Al vertice di Madrid
La Nato vara il nuovo concetto strategico in previsione della guerra mondiale
Cina, Russia e terrorismo, ossia movimenti islamici antimperialisti, considerati i nemici principali. Finlandia e Svezia entrano nella Nato a spese del popolo curdo
La Cina: "È la Nato la vera minaccia". Lavrov : "Una nuova cortina di ferro sta calando tra Mosca e l'Occidente"
"Non c'è rischio di un'escalation, ad oggi, però bisogna essere pronti" dichiarava il 29 giugno, prima di lasciare anzitempo il vertice Nato di Madrid, il presidente del consiglio Mario Draghi rispondendo a domande dei giornalisti sul rafforzamento militare degli Usa in Europa, Italia compresa. L'aggiunta di 70 militari e di un sistema di difesa aerea allo schieramento Usa in Italia sono "un assestamento già in programma" e non parte di una escalation militare contro la Russia, minimizzava Draghi. Una escalation che però non è esclusa, anzi è meglio prepararsi alla guerra. Due battute prese al volo che confermano come la prospettiva di una guerra mondiale diventi sempre meno lontana nelle dichiarazioni e negli atti dei paesi imperialisti, dell'Ovest e dell'Est, e in questo percorso la Nato a Madrid ha confermato il sostegno all'Ucraina ma soprattutto ha adeguato le sue linee guida per i prossimi dieci anni, messo nero su bianco nel documento che era in elaborazione da tempo il nuovo concetto strategico in previsione appunto della guerra mondiale.
Da un punto di vista operativo il vertice della Nato del 29 e 30 giugno a Madrid risponde alla situazione che è stata modificata in Europa dalla criminale aggressione dell'armata neonazista del nuovo zar Putin all'Ucraina, e dal fatto che "non si può escludere la possibilità di un attacco contro la sovranità e l'integrità territoriale degli alleati", con l'aumento della forza d'intervento rapido da 40mila a 300mila uomini entro il 2023 e capace di rispondere in prima battuta alla "minaccia" dell'esercito russo affinché sia chiaro che "se si ripetono aggressioni come quelle alla Georgia nel 2008 o all'Ucraina ora, scatenerà la risposta completa di tutta l'Alleanza" dichiarava il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg; con il rafforzamento del presidio della frontiera orientale e la creazione della prima base americana permanente in Polonia, l'avvio del processo di adesione di Svezia e Finlandia che al termine della procedura iniziata il 5 luglio con la firma di ratifica della domanda porteranno a 32 il numero dei membri dell'alleanza militare imperialista. Iniziative belliciste, quantunque la Nato ripeta più volte di essere "una alleanza difensiva", in linea con il nuovo concetto strategico, che aggiorna il precedente del 2010 approvato a Lisbona e dove la Russia era considerata un partner e la Cina non era nemmeno menzionata e che, elencando per ordine di importanza, definisce la Russia come “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza dei suoi Paesi membri”, il terrorismo, ossia i movimenti islamici antimperialisti, la "minaccia asimmetrica più diretta" e la Cina come “una sfida sistemica” se non ancora sul piano militare certamente su quello tecnologico.
Questo "è stato un Vertice Nato storico" e la Nato è "più necessaria e importante che mai" ripeteva a Madrid il presidente americano Biden, tanto più ora che l'alleanza militare dell'imperialismo dell'Ovest, sotto la guida Usa, marcia compatta nella guerra alla Russia e stringe i contatti con gli alleati imperialisti del Pacifico al seguito della missione principale dell'imperialismo americano, il contrasto al socialimperialismo cinese. Ciò non vuol dire che ogni singolo paesi imperialista membro della Nato abbia abbandonato quelle che ritiene le proprie priorità, a cominciare da quello italiano che pur impegnato in prima fila sulla frontiera orientale non perde di vista l'area del Mediterraneo allargato che va dal Sahel al Medio Oriente, come sottolineato nel vertice spagnolo dal ministro della guerra Lorenzo Guerini.
