Importante dichiarazione del premier italiano alla conferenza stampa congiunta a Kiev
Draghi: "L'Ucraina deve difendersi se vogliamo la pace, e sarà l'Ucraina a scegliere la pace che vuole"
Rabbiosa reazione degli imperialisti russi che minacciano: “L’Ucraina tra due anni non esisterà più sulla mappa del mondo”
Zelensky: "Lo Stato aggressore deve rendersi conto che non c'è alternativa alla pace e deve iniziare a cercare la pace"

 
Nel comunicato di Kiev del 16 giugno sull'incontro del presidente ucraino Volodymyr Zelensky col presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente romeno Klaus Iohannis e il primo ministro italiano Mario Draghi si metteva in evidenza anzitutto che "la nostra forza principale e l'arma più efficace è la nostra unità di intenti, da cui dipende tutto il resto", una unità che va dalle misure per rafforzare la difesa dell'Ucraina aggredita contro l'aggressione del nuovo zar Putin alle porte spalancate a Kiev per l'avvio dell'adesione all'Unione europea.
"Apprezziamo il sostegno fornito dai partner. Ci aspettiamo nuove forniture, soprattutto armi pesanti, artiglieria moderna, sistemi di difesa missilistica e altro ancora. Ogni lotto di tali forniture significa ucraini salvati. E ogni giorno di ritardo o di rinvio delle decisioni è un'opportunità per l'esercito russo di uccidere gli ucraini e distruggere le nostre città. C'è una dipendenza diretta: più armi potenti riceviamo, prima possiamo liberare il nostro popolo, la nostra terra", dichiarava Zelensky ai rappresentanti europei ai quali ricordava che molti rappresentanti della comunità internazionale stanno compiendo sforzi diplomatici per ripristinare la pace in Ucraina e tutti vedono che "l'unico ostacolo a tutti questi sforzi è la riluttanza della Russia a veri negoziati e a vere azioni per ripristinare la pace". "Lo Stato aggressore deve rendersi conto che non c'è alternativa alla pace e deve iniziare a cercare la pace", sintetizzava il presidente ucraino.
Il comunicato di Kiev sull'incontro riportava la dichiarazione del francese Macron su un'Europa "al fianco dell'Ucraina fino alla vittoria e il volto di questa vittoria è un'Ucraina libera, indipendente e pacifica", sulla sottolineatura che "sarà l'Ucraina a decidere quando e a quali condizioni sedersi al tavolo dei negoziati con la Russia per porre fine alla guerra" e l'annuncio della fornitura di altri obici semoventi pesanti. Così come riportava fra le dichiarazioni di Mario Draghi quella su "vogliamo la pace, vogliamo che altre città non vengano danneggiate. Ma l'Ucraina deve difendersi per raggiungere la pace. La pace deve soddisfare le aspettative dell'Ucraina. Deve essere duratura".
Una dichiarazione argomentata da Draghi nella conferenza stampa congiunta al termine dell'incontro di Kiev quando, dopo aver sottolineato che "oggi è una giornata storica per l’Europa. Italia, Francia e Germania - tre Paesi fondatori dell’Unione europea - e il Presidente della Romania sono venuti in Ucraina per offrire il loro sostegno incondizionato al Presidente Zelensky e al popolo ucraino", dichiarava che "oggi ho visitato Irpin, un luogo di massacri compiuti dall’esercito russo. Vogliamo che si fermino le atrocità e vogliamo la pace. Ma l’Ucraina deve difendersi se vogliamo la pace, e sarà l’Ucraina a scegliere la pace che vuole. Qualsiasi soluzione diplomatica non può prescindere dalla volontà di Kiev, da quello che ritiene accettabile per il suo popolo". Lo stesso concetto espresso al consiglio europeo straordinario del 30 maggio scorso e prima ancora nell'incontro alla Casa Bianca con Biden.
Con un Macron appena rieletto alla presidenza ma che doveva mordere ancora il freno in attesa dei risultati del secondo turno delle elezioni politiche e uno Scholz che resta schiacciato tra la solidarietà atlantica e la dipendenza dal gas russo, il presidente del consiglio italiano Draghi aveva tutto lo spazio a Kiev per guidare le danze in nome dell'imperialismo europeo e italiano, allineate ma non sottomesse a quelle dell'imperialismo americano.
