L'armata neonazista del nuovo zar Putin bombarda e isola Severodonetsk: centinaia i morti. Nuove immagini confermano i crimini a Bucha. 87 morti in un attacco aereo russo a Desna
Eseguendo l'ordine dei vertici militari ucraini i difensori dell'Azovstal di Mariupol cessano di combattere e si consegnano al nemico
Zelensky:"La vittoria sarà difficile e sanguinosa, ma la conclusione è racchiusa nella diplomazia"
Questa nuova settimana di guerra è aperta dalle dichiarazioni di Zelensky secondo la quale tutte le comunità meridionali attualmente occupate dalle armate zariste come Kherson, Melitopol, Berdyansk, Enerhodar e Mariupol, saranno liberate. “L'Ucraina tornerà”, ha affermato, e nell'esclamare in uno dei suoi discorsi alla nazione: “il Donbass è l'inferno, non una esagerazione”, ha inteso riassumere tutta la drammaticità del popolo ucraino sotto il giogo neonazista di Putin.
Secondo Kiev la guerra scatenata da Putin ha cancellato 23mila km di strade, 6mila di ferrovie, 350 ponti dei quali 50 ferroviari e tutti gli aeroporti sono stati distrutti o bombardati almeno una volta, per un costo totale di 40 miliardi di dollari.
Il governo ucraino ordina la resa dei combattenti dell'Azovstal
Intanto gli oltre 2.500 soldati ucraini asserragliati nell'accieria Azovstal, sostanzialmente tutti, si sono arresi all'esercito russo su ordine del governo di Kiev. Mosca sta preparando un grande processo che si terrà inizialmente proprio a Mariupol, ora in mano all'esercito russo e alle forze separatiste filorusse. Zelensky ha proposto uno scambio di prigionieri, ma i russi non rispondono in maniera definitiva in attesa di nuovi sviluppi.
Anche per questo motivo Mosca, secondo fonti britanniche, potrà spostare parte delle truppe da Mariupol per intensificare ancora l'offensiva nel Donbass.
L'armata neonazista russa si concentra nel Donbass
Il portavoce del ministero della Difesa di Kiev Oleksandr Motuzyanyk ha affermato che la situazione “nell'area delle ostilità nel Donetsk e nel Luhask è attualmente tesa e mostra segni di ulteriore aggravamento. Le forze di occupazione russe stanno usando fuoco intenso lungo l'intera linea di contatto e stanno cercando di colpire con l'artiglieria nella profondità della difesa delle truppe ucraine".
Ciononostante l'offensiva russa è cronicamente in ritardo anche nel Donbass e, ad oggi, si contano soltanto successi “localizzati” - come li definiscono fonti britanniche -, e ciò non per l'assenza di equipaggiamento o di armi come alcuni analisti frettolosamente affermano, ma per la scarsa motivazione delle truppe d'aggressione e soprattutto per la forte, eroica e coraggiosa resistenza dell'esercito, del popolo e del governo di Kiev, ogni giorno più organizzata ed efficace, aiutata dall'enorme quantitativo di armi inviate dall'occidente e dagli aiuti economici e finanziari e per la grande volontà di non cedere un millimetro di terra alle truppe di occupazione. Il bilancio dei soldati morti per Mosca sale a circa 30.000 dall'inizio dell'offensiva, praticamente quanto le perdite russe in Afghanistan in 9 anni.
Pur non rinunciando ai suoi obiettivi, Mosca continua a rovesciare un'incessante pioggia di missili su molte città ucraine -e non solo nel Donbass conteso- come a Lyman, Bakhmut, Desna, Lysychansk, Privilege, nella regioni di Sumy e in quella di Zaporihzhia, Belozersk (dove sono state usate ancora una volta bombe a grappolo), così come a Kiev, Zhytomyr, Malyn, Mykolayiv, Avdiivka e Desna dove bombardamenti e missili hanno fatto 87 morti, così come la regione di Izyum che rimane nel mirino. Certo è anche che la città di Rubizhne, nella regione del Lugansk, è stata completamente distrutta alla stessa stregua di Mariupol e ben 54 villaggi nel Donbass sono stati bombardati ripetutamente.
A Severodonetsk una seconda Mariupol
L'armata neozarista si sta concentrando soprattutto contro Severodonetsk, bastione controllato ancora dalle forze ucraine nel Lugansk dov'è stata bombardata anche una scuola e che i separatisti rivendicano fin dal 2014. Kiev parla di pioggia incessante di bombe e il rischio concreto di ripetere l'annientamento già perpetrato a Mariupol.
