Il premier socialista spagnolo Sanchez riconosce la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale
Il Polisario: “Continueremo la lotta armata di liberazione”
L'incontro col re del Marocco Mohammed VI a Rabat lo scorso 7 aprile del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha aperto una "nuova fase" nelle relazioni tra i due paesi, in particolare nella collaborazione per il controllo del flusso dei migranti che premono sui residui coloniali spagnoli di Ceuta e Melilla. Una nuova fase in realtà aperta dalla decisione del premier socialista Sanchez di riconoscere la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale, l'ex colonia spagnola fino al 1975 occupata dall’esercito marocchino, presa senza alcuna remora di calpestare il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi che da allora attende il referendum promesso dall'Onu e finora sostenuto a parole anche dalla Spagna.
Con una lettera inviata il 18 marzo a Mohammed VI e resa nota da Rabat, prima ancora di informare il parlamento a Madrid compresi gli alleati di Podemos e tantomeno gli spagnoli, Sanchez aveva annunciato la decisione del suo governo di cambiare posizione, dalla vecchia allineata alle decisioni delle Nazioni Unite senza però esprimere preferenze tra autonomia e indipendenza, a quella di un sostegnio al piano del Marocco del 2007, un progetto annessionista di Rabat che tentava di estorcere il riconoscimento internazionale della sua occupazione sull’ex Sahara spagnolo in cambio di ridicole concessioni spacciate per parziale autonomia dei territori occupati dal 1975.
La proposta del Marocco farebbe del Sahara occidentale una regione con autonomia limitata alle secondarie funzioni amministrative e economiche mentre le competenze principali dalla difesa agli esteri, dalla moneta in uso alla bandiera e alla religione e naturalmente allo sfruttamento delle principali risorse naturali del territorio resterebbero di competenza degli aggressori e occupanti marocchini. Una impostazione di autonomia più vicina a quella definita per i territori palestinesi dagli occupanti sionisti che reale. Tanto che finanche la Commissione europea ha recentemente ricordato il suo sostegno al diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, pur senza dar sostanza all'impegno. Anche perché la posizione di Madrid non è isolata tra i paesi imperialisti europei, con la Francia alleata di Rabat che ha approvato la natura "seria e credibile' del piano" e col governo tedesco che recentemente ha descritto il piano del Marocco come un "contributo importante".
Sanchez è in buona compagnia tra gli imperialisti occidentali nella nuova configurazione guidata da Biden di cavalieri senza macchia né paura a difesa della civiltà, dei valori occidentali, della democrazia contro le autocrazie al di là del nuovo muro in costruzione. E nella sua lettera al re Mohammed VI definiva "l’iniziativa di autonomia marocchina, presentata nel 2007, come la base più seria, realistica e credibile per risolvere la controversia", raccogliendo gli elogi del il ministro degli esteri marocchino Nasser Bourita per una posizione allineata con "il riconoscimento ottenuto nel dicembre 2020 della sovranità marocchina da parte dell’ex presidente Usa Donald Trump", non sconfessata da Biden, in cambio dell'adesione del Marocco alla normalizzazione dei rapporti col regime sionista dopo gli Accordi di Abramo.
La decisione spagnola è "in totale contraddizione con la legalità internazionale e le risoluzioni Onu" denunciava il governo della Repubblica araba saharawi semocratica (Rasd), il governo in esilio riconosciuto dalle Nazioni Unite e dall'Unione Africana (UA) che rappresenta il popolo saharawi, compresi gli oltre 170 mila profughi che vivono da più di 40 anni nei campi ne deserto della regione algerina di Tinduf. L'Algeria era l'unico paese che richiamava il suo ambasciatore da Madrid in segno di protesta.
Il Fronte Polisario, l'organizzazione nata nel 1973 per rivendicare l’indipendenza del territorio e che ha condotto la guerra di resistenza all'occupazione marocchina, la definiva un ulteriore ostacolo agli sforzi per una soluzione pacifica del conflitto e riaffermava "la propria volontà a continuare nella lotta armata di liberazione".
18 maggio 2022