A 30 anni dalla strage di Capaci in cui trovò la morte Falcone
Cosa nostra è ancora operativa anche sul piano elettorale
Dell'Utri e Cuffaro in campo per le elezioni a Palermo
Forze interne alle istituzioni coprono e manovrano Cosa nostra
Il 23 maggio scorso è stato il 30° Anniversario della strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta.
Certamente uno tra i più efferati crimini compiuti dalla mafia, una dimostrazione di forza brutale di questa plurisecolare organizzazione criminale siciliana, elaborato e compiuto per mandare chiari segnali contro chi intendeva combatterla dall'interno delle istituzioni borghesi, come Falcone, e inteso anche come atto dimostrativo verso tutti coloro i quali, manovratori e collaboratori della mafia, sembravano intenzionati a indebolirla.
Strage che, insieme a quella di Via D'Amelio in cui morirà nel luglio dello stesso anno, il 1992, il giudice Paolo Borsellino, segna uno spartiacque tra la prima e la seconda repubblica neofascista.
In un articolo del 22 maggio scorso apparso su "Il Fatto Quotidiano", contenente un estratto della prefazione dell'ex giudice Roberto Scarpinato del libro "Le ultime parole di Falcone e Borsellino" di Antonella Mascali, l'ex procuratore generale della corte d'appello di Palermo ha rilasciato importanti dichiarazioni.
Per Scarpinato è importante ricordare che la mafia non ha solo il volto degli assassini esecutori materiali delle stragi, ma innanzitutto quello dei colletti bianchi, anello di congiunzione tra le famiglie mafiose, cioè la borghesia criminale e la borghesia apparentemente "pulita", i loro servi, cioè i politicanti borghesi di destra e di "sinistra" e rappresentanti delle istituzioni borghesi di ogni ordine e grado: parlamentari, giudici corrotti, presidenti del consiglio, uomini dei servizi segreti e delle "forze dell'ordine" e così via.
La cosa grave è che negli anni molti di loro sono stati condannati con sentenze penali passate in giudicato, ma la cosa è stata progressivamente oscurata dai mass media del regime neofascista e filomafioso, volti a raccontare al massimo una realtà distorta delle organizzazioni criminali, anche con una serie di film e fiction televisive, non a caso prodotte e non solo per ragioni commerciali proprio dai colossi dell'informazione e dell'intrattenimento (Rai, Mediaset, Sky) che, seppur importanti nella prospettiva degli autori di portare all'attenzione dell'opinione pubblica il fenomeno mafioso, si sono sempre focalizzate sugli aspetti psicologi dei personaggi (alcuni davvero fuori dalla realtà) o al limite solo su aspetti parziali del fenomeno mafioso, senza soffermarsi troppo, questo è il punto, sugli intrecci perversi tra il malaffare, la corruzione dei politicanti borghesi, la copertura e la sostanziale impunità verso i colletti bianchi da parte dello Stato e in ultima analisi evitando di mettere in luce la matrice delle mafie e del crimine in generale, cioè il capitalismo stesso e le malefatte e le infinite trame dei vertici della seconda repubblica capitalista, neofascista e filomafiosa.
Tanto che assistiamo oggi alla presenza nella politica attiva sia a livello locale che nazionale di tutta una serie di personaggi oggettivamente mafiosi o filomafiosi ancora sulla cresta dell'onda, si pensi a Cuffaro, Dell'Utri, Micciché, solo per citare i casi più eclatanti e legati solo alla Sicilia, che fra l'altro sono in campagna elettorale proprio in questi giorni.
È quello che Scarpinato, richiamando Falcone, chiama "il gorgo del potere" di cui la mafia fin dall'Unità d'Italia e conseguente nascita della Questione Meridionale è parte integrante.
Il "gorgo del potere" è l'esercizio da parte della classe dominante borghese del suo dominio economico, politico, militare, istituzionale e criminale che ha sempre avuto bisogno e continua ad averne delle stragi e delle violenze contro chiunque si opponga al suo dominio e da questo punto di vista le stesse stragi del 1992, come gli attentati del 1993, sono legati con un filo nero fin dai primi anni del dopoguerra e la nascita della Repubblica tanto allo stragismo mafioso quanto a quello fascista, sostiene giustamente Scarpinato, che individua dunque una regia comune dalla strage di Portella della Ginestra del Primo maggio del 1947, fino ai piani del golpismo legati a doppio filo alla Nato e all'imperialismo americano in funzione anticomunista, quindi alle terribili stragi degli anni '60-'70-'80 del secolo scorso, cosa comprovata tra l'altro dai tempi biblici dello svolgimento dei processi penali appositi, che non sono riusciti spesso e volentieri a individuare mandanti ed esecutori di crimini mostruosi compiuti contro il popolo italiano, quando in realtà è sempre stato chiaro come il sole a mezzogiorno che le centrali direttive dello stragismo, come della stessa mafia, sono sempre state dentro i vertici della classe dominante borghese, si pensi alla P2, dello Stato ad essa asservito e dei partiti, a cominciare dalla Dc, del Psi e dal Msi, anche sotto la sapiente regia (basti pensare alla “Gladio” del golpista Cossiga) dell'imperialismo americano.