“Sono molto soddisfatto di come è andata questa riunione", ripeteva Draghi "siamo riusciti ad avere una posizione comune europea nel proporre l’Ucraina come candidato immediatamente, senza doverlo fare aspettare tanto tempo. Non è una conquista da poco". Intanto metteva in evidenza che "noi siamo venuti qui insieme ed è stata una manifestazione di grande unità a livello europeo, perché siamo tre Paesi tra i fondatori dell'Unione europea", e siamo qui per "aiutare l'Ucraina nella guerra, perché se l'Ucraina non riesce a difendersi non c'è pace", per "aiutare l'Ucraina nella ricerca della pace, ma bisogna tenere in mente che non c'è pace duratura e sostenibile che non possa essere scelta dall'Ucraina. In altre parole, è questo Paese che deve decidere quale pace vuole". E siamo qui per aiutare l'Ucraina "nella ricostruzione del futuro. Questi sono stati gli argomenti, più che impegni specifici su forniture e altro". Impegni di aiuti militari, ai quali siamo contrari perché l'invio delle armi all'Ucraina trascina di fatto il nostro paese in guerra con la Russia e lo espone a pericolose ritorsioni, che comunque sono stati ribaditi a Kiev e che il governo vuole mantenere perché soprattuto con queste forniture militari ha fatto guadagnare un posto in prima fila all'imperialismo italiano nella guerra criminale in Ucraina scatenata dall'aggresore Putin. E dove continua a finanziare l'aggressione comprando il gas russo, almeno fino a quando Gazprom non chiuderà i rubinetti, e a fare affari in Russia con le aziende rappresentate al forum di San Pietroburgo dal presidente della Camera di Commercio che sedeva accanto al collega americano e a quello francese, in barba a boicottaggio e sanzioni.
In ogni caso, ripeteva Draghi, "il messaggio più importante della nostra visita è che l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea. E vuole che l’Ucraina abbia lo status di candidato e sosterrà questa posizione nel prossimo Consiglio europeo" perché "siamo a un momento di svolta nella nostra storia. Il popolo ucraino difende ogni giorno i valori di democrazia e libertà che sono alla base del progetto europeo, del nostro progetto. Non possiamo indugiare, ritardare questo processo. Dobbiamo creare una comunità di pace, di prosperità e di diritti che unisca Kiev a Roma, a Parigi, a Berlino e a tutti gli altri Paesi che condividono questo progetto". Come se appartenere alla Ue imperialista fosse la panacea di tutto i mali.
La futura adesione dell'Ucraina all'Unione europea non era certamente nei disegni del nuovo zar Putin e questa prospettiva quanto meno accelerata dall'aggressione russa e messa sul piatto dal viaggio dei tre leader imperialisti europei a Kiev ha suscitato una immedita reazione rabbiosa del Cremlino.
Dmitri Medvedev, l'ex premier russo e ex presidente per il breve interregno al nuovo zar Putin, che il 15 giugno su Telegram aveva attaccato l’esistenza futura dell’Ucraina come Paese domandandosi "chi ha detto che l’Ucraina tra due anni esisterà ancora sulla mappa del mondo", su Twitter si scagliava contro Macron, Scholz e Draghi definiti "i fan europei di rane, salsicce di fegato e spaghetti che amano visitare Kiev con zero utilità. Prometteranno all'Ucraina l'adesione all'Ue e vecchi obici, si leccheranno i baffi con l'horilka (una vodka ucraina, ndr) e torneranno a casa in treno come 100 anni fa. Tutto va bene. Ma non avvicinerà l'Ucraina alla pace".
Più diplomatico ma duro nella sostanza il commento affidato al ministro degli esteri russo Lavrov che il 16 giugno, in una intervista a margine del Forum di San Pietroburgo Lavrov, definiva l'UE "non più un forum economico, la comunità che era all'inizio. È un progetto esclusivamente geopolitico che sta per essere schiacciato e che è già stato praticamente schiacciato dagli Stati Uniti". La NATO è sempre stata un fedele servitore di Washington e anche l'UE si è arresa anche se Macron si batte ancora per la sua idea di "autonomia strategica europea ma non ha alcun sostegno. I tedeschi si sono rassegnati all'idea e probabilmente sono contenti che gli Stati Uniti abbiano assunto il controllo dell'Europa e ne stiano proteggendo la sicurezza o, più precisamente, che si siano assunti la responsabilità di espandere la loro presenza militare in modo che l'Europa non debba mai pensare all'autonomia", commentava un Lavrov attento a creare fratture nello schieramento dell'imperialismo dell'Ovest che, a partire dalla guerra in Ucraina, si prepara allo scontro con l'imperialismo dell'Est per decidere una nuova ripartizione del mondo.

22 giugno 2022