Con 180 sì, 26 contrari e un astenuto
Il Senato approva il ddl sulla Concorrenza e il Mercato che privatizza i servizi pubblici locali
Ignorate la mobilitazione e la protesta popolare
Lunedì 30 maggio scorso il Senato ha approvato il disegno di legge sulla Concorrenza e il Mercato eseguendo gli ordini del governo del banchiere massone Draghi e dell’Unione Europea imperialista, che spingono perché il provvedimento venga approvato in tempi rapidi, con il prossimo voto della Camera e l'ultimo passaggio al Senato, così da permettere poi l’emanazione dei decreti attuativi entro l’anno, passaggio necessario per l’accesso ai fondi del Next Generation Eu.
La lotta contro il ddl Concorrenza ha prodotto mobilitazioni e manifestazioni nel Paese, ed è riuscita persino a far schierare contro quattro consigli regionali, tutti i consigli comunali delle più grandi città e diverse decine di comuni medi e piccoli.
Cosa che ha spinto Draghi a fare retromarcia sull’obbligo di privatizzazione dei servizi pubblici locali e sulla possibilità per i Comuni di autoprodurre i servizi pubblici per la comunità di riferimento.
Una scelta dal sapore tattico, visto il carattere antipopolare, iperliberista e predatorio dell'attuale esecutivo intenzionato in tutto e per tutto a scardinare ogni residuo di "stato sociale" e di servizi pubblici garantiti dagli enti locali sull'altare della legge del massimo profitto e delle privatizzazioni, le quali, com'è noto, producono sempre costi maggiori per gli utenti e servizi scadenti, specie al Sud, dove privatizzare significa chiamare in causa le mafie sempre e comunque.
Una politica dettata anche dal tentativo di riequilibrare le spese dello stato a scapito dei servizi garantiti dagli enti locali, visto il vergognoso sbilanciamento in direzione delle spese militari, aumentate del 2% del PIL, per la gioia dei produttori di armi e per gli appetiti dell'imperialismo italiano.
Questa infame politica, accentuata da Draghi, ma portata avanti da decenni è poi la prova provata del fallimento del federalismo e del famigerato "autogoverno degli enti locali" che spacciando la maggiore autonomia data alle regioni e ai comuni come possibilità di avere "governi locali più vicini al cittadino", in realtà rivela il volto neofascista e antipopolare del federalismo, pensato per le fameliche e criminali borghesie regionali (si pensi allo smantellamento del SSN e dei crimini commessi contro il diritto alla salute e il popolo italiano, specie durante la pandemia) e non certo per le masse popolari e i cittadini, che si trovano, complice l'inflazione, la grave crisi economico-commerciale internazionale, il vergognoso pareggio di bilancio in Costituzione, le politiche di "austerity" imposte dalla Ue, le infiltrazioni mafiose, ad avere sempre meno servizi e sempre maggiori costi, cosa che impatta negativamente sulla qualità della vita delle masse, in particolare delle donne e sull'ambiente.
I voti a favore sono stati 180, i contrari 26 e un astenuto. Dopo un'intesa a partire dall’articolo 2 sulle gare per l’assegnazione delle concessioni balneari (che tuttavia ha il sapore di un rinvio tecnico), il provvedimento si accinge così ad affrontare l’esame in seconda lettura alla Camera quindi tornerà poi al Senato in terza lettura per il via libera definitivo, atteso tra la metà di luglio e i primi giorni di agosto.
Importanti le lotte e le prese di posizioni contro il Ddl al quale noi marxisti-leninisti ci siamo sempre fermamente opposti sin dal 4 novembre scorso, quando il Consiglio dei ministri lo ha approvato su proposta di Draghi e di Giorgetti, perché si propone di “promuovere lo sviluppo della concorrenza” e di “rimuovere gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo, all’apertura dei mercati”. Tutto ciò con la scontata scusa di “garantire l’accesso ai mercati di imprese di minori dimensioni” e la “tutela dei consumatori”.
Il provvedimento, che come recita il comunicato stampa di Palazzo Chigi è uno dei principali impegni presi dal governo col PNRR, interviene nei seguenti ambiti: concessioni demaniali (spiagge e altri beni pubblici); concessioni di servizi portuali; concessioni di distribuzione del gas; concessioni idroelettriche; servizi pubblici locali e trasporti; centraline di ricarica elettrica; servizi di gestione dei rifiuti; tutela della salute (leggasi “agevolare l'accesso all'accreditamento delle strutture sanitarie private”); digitalizzazione; rimozione degli ostacoli alla semplificazione amministrativa per le autorizzazioni alle imprese e per i controlli sulle attività economiche; norme su assicurazioni e antitrust, è essenzialmente un provvedimento ultraliberista, incostituzionale che punta verso una sostanziale abolizione della gestione pubblica dei servizi, restringendo peraltro di fatto gli spazi di democrazia borghese.