Per Scarpinato lo stato borghese di allora e di oggi non è credibile nella lotta alle mafie, perché corrotto, come già in quegli anni venne provato dall'inchiesta "Mani Pulite" e da Tangentopoli, le quali, insieme alla liquefazione del socialimperialismo sovietico, la svalutazione della lira, voluta dal governo Amato (e dallo stesso suo collaboratore oggi al governo, il banchiere massone Draghi), crearono tutta una serie di fibrillazioni e contraddizioni interborghesi che spinsero le mafie stesse verso lo stragismo, favorendo oggettivamente, con l'avvento del piduista Berlusconi in politica e l'opposizione di cartone della "sinistra" borghese, la realizzazione di fatto e di diritto del famigerato “Piano di rinascita democratica” e dello "schema R" della loggia massonica P2 di Gelli, Craxi e dello stesso Berlusconi che ha portato alla vigente seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, portando fra l'altro il nostro Paese a perdere sovranità e diventare parte integrante della Ue imperialista, vero mostro economico, politico, militare e istituzionale che non si può riformare in alcun modo e va distrutto cominciando a tirarne fuori l'Italia.
La fragile, ormai impopolare prima repubblica democratico-borghese e anticomunista, pure terrificante e sanguinaria, non era più in condizione di garantire la stabilità della borghesia (e quindi della sua parte più corrotta, violenta e reazionaria, costituita dalle mafie) al potere e di realizzare tutta una serie di infami e antipopolari controriforme effettuate sull'altare della legge del massimo profitto (la legge fondamentale del capitalismo monopolistico, ossia l'imperialismo), si pensi alle controriforme del lavoro, delle pensioni, della scuola e delle università, della sanità, della giustizia, il passaggio all'esercito professionale e dunque espressamente interventista, contro le donne, i migranti e i diritti civili, la sottomissione del parlamento e della magistratura all'esecutivo, le privatizzazioni, il servilismo nei confronti del clero, che hanno riportato indietro di decenni il nostro popolo dopo anni di cruenti battaglie, per consentire ai monopoli italiani e ai mafiosi di lucrare, fagocitando diritti e potere d'acquisto delle masse, anche nella prospettiva del rilancio delle vocazioni imperialiste italiane, che vedono il nostro Paese partecipare da decenni a tutta una serie di criminali "missioni di pace" costosissime e incostituzionali che fra l'altro rischiano di esporre il nostro popolo alle sciagurate rappresaglie dei combattenti islamici antimperialisti se non addirittura la partecipazione dell'Italia ad un nuovo terrificante conflitto mondiale.
Il tutto lasciando mano libera alle mafie, diventate vere e proprie multinazionali del crimine (si pensi in particolare alla 'ndrangheta calabrese) e ai fascisti, che invece di essere perseguiti con tanto di scioglimento delle loro organizzazioni, erano e sono, oggi più di ieri, manovrati, riveriti e rispettati (si veda il mancato scioglimento di CasaPound e Forza Nuova da parte di Draghi dopo l'assalto alla CGIL) mentre è palese la volontà di mettere fuorilegge i partiti comunisti e in particolare il PMLI in Italia, come vorrebbe esplicitamente la Ue imperialista all'interno di tutti gli stati membri.
Infame in questo senso l'equiparazione del nazifascismo al comunismo, il vomitevole revisionismo storico sulla Resistenza e il socialismo e le falsità sostenute a spada tratta anche dalla "sinistra" borghese sulle "foibe", il sedicente Holodomor ucraino, frutto della propraganda nazista e mai avvenuto, le fosse di Katyn opera dei nazisti ma attribuite ai sovietici e così via, che hanno creato negli anni il clima culturale volto alla restaurazione del fascismo in Italia sotto altri simboli, cioè appunto alla seconda repubblica neofascista.
Tra il fascismo e la mafia vi è una ovvia continuità, la fazione più violenta, criminale e reazionaria tra le fazioni politiche borghesi è legata a doppio filo alla borghesia criminale, in particolare Scarpinato mette in luce il ruolo del defunto fascista Stefano Delle Chiaie (al centro di infinite trame golpiste e stragiste) anche nell'ambito dello stragismo mafioso di quegli anni, affermando mercoledì 25 maggio scorso a Rainews24: “Si accumulano sempre più risultanze che il piano stragista era stato elaborato da un complesso sistema criminale (dal quale a Cosa Nostra era stato dato il compito di fare da braccio armato) ma che era stato pensato ed elaborato dalla massoneria deviata e da esponenti della destra eversiva” in funzione appunto della preparazione del terreno alla seconda repubblica neofascista vigente.
