L'armata neonazista del nuovo zar Putin obbligata a una sanguinosa guerra di logoramento
Secondo l'Onu sono almeno 4.597 i civili morti in Ucraina dall'inizio dell’invasione russa. Missili russi bombardano Odessa. Severodonetsk e Lysychansk martellate dall'artiglieria di Putin che continua a usare le famigerate bombe a grappolo. Kiev affonda rimorchiatore russo.
Zelensky: "Lavoriamo per la vittoria dell'Ucraina"
Il quarto mese della guerra di aggressione dell'armata neonazista del nuovo zar Putin all'Ucraina si chiude con una serie di bombardamenti missilistici e di artiglieria russi soprattutto sul fronte del Donbass e sulla città di Odessa ma anche nell'est su
Charkiv ai quali l'esercito ucraino rispondeva con contrattacchi nella regione di Kherson, dove si moltiplicano le azioni di sabotaggio e di resistenza contro l’aggressore, e di Zaporizhzhia e l'attacco a tre piattaforme russe di trivellazione del gas nel Mar Nero. La pressione dei militari russi sulle città di Severodonetsk e Lysychansk resta forte e indica la priorità assegnata in questo momento dal Cremlino ai suoi generali affinché portino a casa in tempi brevi un risultato positivo nel Donbass, un risultato a cui puntavano da tempo ma ancora irrealizzato a causa della eroica resistenza ucraina che li ha costretti a una sanguinosa guerra di logoramento. E secondo l'Onu sono almeno 4.597 i civili morti in Ucraina dall'inizio dell’invasione russa.
Una guerra nella quale, rivelava il New York Times,
la Russia ha utilizzato almeno 210 munizioni appartenenti a tipologie ampiamente messe al bando in base a vari trattati internazionali, comprese le famigerate bombe a grappolo.
Dopo che una serie di missili Onix russi aveva colpito nella notte del 19 giugno la città di Odessa e altri missilli partiti dalla Crimea erano finiti su Ochakiv e il distretto di Bilhorod-Dnistrovskyi sulla costa del Sud Ucraina, le forze ucraine rispondevano con un missile sulle piattaforme petrolifere della società russa Chernomorneftegaz nel Mar Nero, affacciata davanti alla Crimea. Il secondo attacco missilistico con successo a poca distanza dall'affondamento del rimorchiatore russo Spasatel Vasily Bekh che consegnava armi e rinforzi all'isola di Snake Island con un missile antinave Harpoon forniti dall'Occidente. Le forze ucraine via terra attaccavano verso Kherson e spingevano gli occupanti russi a ripiegare sulla seconda linea di difesa. Il ministro della Difesa, Oleksiy Reznikov, dichiarava che a questo punto della guerra "abbiamo l’intenzione di liberare tutti i territori", compresa la Crimea annessa da Mosca nel 2014.
Sul fronte del Donbass però è l'esercito occuppante russo a avanzare, seppur molto lentamente, a Severodonetsk dove dopo settimane di assedio è riuscito a prendere il controllo del quartiere di Metolkine e a preparare quello che potrebbe essere l’attacco finale alla fabbrica Azot, l'ultimo baluardo della difesa ucraina che ancora impedisce il controllo russo sulla città.
Sono sotto un martellante bombardamento aereo e di artiglieria sia Severodonetsk che la vicina Lysychansk, visitata in una delle rare uscite dal presidente Volodymyr Zelensky che segnalava come proprio in questa regione ci sia la situazione più difficile e le battaglie più dure.
Il presidente ucraino era passato il 18 giugno anche da Mykolaiv, nella città meridionale dove la resistenza ucraina agli inizi di marzo aveva fermato gli aggressori, arrivati fino ai quartieri periferici e li aveva ricacciati indietro e adesso regolarmente presa di mira da artiglieria e missili russi. L'ufficio di presidenza ucraino sottolineava l'importanza strategica del territorio, che confina con la regione di Kherson occupata: "la regione di Mykolaiv è una testa di ponte per la liberazione della regione di Kherson, che è un obiettivo per ognuno di noi", scriveva su Telegram il capo di stato maggiore ucraino Andriy Yermak. E proprio in queste zone sul fronte Zelensky dichiarava che "non smettiamo di lavorare per la vittoria. È importante che siate vivi. Finché sarete vivi c'è un forte muro ucraino che protegge il nostro Paese".
