Voci
Scarpinato: “Le stragi del '92-'93 furono eseguite dalla mafia, ma furono pianificate da menti raffinatissime dentro lo Stato”
“È iniziato l'assalto alla diligenza dei grandi gruppi di potere in campo sia nazionali sia regionali per accaparrarsi quote consistenti dei fondi del PNRR”

Qui di seguito pubblichiamo stralci della lezione su mafia e politica tenuta il 3 giugno 2022 dall'ex procuratore generale di Palermo a Villa Filippina, nel capoluogo siciliano chiamato al voto il 12 giugno A seguito della gravissima crisi innescata nell’economia mondiale dalla pandemia, l’ue ha deciso di mettere da parte per alcuni anni il patto di stabilità, le disastrose politiche di austerity e di agevolare la ripresa economica iniettando nel sistema ingentissime risorse: il Pnrr di circa 192 miliardi che, con ulteriori provvedimenti, ammonta a circa 235 miliardi. È iniziato così l’assalto alla diligenza dei grandi gruppi di potere in campo sia nazionale sia regionale per accaparrarsi quote consistenti di questi fondi. Penso che, alla base della caduta del governo Conte nel gennaio 2021, vi sia anche questo. Una nuova corsa all’oro che è anche la posta in gioco delle future elezioni... Il Pnrr destina al Sud il 40% delle risorse, circa 80 miliardi... Non sembra dunque casuale il ritorno in scena di protagonisti della Prima Repubblica, tra i quali specialisti della gestione del voto di scambio che portano in dote enormi catene clientelari già fidelizzate e uomini simbolo della borghesia mafiosa, già condannati per reati di mafia, la cui voce diventa risolutiva per sedare l’antagonismo dei gruppi locali e imporre la linea ai candidati. L’orologio della storia rischia di tornare indietro ai tempi bui di un passato che ritorna e di chiudere la stagione antimafia iniziata negli anni 80. Siamo passati da un presidente della Regione, Piersanti Mattarella, che si fa uccidere nel 1980 per i suoi No al sistema di potere mafioso, a uno che oggi pubblicamente fa accordi elettorali con Dell’utri, condannato per gravi reati di mafia e che mai ha rinnegato il suo passato. Anzi ha definito “eroe” non Falcone, ma il capomafia Mangano per esser rimasto fedele fino alla fine al codice mafioso dell’omertà. Non è solo una vicenda locale: la Sicilia è sempre stata un laboratorio politico di avanguardia che anticipa equilibri poi sperimentati in campo nazionale.
Vi è poi un secondo livello del rapporto mafia-politica ben più grave e pericoloso: si tratta del ruolo svolto dal sistema di potere mafioso in momenti cruciali con stragi e omicidi politici eccellenti per condizionare il corso della vita politica nazionale... in sinergia e convergenza con altri centri di potere e lobby criminali, tra cui la massoneria deviata, di cui la P2 è un paradigma, destra eversiva e stragista... e settori deviati degli apparati statali. Tutti coprotagonisti insieme alla mafia della strategia della tensione che ha caratterizzato tutta la storia repubblicana dall’inizio fino al ’92-’93... Portella della Ginestra nel ’47, Piazza Fontana a Milano nel ’69, Peteano nel ’72, l’italicus nel ’74, Piazza della Loggia a Brescia nel ’74, Bologna nel 1980, Rapido 904 nell’84 e le stragi del ’92-’93... hanno un unico comune denominatore: i sistematici depistaggi delle indagini dagli apparati dello Stato... Lo scorso aprile è stato condannato Paolo Bellini come uno degli esecutori della strage di Bologna: esponente della destra eversiva collegato ai Servizi, è lo stesso che nel 1991-’92 si recò ripetutamente in Sicilia e incontrò i mafiosi esecutori di Capaci, suggerendo loro – ha riferito Brusca – attentati contro beni artistici nazionali: consiglio puntualmente seguito con le stragi di Firenze, Milano e Roma...
Anche le indagini della magistratura sulle stragi politico-mafiose del ’92-’93 sono state compromesse da una serie di interventi che hanno sottratto elementi essenziali per ricostruire i retroscena politici e individuare mandanti e complici occulti. Mi limito a telegrafici accenni: la sparizione di tutta la ricchissima documentazione che si trovava nella casa di Riina quando fu arrestato. La Procura di Palermo è stata ingannata ed è stato consentito ai mafiosi per due settimane di entrare liberamente in quella casa e far sparire tutti i documenti. Sarebbe bastato un numero di telefono, un’agenda. E ancora: esplode la bomba di via D’amelio e, prima ancora che arrivi la Polizia, piombano sulla scena uomini dei Servizi che hanno un solo obiettivo: mentre la sua macchina è ancora in fiamme, recuperare l’agenda rossa dove