Libro bianco della Commissione istituita dal ministro per i rapporti con il parlamento D'Incà
Il governo Draghi dichiara guerra all'astensionismo
Verso l'“election pass” e l'“election day”. Si potrà votare in anticipo presso gli uffici postali e comunali e in seggi lontani dalla propria residenza
Attraverso misure più concrete sul piano normativo e organizzativo, il governo Draghi ha dichiartato guerra per combattere e ridurre l'astensionismo elettorale che ormai dilaga come non mai nel nostro Paese, in vista del prossimo appuntamento elettorale e referendario del 12 giugno e soprattutto delle elezioni politiche previste per il prossimo anno.
A questo scopo è stata messa in campo una Commissione ad hoc istituita dal ministro per i rapporti con il parlamento con delega alle riforme istituzionali, Federico D'Incà, e coordinata dall'ex ministro, ex deputato ed ex senatore del PD Franco Bassanini. Una sorta di task force di esperti in materia elettorale, in statistica, in scienze politiche, in diritto costituzionale e burocrati vari del ministero degli interni uniti nella comune missione di analizzare il fenomeno dell'astensionismo e soprattutto di proporre ricette idonee a ridimensionarlo.
In poco più di tre mesi di lavoro, è stato partorito e recentemente presentato pubblicamente, un corposo Libro bianco di oltre 240 pagine, dal titolo “Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l'astensionismo e agevolare il voto” che contiene analisi e tutta una serie di proposte che saranno portate ora al vaglio del parlamento (per la parte normativa) e del governo stesso per la parte organizzativa e meramente amministrativa.
Lo spettro dell'astensionismo
In sintesi, secondo la Commissione l'astensionismo può essere diviso in tre filoni: 1) l'astensionismo volontario, quello cioè che viene definitivo “di protesta” o di “disinteresse verso la politica”. 2) L'astensionismo involontario che dipenderebbe invece dall'impossibilità materiale di recarsi alle urne a causa di impedimenti fisici o materiali, o di soggiorni temporanei fuori dal Comune di residenza per studio, lavoro, vacanza o altro. 3) L'astensionismo apparente che infine sarebbe quello che dipende dal fatto che per le elezioni regionali e amministrative gli elettori italiani all'estero iscritti all'AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero) vengono considerati elettori nei rispettivi Comuni di iscrizione elettorale e non possono votare per corrispondenza, al contrario di ciò che avviene per le elezioni politiche, e quindi concorrono al calcolo della percentuale di affluenza nei rispettivi comuni, secondo la commissione, alterandola.
La Commissione fra l'altro contrabbanda la tesi che il peso dell'“astensionismo volontario”, che pure quantifica con percentuali dal 25 al 35% degli elettori, sarebbe marginale rispetto a quello “involontario”.
Un dato tutto da dimostrare. Fermo restando che si tratta di una percentuale comunque altissima, difficile credere che il trend ininterrotto della crescita dell'astensionismo possa essere attribuito soprattutto alla crescita dell'“astensionismo involontario”. Specie in un paese come il nostro che fino agli anni '80-'90 facevano registrare percentuali di partecipazione alle urne ben al di sopra del '90% degli elettori. Non si spiegherebbero poi così i balzi percentuali dell'astensionismo registrati nelle ultime consultazioni nelle regioni del Centro e del Nord Italia rispetto alle regioni del Sud; le differenze evidenti fra tipologie diverse di consultazioni, ossia fra le elezioni politiche e quelle amministrative e europee; la diretta e inversamente proporzionale crescita dell'astensionismo rispetto alla scomparsa, o al loro declino, di partiti politici un tempo con una forte base elettorale come la DC e il PCI, oppure alla nascita di nuovi soggetti, sia a destra che a “sinistra”, che fra l'altro si prefissavano di intercettare il voto di protesta e “antisistema”, come la Lega e il Movimento 5 stelle.
Tutti fattori che indicano come l'elettorato nella stragrande maggioranza sceglie consapevolmente ogni volta a seconda del tipo di consultazione, del momento politico, delle forze in campo se recarsi o meno alle urne.
Per quanto riguarda l'“astensionismo involontario”, certamente questo è un dato fisiologico e sempre esistito. Poco credibile è che oggi gli elettori incontrino più difficoltà rispetto a qualche decennio fa a recarsi alle urne. A parte che i flussi migratori specie dal Sud d'Italia verso il Nord Italia e il Nord Europa caratterizzavano anche i primi decenni del dopoguerra, non sono certo paragonabili la capacità di mobilità, la velocità delle comunicazioni e i mezzi di trasporto privati e pubblici di allora con quelli odierni. Senza considerare i livelli di alfabetizzazione e dei mezzi di diffusione di massa dell'informazione fra ieri e oggi. Persino le stagioni e il meteo si sono dimostrati nei fatti fattori che non incidono sull'affluenza alle urne.
