. 91).
Leggendo queste righe si capisce molto bene il lavoro di falsificazione che l'autrice vuol dare a intendere ai suoi lettori. Quando parla di assenza del nome di Stalin nella stampa comunista del periodo 1917/22 sappiamo bene che ciò non è vero. Stalin in quegli anni ha sempre avuto un ruolo importante. Egli aveva sempre l'abitudine di affiancare l'attività pratica di rivoluzionario con la scrittura dello sviluppo dell'analisi dell'attività politica contingente. È sufficiente visionare i volumi 3 e 4 delle sue opere nelle Edizioni Rinascita per rendersi conto della effettiva presenza dei suoi scritti e del suo ruolo sia nell'anno della rivoluzione (è lui, ad esempio, che tiene il Rapporto al Sesto congresso del Partito nel luglio del 1917, quando Lenin era fuggito precipitosamente per sottrarsi all'arresto), che negli anni della guerra civile, con la sua corrispondenza sulla riorganizzazione e direzione dei fronti, per arrivare agli scritti sull'organizzazione dello Stato sovietico come Commissario del popolo per le nazionalità, lavoro immenso per l'effettiva costruzione del nuovo ordinamento, che nel libro della Labin viene liquidato in poche righe.
L'autrice poi stravolge completamente il ruolo di Stalin durante la guerra civile, facendo intendere che il richiamo di Lenin era motivato dalle sue incapacità militari, in particolar modo sul fronte di Tsaritsyn, su suggerimento di Trotzki. La verità è ovviamente è all'opposto. Stalin durante la guerra civile dimostrò grandi qualità come stratega militare e organizzatore. La sua attività di riorganizzazione di importanti fronti e di conseguenti vittorie (Tsaritsyn sul fronte meridionale, che diventerà poi Stalingrado, gli Urali e Viatka sul fronte orientale, Pietrogrado, Pskov e poi di nuovo sul fronte meridionale contro Denikin) gli valsero il conferimento dell'ordine della "Bandiera Rossa".
“Nel momento del pericolo mortale, quando il potere sovietico, accerchiato dal nemico, rispondeva agli attacchi degli avversari, quando i nemici della rivoluzione contadina e operaia si avvicinavano nel luglio 1919 a Krasnaja Gorka, allora Iosif Vissarionovic Stalin (...), con la sua energia e il suo impegno, ha potuto radunare l'Armata Rossa. Con la sua presenza sulla linea del fronte e sotto il fuoco, ha ispirato col suo esempio tutti coloro che lottavano per la rivoluzione sovietica” (da Lilly Marcou, "Stalin vita privata", Ed. Riuniti, 1996, pag. 61).
La battaglia culturale anticomunista e antistaliniana proseguì con rinnovato vigore dopo il XX congresso del PCUS del febbraio 1956. Fu in quel preciso momento che Nikita Krusciov e un nutrito gruppo di seguaci, mimetizzati da tempo all'interno del partito sovietico, uscirono allo scoperto e con l'arma del "rapporto segreto" sui "crimini" di Stalin sferrarono un attacco decisivo contro la rimanente direzione staliniana e contro tutto l'operato di Stalin negli anni precedenti. Le menzogne del "rapporto segreto" furono esportate dopo pochi mesi in occidente ed aiutarono enormemente la guerra fredda culturale anticomunista e antisovietica, provocando nel medesimo tempo un terremoto in tutti i partiti comunisti del mondo e negli Stati già socialisti. Le centrali culturali antisovietiche si servirono a piene mani del "rapporto segreto" per avvalorare ulteriormente la loro propaganda antistalinista e per incrementarne la "scientificità" e l'"oggettività". Nella direzione dei partiti comunisti prevalsero gli elementi di destra che negli anni seguenti fecero deviare il movimento comunista e gli Stati socialisti verso il fallimento strategico e nel contempo denigrarono anche loro Stalin, unendosi indirettamente (o direttamente?) nella crociata antistalinista con coloro che solo qualche anno prima combattevano.
Il "rapporto segreto" venne pubblicato anche in Italia in un'edizione curata da Angelo Tasca (Angelo Tasca, Autopsia dello Stalinismo, Edizioni di Comunità, 1958). Il libro è diviso in quattro capitoli: 1) Introduzione; 2) Il Rapporto Krusciov, con ampia notazione; 3) Il "Testamento" di Lenin; 4) I nuovi padroni del Cremlino di Denis De Rougemont.
