Prima delle elezioni comunali parziali del 12 giugno
Su 980 comuni solo 3 liste chiedono la verifica dell'Antimafia
Appena 9 mesi fa, era il 5 agosto 2021, la Commissione parlamentare antimafia annunciava con grande enfasi l'approvazione all’unanimità del nuovo codice di autoregolamentazione sul controllo delle liste elettorali.
Il testo introduce un procedimento, purtroppo facoltativo, che consente alle cosche parlamentari, ma non le obbliga, di sottoporre al controllo preventivo della Commissione le liste elettorali in tempi utili da consentire l'eventuale sostituzione di candidati collusi con la mafia e ritenuti “impresentabili”.
Invece, in vista delle amministrative del 12 giugno che coinvolgono ben 980 Comuni (ognuno dei quali con decine di candidati a presidente, sindaco e consigliere), alla Commissione parlamentare Antimafia sono arrivate appena tre liste da tutta Italia.
Un rifiuto totale di sottoporsi al controllo da parte dei partiti parlamentari che la dice lunga sulla tanto sbandierata trasparenza delle liste e dei candidati di cui si ammantano tutti i partiti della destra e della “sinistra” del regime neofascista per carpire il voto agli elettori. Le segreterie dei partiti sanno benissimo di avere le liste piene di candidati mafiosi, corrotti e delinquenti di ogni risma e fattura e proprio per questo si sottraggono al vaglio preventivo della Commissione che, ancora una volta, si ritroverà a lavorare a giochi ormai fatti e può quindi solo segnalare la candidatura di un mafioso in una lista ma non può fare niente per chiedere la sua esclusione.
Le uniche tre liste inviate alla Commissione sono quelle del Movimento 5 Stelle ma riguardano solo tre Comuni: Ardea e Ciampino (Roma) e Frosinone su un totale di ben 980.
Niente da Genova né da Parma, Verona, Palermo, Rieti, Lucca e tutte le altre grandi e piccole città e capoluoghi di provincia.
Di fronte a ciò l’iter della Commissione dovrà seguire la via ordinaria che, a partire dal deposito delle liste, trenta giorni prima del voto, prevede che le Prefetture segnalano all’antimafia tutti i nomi dei candidati; l’antimafia gira i sospetti alla Direzione nazionale Antimafia e poi, circa una settimana prima delle urne, la stessa Dna invia alla Commissione un riscontro sui profili a rischio.
A quel punto però sarà troppo tardi per cambiare le liste e i candidati segnalati resteranno in corsa e sicuramente saranno votati e difesi a spada tratta dalle stesse cosche parlamentari a cui fa capo la stessa Commissione antimafia attualmente presieduta dall'ex 5 Stelle Nicola Morra.
In questo modo, come evidenzia la relazione della Commissione antimafia (la cui analisi è relativa al 2020) si arriva al paradosso gattopardesco di tanti comuni che vengono sciolti per mafia e poi, dopo due anni di commissariamento, si va alle elezioni e viene eletto lo stesso sindaco di prima.
Come è successo ad esempio al comune di Scilla (Reggio Calabria): sciolto per mafia nel 2018 e tornato al voto nel settembre 2020, con Pasqualino Ciccone a capo della lista civica “Scilla Riparte” che si è ripreso la poltrona di neopodestà con 2757 voti pari al 97,84% dei voti validi contro la lista “Diritti, democrazia e libertà per Scilla” guidata da Ilario Ammendolia che ha raccattato appena 61 voti pari al 2,16% dei voti validi. Anche se il vero vincitore è stato l'astensionismo in quanto su 5546 aventi diritto solo 2973 sono i voti validi, ossia il 53,61% .
1 giugno 2022