Ad ora la città è praticamente isolata poiché le truppe russe hanno distrutto tutti i ponti, tranne uno da loro controllato, ed il 90 per cento delle infrastrutture in generale. Anche le nuove truppe siberiane appena inviate da Mosca stanno contiubuendo a fare di Severodonetsk – dove ci sarebbero ancora oltre 12 mila civili - “terra bruciata”.
Toccante l'affermazione che il consigliere del ministro degli Interni ucraino Anton Gerashchenko ha rilasciato alla tv ucraina: "Penso che la guerra continuerà fino a quando non faremo la nostra 'Stalingrado', la nostra battaglia di Kursk sui russi".
Continuano le stragi di civili. Nelle zone liberate si scoprono altri crimini di guerra
In totale i civili uccisi dai primi giorni di guerra sarebbero oltre 4.600, dei quali 240 bambini, e ogni giorno cadono dai 50 ai 100 ucraini sul fronte est, come affermato dallo stesso Zelensky. Un altissimo tributo di sangue causato dall'imperialismo russo del nuovo Zar putin e da null'altro.
Anche dal punto di vista economico secondo l'ONU, nove ucraini su dieci se la Russia continuerà il suo assalto, cadranno in povertà. Anche l'UE attraverso le parole di Josep Borrell, denuncia: "Crimini indicibili vengono segnalati dalle regioni liberate in Ucraina. La violenza sessuale come arma di guerra contro donne e bambini tra le atrocità commesse dai soldati russi. Gli autori devono esserne considerati responsabili"; e infatti sono iniziati i processi ai militari russi accusati di crimini e genocidio.
Intanto sono emersi nuove immagini e filmati che confermano la strage di civili a Bucha, rendendo vani e falsi i tentativi di Mosca che si affannano a definire il massacro come una messa in scena da parte di Kiev. A Mariupol, altri 200 civili sono stati ritrovati morti in un rifugio sotto le macerie di un grattacielo bombardato.
Secondo Kiev poi, oltre 1,4 milioni di ucraini sarebbero stati deportati con la forza in Russia, compresi circa 250 mila minori. Con la guerra in Ucraina, secondo l'Onu, le persone sfollate in tutto il mondo avrebbero superato la soglia dei 100 milioni.
L'escalation guerrafondaia e la Nato
Sul fronte aiuti, il G7 ha annunciato lo stanziamento di 19,8 miliardi di dollari per l'Ucraina, e molti Paesi, fra i quali l'Italia del banchiere massone Draghi, ha confermato l'invio di altre armi a Kiev.
Una situazione complessa e lontana dal risolversi che indubbiamente porta acqua al mulino dell'espansionismo Nato che incassa le adesioni di Svezia e Finlandia, alle quali ha dato una grossa mano lo stesso Putin come abbiamo sostenuto fin dall'inizio, con questa criminale aggressione.
A questo ingresso si oppone il dittatore e massacratore di curdi Erdogan poiché Finlandia e Svezia “collaborano col terrorismo” sostenendo e finanziando il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, chiedendo loro di prendere una posizione netta e decisa a favore di ANkara; Stoltenberg dal canto suo “comprende” le reazioni del dittatore fascista e auspica una soluzione “per la sicurezza di tutti”.
L'imperialismo USA, sempre pronto a cogliere ogni occasione al volo, ha annunciato di voler mantenere a lungo un presenza di oltre 100 mila soldati – un terzo in più degli attuali - oltre ad armamenti e strutture in Europa, sul fianco orientale della Nato. Il Pentagono, attraverso il portavoce della Difesa Kirby, starebbe valutando anche l'invio di truppe USA a difesa dell'ambasciata a Kiev. Ciò costituirebbe un fatto grave e pericoloso che potrebbe innescare una nuova escalation rispetto alla promessa iniziale di Biden che nessun soldato americano avrebbe messo piede in Ucraina.
Il Ministro degli esteri austriaco invece, ricordando il principio di “neutralità militare” presente nella Costituzione del suo Paese, afferma che la possibilità di un ingresso di Vienna nella Nato è fuori discussione.
Per risposta Mosca annuncia l'installazione di 12 nuove unità militari e divisioni nel distretto militare occidentale, come ha annunciato il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, e 2 nuovi sistemi antimissili S-400 sono stati schierati in Crimea.