Fra le attività attorno alla guerra in Ucraina dell'ultima settimana registriamo il colloquio telefonico presidenziale tra il cinese Xi Jinping e il russo Vladimir Putin del 15 giugno nel quale i due capofila dell'imperialismo dell'Est ribadivano che le relazioni russo-cinesi erano ai massimi storici e sono in costante miglioramento.
Da registrare anche che dal 15 giugno sono entrate in vigore le nuove linee guida volute dal presidente Xi Jinping per le “operazioni militari diverse dalla guerra” che prevedono che "in alcuni casi, svolgendo queste operazioni all'estero, le truppe cinesi possono impedire che gli effetti di instabilità regionale si ripercuotano sulla Cina, assicurare rotte di trasporto vitali per materiali strategici come il petrolio o salvaguardare gli investimenti, i progetti e il personale cinese all’estero”, sottolineava l’agenzia di Stato Xinhua. Una missione imperialista che il socialimperialismo cinese sosteneva anche col varo il 17 giugno della sua terza portaerei, che è anche la "prima portaerei con catapulta interamente progettata e costruita" dagli esperti cinesi sottolineava il network statale Cctv, alla quale è stato dato significativamente il nome di Fujian, la provincia che è di fronte all'isola di Taiwan.
Pechino guardava alle missioni militari all'estero così come Londra che col nuovo Capo di Stato Maggiore britannico, il generale Sir Patrick Sanders, lanciava il 19 giugno un appello bellicista ai soldati inglesi: "il mondo è cambiato dal 24 febbraio e ora c’è l’imperativo categorico di forgiare un esercito in grado di combattere a fianco dei nostri alleati e di sconfiggere la Russia in battaglia”. Occorre “accelerare la mobilitazione e la modernizzazione dell’Esercito per rafforzare la Nato e negare alla Russia la possibilità di occupare altre zone d’Europa", ricordava il generale britannico sottolineando che "siamo la generazione che deve preparare l’esercito a combattere ancora una volta in Europa”.
Secondo la riunione del 16 giugno a Bruxelles dei ministri della Difesa dei paesi Nato, in preparazione del vertice di fine mese, quella in Ucraina che potrebbe innescare il conflitto mondiale richiamato a Londra non sarà breve, potrebbe durare fino al 2023 e nel migliore dei casi potrebbe esserci un cessate il fuoco forse ad agosto.
Guerra e affari non vanno di pari passo coi principi dichiarati per i paesi imperialisti, primo fra tutti l'Italia che deve incassare il 21 giugno le proteste del Ministero della Difesa ucraino perché "dopo quattro mesi di guerra su larga scala, l'italiana Danieli collabora ancora con gli stabilimenti russi, fornendo attrezzature per la produzione di sottomarini nucleari e blindature per carri armati". "Sostenere il complesso militare russo è contrario a considerazioni legali e morali", affermava il ministero ucraino.
E mentre il blocco imposto dalla Lituania al transito verso l'enclave russa di Kaliningrad sul Baltico delle merci messe all'indice dall'embargo deciso della Ue ha aperto un nuovo fronte di scontro diretto tra Ue e Russia, era affrontato dal Cremlino con la minaccia di forzare il blocco con tutti i mezzi, Putin annunciava il 21 giugno lo schieramento entro l'anno del nuovo missile balistico intercontinentale Sarmat capace di "penetrare ogni sistema di difesa missilistica esistente o futura", in grado di riuspondere "contro le attuali minacce" e che "farà riflettere coloro che ci stanno minacciando".
Sono le premesse di una settimana con una fitta serie di vertici, da quello del 23 e 24 giugno del Consiglio europeo che esaminerà la domanda di adesione dell’Ucraina all’Ue, al G7 sotto la presidenza tedesca che si terrà dal 26 al 28 giugno a Schloss Elmau, in Germania, appena prima del vertice sulla nuova strategia della Nato di Madrid convocato dal 28 al 30 giugno al quartier generale di Bruxelles. Dall'altra parte del mondo, Pechino organizza dal 22 al 24 giugno il 14° Summit dei Paesi Brics dal tema "Promuovere una partnership di alta qualità tra i BRICS, inaugurando una nuova era per lo sviluppo globale", un vertice virtuale della principali potenze imperialiste emergenti che hanno tenuto aperti i rapporti con l'aggressore russo e permettono a Mosca di compensare in parte l'isolamento decretato dai paesi imperialisti dell'Ovest.
22 giugno 2022