Lo scopo di questo libro è di far conoscere a fondo tutti i contenuti del "rapporto segreto" considerandone "vere" tutte le affermazioni. Gli unici dubbi che l'autore si pone sono le carenze del rapporto su certe questioni e il mettere dubbi su quello che allora era considerato il "rinnovamento democratico" in URSS, inaugurato dal XX congresso, e lo sviluppo dell'economia sovietica.
La pubblicazione a seguire del cosiddetto "Testamento di Lenin", che nella realtà si titola "Lettera al congresso", serve a corroborare una linea di continuità fra gli "avvertimenti" di Lenin e le "constatazioni" di Krusciov, a creare un fattore di veridicità nella percezione del "grande tiranno". Il "rapporto segreto" segna quindi un salto di qualità nella canea anticomunista, vediamo dunque alcuni brani del libro in questione.
Nel capitolo introduttivo Tasca scrive: "L'assassinio di Kirov dette a Stalin l'occasione di ‘liquidare’ i vecchi bolscevichi che considerava gente di troppi scrupoli e di far regnare in Russia per quattro anni il terrore, mentre da ogni parte faceva inneggiare alla vita "bella e gioiosa". Questo assassinio era anzi stato così presto e così smisuratamente sfruttato, che qualcuno ha pensato a una messa in scena: gli sbirri di Stalin avrebbero ucciso, o lasciato uccidere Kirov per poter giustificare la ‘grande purga’. Krusciov ha insistito nel suo discorso sulle circostanze ‘inesplicabili e misteriose’, ‘straordinariamente sospette’, che avevano accompagnato l'assassinio, e sulle misure prese per ‘far scomparire le tracce che avrebbero condotto agli organizzatori dell'omicidio di Kirov. Lo stesso Stalin avrebbe organizzato questa provocazione’” (pag.17).
Dice Krusciov a pag. 124 nel "rapporto": 2Bisogna confessare che ancor oggi le circostanze dell'assassinio di Kirov nascondono molti elementi inesplicabili e misteriosi ed esigono un accurato esame” (29). E nella nota 29 l'autore (Tasca) dice: “Krusciov insiste sul carattere ‘misterioso’ dell'assassinio di Kirov, e sembra lasciare la porta aperta all'ipotesi che Kirov sia stato ucciso con la complicità della polizia di Leningrado, se non dello stesso Stalin”.
In queste affermazioni si evidenzia che il mandante dell'assassinio di Kirov "potrebbe" essere Stalin, ma non si fornisce nessuna prova per dimostrarlo. Però l'ombra del sospetto aleggia in tutta la narrazione di questi passaggi, così come in tutti gli argomenti trattati nel libro, che incolpano di tutto e inderogabilmente Stalin. E l'ignaro lettore è portato a considerare "effettivamente" Stalin l'organizzatore dell'omicidio, per innescare la repressione di massa e così mettere in atto l'eliminazione sistematica degli avversari politici.
Una prima risposta a queste elucubrazioni è in un libro già citato della non comunista e antistalinista Lilly Marcou: “[...] il terrore scatenato da Stalin dopo la morte di Kirov indusse i suoi oppositori, e anche Krusciov a partire dal XX congresso, a indicarlo come il mandante dell'assassinio. Si sbagliavano tutti, perché trascuravano una verità troppo semplice e banale per sembrar loro credibile.