Incertezza sulle sanzioni e percorso “standard” per l'ingresso di Kiev nell'UE
Intanto il vice premier russo Novak ha affermato che circa la metà delle 54 società straniere che hanno contratti con Gazprom per l'acquisto di gas russo hanno aperto conti bancari in rubli, nella prospettiva dunque di accettare il nuovo sistema di pagamenti chiesto da Mosca che in tanti avevano definito come una violazione contrattuale. Mosca ha cessato di esportare gas a Polonia, Bulgaria e Finlandia che non hanno accettato questa valuta di pagamento in rubli, mentre la Lituania ha deciso autonomamente di interrompere le importazioni di petrolio, gas ed elettricità. Ma c'è di più. Mosca infatti ha fatto sapere che riaprirà l'accesso ai porti ucraini appena l'occidente eliminerà le sanzioni sull'export, nel tentativo maldestro dunque di addossare la resposabilità del fermo del grano che sta generando l'ennesima crisi alimentare mondiale ai cosiddetti “Paesi ostili”.
Ma mentre da un lato, pian piano e nel rispetto della legge suprema del capitalismo e del profitto, si inizia a parlare di Europa indipendente dal gas russo fra qualche anno, la Cina si sta sostituendo quale partner principale del nuovo zar Putin anche relativamente alle importazioni enegetiche a partire dal petrolio.
Kiev invece rilancia la necessità impellente di un immediato embargo energetico a Mosca: ”Da quando è iniziata la guerra, la Russia ha guadagnato 63 miliardi di euro nelle esportazioni di combustibili fossili, la maggior parte dall'Unione europea”, è quanto dichiarato dalla prima viceministra degli Esteri ucraina Emine Dzhaparova.
Sull'ingresso in modalità “ultrarapida” all'UE, frena la Germania che, assieme ad altri Paesi come la Francia ad esempio che parla di 15 o 20 anni necessari, ritiene questa procedura lesiva nei confronti di altri Paesi che stanno seguendo il percorso standard. Kiev va però in pressing, dichiarandosi non disposta ad altri tentennamenti dei governi comunitari e confermando la volontà di entrare in UE il prima possibile.
Sul fronte sanzioni, Zelensky propone a coloro che definisce i “Paesi partner”, la firma di un accordo multilaterale secondo il quale i fondi russi e le proprietà all'estero dovrebbero essere sequestrati o congelati, quindi confiscati e inviati a un fondo dal quale tutte le vittime dell'aggressione russa potranno ricevere un congruo indennizzo.
In stallo i negoziati
Mentre rimangono in stallo i negoziati fra le delegazioni russa ed ucraina, Mosca fa sapere di aver ricevuto la proposta italiana per la soluzione pacifica della guerra e di valutarlo. D'altronde Kiev per voce del consigliere presidenziale Podolyak, ha risposto alla comunità internazionale che non accetterà nessuna proposta di “cessate il fuoco” in mancanza di un ritiro totale delle truppe russe dal suolo ucraino. “La società ucraina non è interessata ad una nuova 'Minsk – ha detto – e al ritorno alla guerra tra pochi anni”.
Zelenskiy ha dichiarato che Putin sarebbe l'unico funzionario russo che è disposto a incontrare con un unico punto all'ordine del giorno: fermare la guerra; rivolgendosi in collegamento video al World Economic Forum di Davos, ha anche detto che organizzare qualsiasi tipo di colloquio con la Russia sta diventando sempre più difficile alla luce di quelle che sono le prove delle azioni russe contro i civili. Ha affermato anche che qualsiasi idea di recuperare con la forza la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, causerebbe centinaia di migliaia di vittime.
In una precedente intervista il presidente ucraino aveva già affermato che, nonostante la guerra e viste le posizioni di Mosca e Kiev, sarà solo la diplomazia a farla terminare effettivamente con un accordo.
Accordo che nell'interesse del popolo ucraino martoriato, ci auguriamo che si concretizzi al più presto.
In un messaggio diffuso via telegram, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensk
ha spiegato: "La vittoria sarà difficile e sanguinosa, ma la conclusione è racchiusa nella diplomazia (…) Non abbiamo iniziato noi questa guerra. Ma noi la dobbiamo finire. Io credevo che la si potesse concludere con un dialogo, che avrebbe potuto essere un dialogo lungo ma che si sarebbe potuta trovare una soluzione. Lo pensavo davvero. Ma questa è la Russia”.
25 maggio 2022