Confermati gli ergastoli agli autori della strage di Capaci
La sentenza però non offre alcuna spiegazione sulla verosimile presenza, nel luogo della strage, di appartenenti a corpi di polizia e ai servizi segreti

 
La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato lo scorso 14 giugno le 4 condanne all'ergastolo emesse nel processo bis per la strage di Capaci a carico di Salvatore Madonia, Lorenzo Tinnirello, Giorgio Pizzo e Cosimo Lo Nigro, confermando anche l'assoluzione di Vittorio Tutino.
I giudice della Cassazione erano stati chiamati a decidere se confermare o meno i 4 ergastoli per Salvatore Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello, accusati di aver preso parte alla fase organizzativa dell'attentato a Giovanni Falcone e di aver reperito l'esplosivo, e se annullare o meno l'assoluzione di Vittorio Tutino, come chiesto dalla Procura generale, e alla fine è stata interamente convalidata la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Caltanissetta il 21 luglio 2020.
Secondo la ricostruzione della Procura di Caltanissetta, gli imputati al processo Capaci bis hanno svolto un ruolo fondamentale nel reperimento dell'esplosivo utilizzato per l'attentato che costò la vita, il 23 maggio 1992, ai magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo nonché a tre uomini della scorta.
Il processo Capaci bis si era incardinato a seguito delle rivelazioni, iniziate nel giugno 2008, del pentito di mafia Gaspare Spatuzza già appartenente alla cosca palermitana di Brancaccio, il quale dichiarò ai magistrati inquirenti di Caltanissetta che circa un mese prima della strage di Capaci egli si era recato nella località di Porticello, a pochi chilometri da Palermo, insieme ad altri mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino, Lorenzo Tinnirello) per ricevere da un tale Cosimo D'Amato, un pescatore, alcuni residuati bellici della seconda guerra mondiale recuperati in mare. Spatuzza dichiarò anche ai magistrati che gli ordigni furono poi portati in un magazzino nella sua disponibilità dove provvidero ad estrarre l'esplosivo dalle bombe, che fu in seguito consegnato al boss Giuseppe Graviano per essere utilizzato in parte nella strage di Capaci e in parte negli attentati dell'Italia continentale nel 1993. Dopo queste dichiarazioni la Procura riaprì le indagini sulla strage di Capaci, tanto che nell'aprile 2013 il Giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta emise un'ordinanza di custodia cautelare per il pescatore Cosimo D'Amato e per i boss mafiosi Giuseppe Barranca, Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino, Lorenzo Tinnirello e Salvatore Madonia (accusato quest'ultimo di essere stato un componente della Commissione provinciale della mafia in qualità di reggente del mandamento di Resuttana e quindi di avere avallato la strage).
Nel maggio 2014 ebbe quindi inizio il secondo troncone del processo per la strage di Capaci, che aveva come coimputati Salvatore Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello, mentre la posizione degli altri imputati si sarebbe definita a novembre, quando il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Caltanissetta avrebbe condannato con rito abbreviato Giuseppe Barranca e Cristofaro Cannella all'ergastolo, mentre Cosimo D'Amato, divenuto collaboratore durante il processo, e Gaspare Spatuzza, che era già collaboratore, furono condannati rispettivamente a trent'anni e a dodici anni, con sentenza poi confermata dalla Cassazione.
Il 26 luglio 2016 la Corte d'Assise di Caltanissetta condannò in primo grado Madonia, Lo Nigro, Pizzo e Tinnirello all'ergastolo mentre Tutino venne assolto per non aver commesso il fatto.
Durante il processo d'appello che si svolse dinanzi alla Corte d'Assise di Appello di Caltanissetta fu particolarmente importante la deposizione del pentito Pietro Riggio e della genetista Nicoletta Resta, perita nominata dalla Corte d'Assise d'Appello.
Riggio (ex agente del corpo della polizia penitenziaria e contemporaneamente affiliato alla cosca mafiosa di Caltanissetta, per conto della quale svolgeva il ruolo di esattore della mafia) dichiarò durante il processo di appello che il suo compagno di cella, l'ex appartenente alla polizia di Stato Giovanni Peluso, gli avrebbe confidato di aver lavorato per il SISDE e di aver partecipato alle fasi esecutive della strage insieme a un altro appartenente alla polizia di Stato, denominato 'il turco'.
Nicoletta Resta, dal canto suo, affermò che nel luogo in cui fu preparata la strage c'era stata e si era trattenuta certamente una donna in quanto resti di DNA femminile furono estratti dai reperti rinvenuti nei pressi del luogo dell'esplosione. La mafia non ha mai acconsentito che una donna partecipasse a una qualsiasi sua azione, per cui tale donna doveva necessariamente provenire da un ambito non mafioso.
Il 21 luglio 2020 la Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta confermò le condanne all'ergastolo per Madonia, Lo Nigro, Pizzo e Tinnirello e l'assoluzione di Tutino, e tale sentenza è stata fatta passare in giudicato pochi giorni fa dalla Cassazione.
Rimangono però tutti irrisolti – e la sentenza della Corte d'Assise di Appello passata in giudicato non ha minimamente fatto luce in ciò - i dubbi circa la presenza, nel luogo della strage, di appartenenti a corpi di polizia e ai servizi segreti (come affermato dall'ex appartenente alla polizia penitenziaria Riggio) e di una misteriosa donna di provenienza certamente non mafiosa (come affermato dalla genetista).

22 giugno 2022