In Usa, dopo 50 anni
Abolito il diritto di aborto
Trump: “È la volontà di Dio”
Dilagano manifestazioni di protesta
“La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto“, con queste parole la Corte Suprema statunitense, il 23 giugno scorso, ha abolito la storica sentenza Roe vs Wade attraverso la quale negli Usa il diritto all’aborto era stato riconosciuto dalla stessa Corte nel 1973.
Questo funesto verdetto che cancella uno dei diritti fondamentali delle donne americane, e non solo, in sostanza dà il potere a ogni singolo Stato di applicare la sua legge in materia di aborto. Un esempio: Texas e Missouri hanno già immediatamente manifestato, all'indomani della sentenza, l’intenzione di rendere l'aborto illegale, e mettere fuori legge e penalmente perseguite le cliniche che lo praticano, incluso il personale medico e paramedico. Mentre lo Stato di New York ha assicurato che “resterà possibile”. Anche altri tre Stati come la California, Oregon e Washington hanno annunciato un impegno comune a difendere questo diritto.
Ma nei prossimi 30 giorni è prevista l’entrata in vigore del divieto di aborto in 13 Stati americani, quelli repubblicani che hanno approvato leggi stringenti sull’aborto legandole all’attesa decisione della Corte Suprema sulla “Roe vs Wade” e che possono adesso vietare l’aborto in 30 giorni eccetto nei casi in cui la vita della madre è in pericolo. Così molte donne che abitano lì, e che volessero praticare un aborto, saranno costrette a viaggiare negli stati dove sarà ancora legale, o a ricorrere a pratiche clandestine, mettendo a rischio la propria vita, e saranno le donne degli strati più poveri della popolazione.
Negli Stati Uniti il diritto all’aborto non è costituzionale ma era stato sancito proprio con la sentenza “Roe vs Wade” del 1973. Il caso coinvolse la texana Norma McCorvey alla quale fu riconosciuto il diritto di mettere fine alla gravidanza del terzo figlio concepito con il marito, violento e con problemi di alcolismo. Con quella sentenza la Corte Suprema diede ragione alla donna, difesa da un gruppo di avvocate, che per ragioni di privacy adottò lo pseudonimo di Jane Roe, contro l’opposizione dello Stato del Texas, che fu rappresentato dal legale Henry Menasco Wade.
Prima di quella sentenza, l’aborto negli Usa era disciplinato da ciascuno Stato con una legge propria ed era proibito in 30 Stati, mentre nei restanti poteva essere praticato a certe condizioni come la deformazione del feto, stupro, pericolo di vita per la madre. Soltanto in 4 bastava la richiesta della donna.
La decisione della Corte Suprema questa volta è stata il frutto di una battaglia legale del Mississippi, con i gruppi politici e religiosi che si oppongono da sempre al diritto all’aborto, partendo dalla causa costituzionale intentata dalla Jackson Women’s Health Organization contro la legge delle 15 settimane varata nel 2018, con l’intento specifico di arrivare alla Corte suprema. Il verdetto attuale è stato emesso da una Corte super conservatrice, una maggioranza di 6 voti dei conservatori, tre dei quali nominati dall’ex presidente Donald Trump.
Trump dal canto suo ha ipocritamente sentenziato subito: “È la volontà di Dio” ammiccando alla Conferenza episcopale statunitense (Usccb), sua possibile “alleata” elettorale, che per voce dell'arcivescovo José H.Gomez di Los Angeles e il presidente del Comitato per le attività a favore della vita dell'Usccb, l'arcivescovo William E. Lori di Baltimora hanno dichiarato: “Per quasi cinquant'anni l'America ha applicato una legge ingiusta che ha permesso ad alcuni di decidere se altri possono vivere o morire; questa politica ha provocato la morte di decine di milioni di bambini non-nati, generazioni a cui è stato negato il diritto di nascere”.
Gli Usa diventano “una eccezione nel mondo”: ha detto invece Biden. “Il diritto all’aborto e le libertà personali sono in gioco”, e cercando di svincolarsi dalla propria responsabilità di non aver mosso un dito fino ad ora per salvaguardare il diritto d'aborto in America, la scarica sugli elettori, invitando quest'ultimi a mobilitarsi al voto di novembre per eleggere rappresentanti che possano difendere il diritto all’interruzione della gravidanza e le altre libertà individuali.
Immediate e incessanti sono scoppiate proteste e manifestazioni da parte delle donne affiancate da molti uomini, in tutti gli Stati Uniti, dalla costa est alla costa ovest. A New York i manifestanti, i cosiddetti pro-choice
, si sono radunati a Bryant Park, nel cuore di Manhattan e almeno 25 di loro sono stati arrestati.
A Los Angeles i pro-choice
hanno marciato lungo la Freeway 110, che collega il centro della città con il porto ma che è grande come un'autostrada a 4 corsie, bloccando il traffico. L'occupazione è continuata nelle strade del centro di Los Angeles per tutta la notte.
A Phoenix la polizia ha caricato un gruppo di manifestanti, radunatisi davanti al palazzo del Senato, ha rotto alcune finestre tentando di entrare nell’edificio. Sono stati dispersi dalla polizia con l’uso di lacrimogeni.
Washington a centinaia, donne e uomini si sono presentate davanti alla Corte Suprema. L’attivista pro-choice
Guido Reichstadter si è arrampicato sopra il Frederick Douglass Memorial Bridge per esporre uno striscione ed ha postato sui social la sua contrarietà alla decisione della Corte Suprema.
A Greenville in South Carolina, la polizia è intervenuta proprio per impedire lo scontro tra i manifestanti dei due schieramenti, pro-choice
e pro-life
, ed ancora ne sono scaturite violenza e uso di Taser e arresti da parte delle “forze dell'ordine”.
A Cedar Rapids, in Iowa, un pick-up ha travolto un gruppo di manifestanti a favore dei diritto all’aborto. Non è certo se il 60enne guidatore lo abbia fatto per motivi ideologici o meno. Una ragazza è rimasta ferita ma il bilancio poteva essere molto più grave.
Lebron James, star della squadra di pallacanestro Nba dei Los Angeles Lakers, ha ritwittato il post dell'attivista politica Angela Rye che ha voluto denunciare in un tweet proprio la discriminazione che colpirà maggiormente donne afroamericane disoccupate.
A New York, Chicago, San Francisco, Seattle e Denver, il 26 giugno molti manifestanti pro-aborto si sono uniti ai Gay Pride che erano già in programma.
29 giugno 2022