Ruolo di Delle Chiaie, del neofascismo e dei servizi segreti sul quale non sono d'accordo altri magistrati, ma che sembra invece (aldilà delle responsabilità penali dei singoli non accertate) palese ed evidente.
Scarpinato dunque conferma quanto noi marxisti-leninisti sosteniamo da sempre e che abbiamo ribadito con forza al 5° Congresso del Partito nel dicembre del 2008 a proposito delle mafie e in generale della Questione Meridionale (che per noi è la vera questione nazionale) e del regime neofascista e filomafioso vigente:
"La Questione meridionale è l'insieme dei problemi relativi alla condizione di
profonda arretratezza del Sud rispetto al Centro e al Nord Italia, delle cause e
delle conseguenze politiche, economiche, sociali e culturali ad essa connesse.
L'alleanza organica tra la borghesia più conservatrice del Nord e i latifondisti del Sud sotto l'egemonia della reazionaria Casa Savoia, blocca l'economia del Sud, prevalentemente agricola, e gli preclude ogni possibilità di pieno sviluppo capitalistico dei rapporti di produzione.
Le rendite non vengono reinvestite nell'ammodernamento della produzione, ma spostate al Nord per rafforzarne l'industria. Si pongono così i presupposti del cronico impoverimento delle masse popolari del Sud, mentre i primi nuclei di criminalità organizzata, militarmente strutturati nelle campagne e nelle città, si alleano stabilmente con lo Stato borghese ai fini del controllo e dello sfruttamento del lavoro salariato e con la funzione di repressione dei movimenti popolari...
La criminalità organizzata - 'ndrangheta, mafia, camorra, sacra corona unita -, che è la parte più reazionaria e sanguinaria della borghesia italiana, condiziona pesantemente lo sviluppo del Mezzogiorno. La sua esistenza nello Stato borghese e nell'economia capitalistica è legata a funzioni specifiche che vi svolge e che, dall'Unità d'Italia ai nostri giorni, si sono sempre più evolute e raffinate, allargandosi a comprendere settori dell'industria e dell'agricoltura, dell'alta finanza, della politica borghese. Oggi la criminalità organizzata è fortemente compenetrata con l'economia e le istituzioni borghesi.
Al rafforzamento della criminalità organizzata hanno contribuito la controriforma dell'ordinamento giudiziario, le leggi sulla depenalizzazione del falso in bilancio, lo scudo fiscale, i condoni, la precarizzazione del lavoro, le leggi sull'immigrazione e quelle neofasciste sulle tossicodipendenze, le privatizzazioni dei servizi, le leggi sulla forma federale dello Stato e sul federalismo fiscale e sul piano sociale il consistente immiserimento e avvilimento delle condizioni di vita che diventa un terreno ideale per l'assoldamento della manovalanza delle mafie.
Per sconfiggerla bisogna capire dov'è la testa su cui indirizzare i nostri colpi principali. La testa si trova nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e nelle istituzioni. Cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica.
Per il PMLI la lotta contro la criminalità organizzata è parte integrante della battaglia per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno.
Occorre sostenere i magistrati impegnati in prima fila nella lotta alle cosche e le richieste delle Procure distrettuali antimafia per disporre di fondi e mezzi adeguati per svolgere la loro attività.
Non serve la militarizzazione del territorio e vanno combattuti i provvedimenti neofascisti miranti ad imporla nelle regioni del Sud.
La lotta alla borghesia criminale rientra nella lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il riformismo, il revisionismo e il neorevisionismo. Tuttavia è necessario che tutti gli antimafiosi si uniscano in un vasto Fronte unito, che può essere articolato nelle regioni e nelle città, deve avere un carattere di massa e nazionale e deve comprendere tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose democratiche che realmente intendono liberare il Mezzogiorno dalla criminalità organizzata.
Il PMLI è disponibile a formare questo vasto Fronte unito, sulla base di una piattaforma politica comune e su un piano di uguaglianza nei diritti e nei doveri, il quale consentirà di riportare delle importanti vittorie sulla criminalità organizzata.
Occorre tuttavia essere coscienti che la criminalità organizzata non è un corpo estraneo allo Stato e all'economia borghesi, e perciò essa potrà essere estirpata completamente e definitivamente solo abbattendo lo Stato borghese e instaurando il socialismo."
Nel ricordare le vittime innocenti delle mafie, invitiamo quindi oggi più di ieri tutti i sinceri antimafiosi a unirsi a noi e a legare la lotta contro le mafie a quella più generale contro il capitalismo che ne è la matrice e per il socialismo, lottando per abbattere da sinistra e dalla piazza il governo del banchiere massone Draghi e la seconda repubblica capitalista, neofascista e filomafiosa e le sue marce, corrotte e irriformabili istituzioni, nel quadro appunto più generale della lotta per il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato che è poi la madre di tutte le questioni e la chiave di volta per distruggere per sempre le mafie nel nostro martoriato Paese.
1 giugno 2022