Stalin continuò per anni a ricercare il colpevole. Dapprincipio attribuì quel crimine a
Zinovev, che aveva in Leningrado il suo antico feudo. Chi diceva Zinovev diceva Kamenev e, in ultima analisi, Trotzki” (Lilly Marcou, Stalin vita privata, Ed. Riuniti, 1996, pag. 118/119). Come si può ben vedere le allusioni del "viscerale" anticomunista Tasca e di Krusciov sono state smentite dall'anticomunista "moderata" Marcou, ma la domanda che dobbiamo farci a questo punto è: esisteva veramente una cospirazione su larga scala in Unione Sovietica negli anni Trenta? Trotzki aveva una quinta colonna all'interno dei vertici dello Stato e dell'esercito sovietico? Le accuse ai processi di Mosca erano artatamente inventate? Per dare una prima risposta a queste domande sentiamo un passo importante di Stalin dal suo discorso al Plenum del Comitato Centrale che si tenne dal 23 febbraio al 5 marzo 1937: “[...] quanto più andremo avanti, quanti più successi avremo, tanto più i residui delle vecchie classi sfruttatrici distrutte diventeranno feroci, tanto più rapidamente essi ricorreranno a forme di lotta più acute, tanto più essi cercheranno di colpire lo stato sovietico, tanto più essi ricorreranno ai mezzi di lotta più disperati come agli ultimi mezzi di chi è condannato a morire.
Bisogna tener conto del fatto che i residui delle classi distrutte nell'URSS non sono isolati. Essi hanno l'appoggio diretto dei nostri nemici al di là delle frontiere dell'URSS. Sarebbe errato pensare che la sfera della lotta di classe sia racchiusa entro le frontiere dell'URSS. Se la lotta di classe si svolge per una parte nel quadro dell'URSS, per un'altra parte essa si estende entro i confini degli stati borghesi che ci circondano. I residui delle classi distrutte non possono non saperlo. E appunto perché lo sanno, essi continueranno anche nell'avvenire i loro tentativi disperati” (Per conoscere Stalin, Mondadori, 1970, pag. 314).
In un altro passo dello stesso discorso Stalin fa dei nomi sui probabili "appoggi" all'estero dei cospiratori interni sovietici: “Si prenda per esempio la quarta Internazionale trotzkista controrivoluzionaria, composta per due terzi di spie e di agenti di diversione. [...] Il gruppo dell'avventuriero Schefflo in Norvegia, che ha accolto presso di sé la super-spia Trotzki e lo ha aiutato nella sua lotta contro l'Unione Sovietica. Oppure si prenda [...] il gruppo di Souvarine in Francia. [...] E tutti questi signori della Germania, tutti questi Ruth Fischer, Maslov, Urbans, che hanno venduto l'anima e il corpo ai fascisti, non sono forse una riserva per il lavoro trotzkista di spionaggio e di sabotaggio? Oppure, per esempio, la famosa banda di scrittori dell'America diretta dal noto furfante Eastmam, tutti questi briganti della penna, che vivono delle loro calunnie contro la classe operaia dell'URSS, non sono forse una riserva per il trotzkismo?” (pagg. 316/317).
L'analisi di Stalin sembra estremamente aderente alla realtà, anche se il suo ragionamento non è ancora una prova diretta dell'esistenza della cospirazione legata all'omicidio di Kirov.
Per cercare un parere autorevole diamo la parola a Grover Furr, storico statunitense che ha indagato e scritto molto sulla storia sovietica e su Stalin, in un'intervista del 18 luglio 2006 a RevLeft: [...] Domanda: Stalin è stato accusato dell'assassino d Kirov. Questa accusa ha una qualche credibilità?
Risposta: Questa storia è stata ampiamente diffusa tanto in Occidente quanto in Russia dagli autori anticomunisti e dagli avversari di Stalin: le fonti originali di questa storia pare siano Trotzki e Alexander Orlov, in seguito diffusa da Robert Conquest (Stalin and the Kirov murder, 1990), uno che non rifiuta mai una storia contro Stalin, non importa quanto forzata sia, ed Amy Knight (Who killer Kirov?, 2000), i cui pregiudizi anticomunisti la portano a spegnere i mozziconi di verità nel posacenere.
È una completa menzogna e lo è sempre stata. Non c'è mai stata una prova a suo sostegno, ed anzi Stalin era molto affettuoso nei confronti di Kirov, che era anche un solido sostenitore di Stalin. Nel frattempo tanto Trotzki quanto Orlov hanno dimostrato di aver mentito.
Nel suo famigerato "Rapporto segreto" del 25 febbraio 1956, Krusciov insinua un sospetto di colpevolezza di Stalin nell'assassinio di Kirov, ma non muove mai un'accusa diretta. Diverse commissioni sotto Krusciov, due o forse tre, ed anche dopo di lui, hanno cercato di trovare prove per accusare Stalin ma non vi sono riuscite.