Biden ricordava il contributo dell'imperialismo americano all'Ucraina, quasi 7 miliardi di dollari, e sottolineava le decisioni appena prese dal gruppo dei 50 paesi appena riuniti dal segretario alla Difesa Austin per fornire al paese aggredito altri 140.000 sistemi anticarro, più di 600 carri armati, quasi 500 sistemi di artiglieria, proiettili di artiglieria, sistemi avanzati di razzi a lancio multiplo, sistemi antinave e sistemi di difesa aerea.
Oltre a quello dedicato direttamente alla guerra della Nato alla Russia, Biden evidenziava il contributo americano alla militarizzazione della frontiera orientale dell'Europa che saliva fino a 100mila soldati, un terzo del contingente di pronto intervento da rendere operativo secondo le decisioni di Madrid, compresi quelli della brigata già dislocata in Polonia finora a rotazione e che resterà in pianta stabile nella base permanente che ospiterà il quartier generale del V Corps; tra l'altro quella in Polonia sarà ufficialmente la prima base permanente dell'Alleanza sul territorio dell'ex Patto di Varsavia. Un'altra brigata americana di 5mila uomini si aggiungerà a quelli presenti nella base di Costanza in Romania mentre nei paesi baltici le divisioni americane presenti con la bandiera della Nato sarebbero ancora presenti a rotazione, dice la versione ufficiale di Bruxelles. Gli Usa inoltre invieranno nella base spagnola di Rota altri due cacciatorpediniere, che passeranno da 4 a 6, due nuovi squadroni di caccia F-35 nella base britannica della Raf di Lakenheath, reparti di artiglieria in Germania e il sistema di difesa antiaerea ricordato da Draghi ad Aviano.
Queste misure rese note e altre non specificate non sono mosse offensive di un'escalation contro la Russia, spiegava anche l'assistente segretario americano alla Difesa Celeste Wallander, ma solo un rafforzamento della "credibilità" difensiva della Nato. E di queste misure faceva parte anche la decisione della Casa Bianca di riprendere il contratto di manutenzione degli F-16 venduti alla Turchia, bloccato ai tempi della costituzione dell'asse tra Mosca e Ankara nella guerra in Siria, e altre forniture che non casualmente erano annunciate subito dopo il via libera del fascista Erdogan all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
Alla vigilia del vertice infatti, nella capitale spagnola si era tenuto sotto la regia di Stoltenberg, l'incontro tra i presidenti turco Erdogan, finlandese Sauli Niinisto e il premier svedese Magdalena Andersson per la firma del protocollo siglato in pompa magna dai ministri degli Esteri dei tre paesi nel quale Svezia e Finlandia si impegnavano a consegnare alla Turchia i militanti curdi rifugiati nei due paesi; di cessare il sostegno politico, finanziario e umanitario ai movimenti curdi siriani YPG e PYD ma anche agli oppositori turchi del Movimento Gulem; di mantenere la definizione di “gruppo terroristico” per il PKK, il Partito Kurdo dei Lavoratori; di revocare l’embargo alle esportazioni di armi in Turchia deciso nel 2019 contro l’occupazione da parte delle truppe turche di una fascia consistente di territorio siriano nella zona curda lungo il confine settentrionale del paese arabo.
L'alleanza militare degli imperialisti occidentali che si presenta come il bastione della difesa della democrazia e della libertà oggi impegnato a tutto campo contro i paesi autoritari, leggi Russia e Cina, si allarga nel Baltico permettendo alla dittaura turca di dettarne le condizioni che negano i diritti del popolo curdo.
Il rafforzamento militare della Nato in Europa, l'allargamento al Nord e la precisazione che restano valide le decisioni prese al Vertice di Bucarest del 2008 in merito all'adesione di Georgia e Ucraina, e ripetute a Madrid, sono la dimostrazione che sta calando una "nuova cortina ferro tra Russia e Occidente" dichiarava il 30 giugno il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, in visita a Minsk dal fedele alleato bielorusso Lukashenko. "Il processo è già iniziato", aggiungeva Lavrov puntando anzittutto il dito contro l'Unione europea accusandola di aver "distrutto il rapporto che era stato costruito nel corso di decenni" come se questa rottura non fosse stata causata proprio dall'imperialismo russo e dalla criminale idea di Putin di ricostituire l'impero zarista già manifestata nella guerra in Georgia nel 2008 e palesata con l'aggressione all'Ucraina. Una aggressione che non ha nessuna giustificazione nella seppur lunga lista delle provocazioni Usa e Nato lungo la frontiera europea.