Come minimo, se gli astensionisti cosiddetti “involontari” non fanno di tutto per superare le difficoltà oggettive che possono incontrare per raggiungere le urne, è già un elemento di disaffezione, poco interesse e scarsa o nulla volontà di sostenere partiti, istituzioni, governi del regime neofascista capitalista.
Le misure antiastensioniste
Preso atto che poco può essere fatto sul piano giuridico e organizzativo per recuperare l'“astensionismo volontario”, la stessa Commissione si è espressamente concentrata sul recupero dell'“astensionismo involontario” (“quello su cui si può più incidere”, ha spiegato D'Incà) attraverso tutta una serie di proposte fra cui anche la possibilità di votare negli uffici postali e comunali e di votare anche fuori dalla propria resistenza.
Per ora vengono esclusi il voto per delega (apertamente anticostituzionale) e per corrispondenza (peraltro già permesso per gli italiani all'estero) per i palesi rischi di manipolazione e di violazione della segretezza.
Per il voto elettronico invece c'è già all'opera un gruppo interministeriale che ne sta studiando la fattibilità e la non affatto scontata compatibilità costituzionale.
Al momento la commissione propone dunque di semplificare il voto attraverso la digitalizzazione della tessera elettorale (in sostituzione di quella cartacea) e delle liste elettorali, il cosiddetto election pass,
sul modello del “greeen pass” sanitario. Gli elettori lo dovrebbero scaricare sul proprio cellulare o stamparlo e verrebbe poi verificato in tempo reale al seggio attraverso una apposita app. Propone, inoltre la concentrazione delle scadenze elettorali in due soli appuntamenti annuali predeterminati (election day
), uno in primavera e uno in autunno e la definitiva estensione del voto elettorale su due giorni, la domenica e il lunedì fino alle ore 15, già rintrodotto peraltro in quasi tutte le competizioni elettorali.
La novità più rilevante per ora sarebbe però quella di permettere agli elettori di votare nel proprio luogo di residenza ma in luoghi presidiati come gli uffici postali e comunali (favorita dall'adozione dell'election pass
) nei quindici giorni precedenti la scadenza elettorale in modo che ci sia il tempo di spedire poi la scheda al seggio “naturale”. In pratica una sorta di voto postale all'americana che ha già dimostrato la sua vulnerabilità a brogli e manipolazioni.
Altra possibilità è quella di votare in luogo diverso dalla propria residenza (all'interno della stessa circoscrizione/collegio) nello stesso giorno delle elezioni senza doverne concordare e comunicare in anticipo la scelta.
Sull'esempio di altri paesi nel mondo, non si esclude la possibilità che seggi elettorali possano essere allestiti anche presso i centri commerciali e di ristorazione, chiese, biblioteche, palazzetti dello sport, in aree dedicate sul modello degli sperimentati hub vaccinali. Non è difficile capire quanto queste misure possono ledere la libertà degli elettori se recarsi o meno alle urne, dal momento che saranno le urne stesse ad essergli imposte in ogni luogo di vita sociale, culturale e ricreativa. Inoltre attraverso l'election pass
sarà possibile verificare in tempo reale se un elettore si è recato o meno alle urne esponendolo a controlli e possibili inaccettabili pressioni.
Consapevoli che le sole percentuali dell'astensionismo possono essere fonte di incoraggiamento e di esempio per gli elettori incerti e ancora timorosi ad usare quest'arma elettorale, per ridurre l'incidenza del cosiddetto “astensionismo apparente”, la commissione ha infine proposto, come già avviene nelle elezioni politiche, di sottrarre i voti dei residenti all'estero dal corpo elettorale per le elezioni regionali e amministrative dei singoli comuni e regioni.
È evidente che la garanzia “della personalità, della segretezza e della libertà di voto” contenuta nella Costituzione del '48, nonché l'affidabilità e la non manipolabilità dei meccanismi elettorali e referendari, risultano ulteriormente compromessi.
Queste manovre del governo Draghi, testimoniano la preoccupazione delle istituzioni borghesi, dei suoi partiti e dei suoi governi nei confronti dell'astensionismo. La stessa commissione ammette che “La partecipazione è… lo strumento concreto del funzionamento reale della democrazia (borghese, ndr), le cui istituzioni sono sostenute e rispettate da cittadini che credono e possono riconoscersi in esse”.
Per noi marxisti-leninisti è l'ennesima dimostrazione che l'astensionismo tattico e qualificato è sul piano elettorale l'arma giusta da utilizzare perché in questa fase è l'unica capace di punire, indebolire e delegittimare i partiti, le istituzioni e i governi del regime capitalista neofascista. In particolare, l'elettorato di sinistra sinceramente anticapitalista e antimperialista, dovrebbero abbracciarlo senza riserve e concentrare tutte le proprie energie per aprire una grande discussione rivoluzionaria sul futuro dell'Italia che ponga al centro il problema del proletariato al potere e del socialismo.
27 aprile 2022