La principale ricercatrice russa sull'assassinio di Kirov, Alla Kirilina, nota per le sue posizioni contro Stalin, ha scritto un paio di volumi sulla questione: "Rikoshet" e "Neizvestnyi Kirov", che include una versione aggiornata del volume precedente, ma lei stessa ammette che Stalin sembra non aver niente a che fare con l'assassino di Kirov.
Curiosamente la principale versione che ora viene propagandata dagli avversari di Stalin, è che Nikolaev, la persona che indubitabilmente sparò a Kirov e per questo venne giustiziato, era un "assassino solitario". Accettare questa versione significa rifiutare le confessioni degli imputati al primo processo di Mosca del 1936, il processo a Zinovev e Kamenev, in cui essi stessi dicono di aver pianificato e portato a termine l'assassino di Kirov. Ma gli anticomunisti sono smaniosi di credere che le confessioni, benché affatto mancanti di prove, sono in qualche modo "false".
Non c'è alcuna prova che Zinovev e Kamenev stessero mentendo, e quanto confessano è coerente con le testimonianze al secondo e al terzo processo di Mosca del 1937 e del 1938. Naturalmente non conosciamo i dettagli perché il governo russo ha ostinatamente rifiutato di rendere pubbliche le voluminose indagini, o anche di renderle accessibili ai ricercatori. Se Stalin fosse stato colpevole si può star certi che, nell'atmosfera di propaganda contro Stalin che regnava sotto Krusciov, e poi ancora sotto Gorbaciov e Eltsin, le avrebbero certamente rese note.
Con queste argomentazioni lineari e logiche Furr ci spiega la sostanza dei processi di Mosca studiati con l'ausilio delle fonti primarie degli archivi sovietici, quelli resi disponibili dopo il crollo dell'URSS, ma poi di nuovo secretati successivamente dai governi russi.
In uno dei suoi tanti libri Furr ci istruisce ulteriormente sulla falsificazione storica riguardo Stalin e la cospirazione trotzkista. Leggiamo alcuni passaggi: “Questo capitolo e quelli che seguono costituiscono una ricerca sulle prove che Leon Trotzki ha collaborato negli anni Trenta con funzionari tedeschi e/o giapponesi militari o governativi.
Trotzki è stato accusato e condannato in contumacia per tale collaborazione nei tre processi di Mosca del 1936, 1937 e 1938, detti anche ‘Processi Show’ Trotzki e il figlio Leon Sedov erano imputati in contumacia e figure centrali in quei processi. Trotzki dichiarò false le accuse, ma fino al 1956 esse erano ampiamente riconosciute, anche se non universalmente. Il 25 febbraio di quell'anno Nikita Krusciov pronunciò il suo famoso ‘Rapporto Segreto’ al XX Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS). Oltre a molto altro, di cui qui non tratteremo, Krusciov lasciò intendere, senza affermarlo esplicitamente, che almeno alcuni degli imputati in quei processi erano stati condannati ingiustamente.
Negli anni successivi alcuni degli imputati furono ‘riabilitati’ in Unione Sovietica e dichiarati innocenti. [...] Successivamente durante il mandato di Mikhail Gorbaciov tra il 1985 e la fine dell'URSS nel 1991, si verificò un'ondata ancora più vasta di ‘riabilitazioni’. Più avanti nel presente saggio discuteremo la natura essenzialmente politica, più che giuridica, delle ‘riabilitazioni’. [...] si è andato formando un consenso tra gli studiosi che i processi di Mosca erano montature, e le cospirazioni invenzioni dell'NKVD o di Stalin stesso. Questo consenso è una parte costituente del paradigma, o modello, della storia sovietica che prevale all'interno della stessa Russia e oltre i suoi confini e può essere definito il ‘paradigma anti-Stalin’. Tuttavia non è mai stata pubblicata nessuna prova significativa che i processi sono stati fabbricati e le confessioni falsificate. In ‘Trotzki Amalgams’ ho fornito ampie prove che le accuse e le confessioni erano davvero autentiche” (Grover Furr, La cospirazione di L. Trotzki con Germania e Giappone, Ed. Independently published, 2020, pag. 6/7).