Nel discorso di apertura del vertice, il segretario generale Stoltenberg metteva in evidenza tra le altre che la guerra in Ucraina "mostra i rischi di essere dipendenti da materie prime che giungono da regimi autoritari" e "bisogna abbandonare presto il petrolio e il gas russi", ma avvertiva che "non dobbiamo però finire per dipendere da un altro regime autoritario, molti minerali necessari alle tecnologie verdi arrivano dalla Cina, dobbiamo diversificare le risorse energetiche e i fornitori". L'alleanza militare dell'imperialismo dell'Ovest non si occupa solo di questioni belliche ma lavora a 360 gradi su tutti gli aspetti politici e economici che ritiene determinanti, una sottospecie di Onu tra paesi imperialisti alleati che dal 2019 punta il dito contro la principale concorrente imperialista, la Cina.
"La Cina non è un nostro avversario ma è una sfida seria", non una minaccia diretta come la Russia ma comunque impone di "rafforzare la cooperazione con i nostri partner dell'Indo-Pacifico", dichiarava Stoltenberg al termine della prima giornata di lavori, perché "la Cina sta accrescendo in modo sostanziale le sue forze militari, comprese quelle nucleari, sta minacciando Taiwan, sta investendo in infrastrutture strategiche anche in altri Paesi e sta diffondendo le menzogne russe sulla guerra in Ucraina, bullizza i vicini e continuaa rafforzare le sue capacità militari, anche nucleari". La Nato "resta al fianco dei suoi partner dell'Indopacifico" ricordava Stoltenberg, una alleanza evidenziata dal vertice di Madrid, il primo a alto livello cui hanno partecipato rappresentanti di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea.
"È la Nato la vera sfida sistemica alla pace e alla stabilità mondiale", rispondeva da Pechino il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, la Nato "dice di essere un'organizzazione difensiva regionale ma in realtà continua a sfondare regioni e territori, lanciando guerre ovunque e uccidendo civili innocenti". Anzi la Nato "ha esteso i suoi tentacoli all'Asia-Pacifico, nel tentativo di esportare la mentalità della Guerra Fredda, quando è un'area di pace e stabilità, di cooperazione e sviluppo". Uno scambio di accuse vere ma strumentale che non assolve nessuna delle due parti imperialiste.
Solo tre anni fa il presidente francese Emmanuel Macron aveva definito la Nato un’organizzazione in stato di “morte cerebrale” causata dagli anni della presidenza di Trump alla Casa Bianca. Ma già dal vertice di Londra del 3 dicembre 2019 dove si indicava come primo compito il contrasto alla Russia e per la prima volta compariva la questione della crescente influenza della Cina e della sua "sfida sistemica", l'Alleanza era pilotata sulle precedenti indicazioni della presidenza Obama dal fedele Stoltenberg che gestiva la messa a punto del rapporto “Nato 2030: united for a new era”, uniti per una nuova era, il brogliaccio del nuovo concetto strategico varato infine a Madrid.
“Putin voleva meno Nato ai suoi confini da oggi ne avrà di più”, con la Finlandia che raddoppia il confine attuale, chiosava Stoltenberg al termine del vertice presentando una alleanza che si allarga nel Baltico e prepara la macchina da guerra dell'imperialismo dell'Ovest allo scontro diretto con l'imperialismo dell'Est. Il prossimo appuntamento è tra un anno a Vilnius, in Lituania, minacciata neanche dieci giorni prima dal Cremlino per aver bloccato il passaggio via terra delle merci previste nel quarto pacchetto delle sanzioni europee contro la Russia verso l'enclave russa di Kaliningrad.
6 luglio 2022