Tra le tante prese di posizione, manifestazioni e sit-in contro l'ennesima porcata attuata dal governo Draghi, importanti le prese di posizione di di diversi giuristi democratico-borghesi e antifascisti che ne sottolineano appunto l'incostituzionalità, come Alessandra Algostino, professoressa ordinaria di diritto costituzionale, presso l'Università degli Studi di Torino: "Scorrendo i principi e i criteri direttivi del futuro decreto legislativo, nel comma 2 dell’art. 6, tuttavia, a dominare è la concorrenza, come obiettivo autoreferenziale. La prospettiva, in coerenza con quella del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di cui il disegno di legge sulla concorrenza costituisce una riforma “abilitante”, è ordoliberale: innanzitutto viene il privato, l’impresa, gli investimenti. È dall’economia di mercato che possono discendere eventuali benefici sociali: il soggetto e l’oggetto sono l’impresa. “Impresa” al plurale ricorre 177 volte nel Piano, mentre il termine Costituzione non c’è. Non c’è in senso formale, così come non c’è in senso sostanziale: il Piano, che si propone di configurare il futuro dei prossimi anni, pone al centro l’impresa e ad essa affida l’eventuale rimozione di diseguaglianze (di genere, territorio e generazione… non di classe).
L’art. 6 (c. 2, lett. a) si premura in primo luogo di precisare che l’individuazione delle “attività di interesse generale”, necessarie per “assicurare la soddisfazione delle esigenze delle comunità locali”, è “da esercitare nel rispetto della tutela della concorrenza”.
Ora, il Testo unico delle leggi sugli ordinamenti locali (D. lgs. n. 267 del 2000), dopo aver proclamato che “il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo” (art. 1, c. 1), stabilisce che “spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale”, in particolare nei “servizi alla persona e alla comunità”, nell’“assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico” (art. 13 TU)(...) L’articolo 6 interviene “come se la Costituzione non esistesse” ed assume, invece, come paradigma la nota lettera della BCE, a firma di Draghi e Trichet, inviata al “Primo ministro” il 5 agosto del 2011, in cui si afferma testualmente: “è necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali”
(a dimostrazione del fatto che il disegno politico dietro tutto questo viene da lontano ndr).
"Il conflitto fra le due visioni oggi si configura come una «lotta condotta dall’alto per recuperare i privilegi, i profitti e soprattutto il potere” (Luciano Gallino); dal basso, occorre far sentire la voce di chi è dalla parte degli oppressi, dei diritti, della dignità della persona, la voce, non ultima, della Costituzione."
Se questo è solo l'anticipo, come dicono anche gli esemplari comitati di lotta contro il Ddl e la sua approvazione perché "il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato, è una riforma “abilitante” per l’accesso ai fondi europei del PNRR", la dice lunga sul fatto che quando arriveranno i fondi del famigerato PNRR, insufficienti, a debito, pensati prima dell'aggressione russa all'Ucraina e ad uso e consumo della grande borghesia, ne vedremo delle belle, certamente andremo incontro una nuova ondata di privatizzazioni di beni comuni fondamentali, dall'acqua all'energia, dai rifiuti al trasporto pubblico locale, dalla sanità ai servizi sociali e culturali, fino ai porti e alle telecomunicazioni, con tanti saluti anche alla volontà popolare espressa con i referendum del 2011 contro la privatizzazione dell'acqua e dei beni comuni.
Questo Ddl ultraliberista di Draghi va perciò decisamente respinto e affossato con ogni mezzo, dando le ali a un vasto movimento di lotta in difesa dei beni e servizi essenziali per le masse popolari. Altrimenti la gestione pubblica dei servizi diventerebbe al più presto residuale: l'eccezione alla regola rappresentata dalla gestione privata, possibilmente nella forma di grandi società multiservizi quotate in Borsa rappresenta l'ennesima prova provata del fatto che occorre buttare giù da sinistra e dalla piazza il governo del banchiere massone Draghi al servizio del capitalismo, della grande finanza e della Ue imperialista, come il PMLI chiede sin dal suo insediamento, anche nella prospettiva di impedire la partecipazione del nostro Paese ad una nuova terrificante guerra mondiale.
8 giugno 2022