E ancora: “Prove di archivio ora disponibili ci permettono di vedere che Krusciov, e poi successivamente Gorbaciov e gli storici che hanno scritto sotto la loro direzione, hanno mentito sistematicamente sugli eventi degli anni di Stalin in una misura che sarebbe difficilmente immaginabile se non avessimo prove di fonte primaria che dimostrano senza dubbio l'entità delle loro menzogne” (pag. 11).
Per finire: “Date le prove (analizzate nel libro) oggi disponibili c'è solo una conclusione obiettiva: la nostra ipotesi è stata confermata. Le prove ci impongono di concludere che Leon Trotzki ha collaborato con funzionari tedeschi e giapponesi per aiutarlo a tornare al potere in Unione Sovietica. Non vi è alcuna ragione per ignorare ciò o considerare le prove che abbiamo esaminato in questo documento come false, ottenute mediante tortura o fraudolente sotto altri aspetti.
Decidere in base all'evidenza richiede che noi accettiamo la natura sempre contingente della nostra conclusione. Qualunque valutazione obiettiva per questa o ogni altra conclusione storica, deve essere sempre provvisoria. Se e quando vengono prodotte nuove prove, dobbiamo essere pronti ad adeguare o addirittura abbandonare questa conclusione se motivati da tali nuove prove. Lo studio non conosce ‘certezze’. Allo stesso modo, l'evidenza ci costringe a concludere che Trotzki ha cospirato con i regimi militaristi hitleriano e giapponese per aiutarlo a rovesciare il governo sovietico e i capi del Partito comunista al fine di riprendere il potere in Unione Sovietica” (pag. 304).
Le indagini, analisi e conclusioni del professor Furr nei suoi libri smentiscono nettamente il castello di sabbia imbastito da Tasca nella sua "Autopsia dello stalinismo". Così come vanificano gli sforzi letterari di tutti gli autori della guerra fredda ingaggiati nella crociata internazionale contro il comunismo. E il rendere evidente le falsificazioni del rapporto di Krusciov, ne svela anche la sua funzione di cavallo di Troia all'interno del movimento comunista mondiale. Palesa l'aiuto fondamentale che questi ha dato alla guerra fredda culturale e a "tutti i briganti della penna", come li definisce Stalin, nel deformare completamente la realtà dei processi di Mosca, volti realmente a sventare la cospirazione contro l'URSS, preparando al meglio il Paese nell'affrontare la guerra mondiale imminente.
Krusciov e i suoi tirapiedi attinsero a piene mani le loro menzogne dagli scritti di Trotzki, e tutto questo veleno prodotto dal XX congresso lo avrebbe poi ereditato Gorbaciov che finì l'opera di smantellamento dell'URSS, iniziata trent'anni prima dai banditi interni ed esterni al PCUS e allo Stato sovietico.
Nel bilancio finale di questa breve riflessione non ci resta che constatare che la mole enorme della storiografia anticomunista e antistaliniana ha costruito una "realtà storica" che ha assunto i canoni dell'oggettività assoluta e indubitabile, apparentemente difficile da smentire.
I libri anticomunisti prodotti in cento anni dalla storiografia di questo genere se fossero impilati risulterebbero come montagne di carta, grandi montagne di carta. Ma, come ci insegna Mao con la storia di Yu Kung, le montagne possono essere spianate, e lo scopo di questo scritto è appunto un contributo a questo obiettivo.
Nel 69° Anniversario della scomparsa rendiamo onore al compagno Stalin e valorizziamo le sue grandi capacità di rivoluzionario e intellettuale marxista-leninista che ha dedicato tutta la vita alla causa del comunismo.
Egli è stato il costruttore riconosciuto del primo Stato socialista apparso nella storia e il PMLI lo ha giustamente inserito fra i grandi Maestri del proletariato internazionale. Nel nome di Stalin, contro Stalin e con Stalin si sta ancora oggi combattendo una battaglia culturale e politica a livello mondiale fra chi vuole tener in vita la grande menzogna e chi, invece, vuole rompere questa cappa di falsità che ostruisce il cammino della rinascita della prospettiva socialista nei singoli paesi e nel mondo e, in ogni caso, ricerca il ripristino della verità storica.

6 aprile 2022