Borsellino aveva annotato tutto quanto aveva appreso da Mutolo, da Messina e da altri confidenti e collaboratori sui retroscena politici di Capaci... Ciò dimostra il perfetto coordinamento tra mafiosi che eseguivano la strage e uomini dei Servizi... E poi la creazione del falso collaboratore Scarantino, che serve ad arrestare le indagini al livello degli esecutori materiali e dei componenti della Cupola. E l’eliminazione di mafiosi che si apprestavano a collaborare: Antonino Gioè, uno degli esecutori della strage di Capaci, uomo di collegamento tra mafia e Servizi, in costante contatto con Bellini; e Luigi Ilardo, capomafia aderente alla destra eversiva... Una lectio esemplare che ha chiuso le bocche degli altri stragisti condannati all’ergastolo e depositari di segreti scottanti, che si sono resi conto che una parte dello Stato è in grado di entrare nelle supercarceri, commettere delitti e cucire le bocche per sempre.
E i depistaggi non si sono fermati: continuano sino all’attualità. Per questo motivo le stragi di Capaci e via D’amelio sono ancora tra noi... Perché apparati dello Stato sono intervenuti per depistare le indagini sulle stragi del ’92-’93, così come avevano fatto in tutte le stragi precedenti? Per impedire che venga alla luce il coinvolgimento nella pianificazione e nell’esecuzione di quelle stragi di complici e di mandanti eccellenti, bloccare le indagini a livello degli esecutori materiali ed evitare che emergano verità di portata destabilizzante che chiamano in causa pezzi di Stato. Verità e complicità a conoscenza solo di Riina e di un ristrettissimo numero di capi a lui fedeli – i Graviano, Ganci, Bagarella, Salvatore Biondino, Messina Denaro – tenute segrete anche agli altri della Cupola. Una moltitudine di risultanze processuali attestano che le stragi del ’92-’93 furono eseguite dalla mafia, ma furono pianificate da un articolato sistema criminale di cui facevano parte con la mafia esponenti della massoneria deviata, della destra eversiva e dei Servizi segreti: lo stesso pool che aveva gestito la strategia della tensione, da Portella in poi. Il piano, discusso a lungo nelle campagne di Enna nel ’91, prevedeva che la mafia avrebbe svolto il ruolo di braccio armato, mentre menti raffinatissime specialiste della strategia della tensione avrebbero indicato tempi, modalità esecutive e obiettivi da colpire per condizionare con il linguaggio delle bombe la transizione dalla Prima alla Seconda Repubblica in maniera indolore ed evitare il rischio che, caduto il sistema di potere che aveva garantito protezione e impunità ai registi delle stragi e degli omicidi eccellenti, si pervenisse a una stagione di regolamenti di conti col passato in cui tutti gli scheletri venissero fuori dagli armadi. Quando il risultato è stato raggiunto, i mafiosi sono stati abbandonati al loro destino e condannati al silenzio, con la promessa di una soluzione per farli uscire dal carcere. Provenzano disse che sarebbero serviti almeno 10 anni per una norma che eliminasse l’ergastolo e consentito ai condannati di uscire senza collaborare. Ce ne son voluti 30, ma l’obiettivo è raggiunto: stiamo celebrando il trentennale delle stragi con uno Stato che rinuncia a sapere la verità dagli unici individui, una quindicina di stragisti all’ergastolo, che la sanno, e sta progressivamente smantellando la normativa antimafia approvata solo grazie al sangue di Capaci e via D’amelio. Se chi collabora e chi non collabora è trattato allo stesso modo, perché un mafioso dovrebbe decidere di collaborare col rischio di rappresaglie e nuove incriminazioni, mentre se non collabora torna a casa da eroe per essere rimasto fedele al codice dell’omertà per tutti gli anni di galera? Per non farci mancare niente, in aprile un partito ora in vetta nei sondaggi ha organizzato un convegno in Senato in onore del generale Maletti, vertice dei Servizi, condannato per aver depistato le indagini su Piazza Fontana, rimasta senza condanne anche grazie al suo contributo: il deputato che organizzava l’ha definito “un uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”...
Comprendere la verità storica è il modo migliore per impedire che il passato torni nell’inconsapevolezza collettiva, dare un senso alla morte dei tanti che si sono fatti uccidere per farci vivere in un’italia migliore e impedire che, oltre a essere seppelliti sotto terra, siano seppelliti sotto la coltre della retorica di Stato. Che, come diceva Sciascia, “è il sudario dietro al quale si nascondono le piaghe infette della nazione”.
 
 

22 giugno 2022