Iraq
Scontro anche armato tra filoiraniani e gli oppositori alle ingerenze straniere comprese quella Usa
Pesanti scontri anche armati tra le forze di sicurezza governative e le milizie filoiraniane delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) con i seguaci del leader sciita Moqtada al Sadr che il 29 agosto a migliaia avevano fatto irruzione nella zona verde fortificata di Baghdad e occupato i principali edifici governativi hanno segnato il momento finora più critico dello scontro politico tra le varie formazioni irachene che non riescono a trovare una intesa per il governo a più di dieci mesi dallo svolgimento delle elezioni anticipate, causate dalla crisi avviata dall'esplosione delle proteste popolari contro il carovita nell'ottobre 2019. Almeno 30 manifestanti sono rimasti uccisi e diverse centinaia feriti negli scontri che sono proseguiti fino a tarda notte dentro e attorno alla zona della capitale che ospita ambasciate e palazzi delle istituzioni.
Il partito sadrista ha conquistato il maggior numero di seggi nel voto legislativo dello scorso ottobre ma non è riuscito a trovare un accordo con gli altri partiti della maggioranza sciita, a partire da quello dell’ex premier Nuri al-Maliki, schierati sui posizioni filoiraniane.
Al-Sadr, discendente di un’autorevole famiglia di religiosi sciiti ha guidato la resistenza contro le truppe di occupazione americane e contro le milizie dello Stato Islamico, è stato da sempre contro le ingerenze straniere e ha conquistato altri consensi schierandosi a favore delle proteste, soprattutto dei giovani, in piazza contro la corruzione, la mancanza di lavoro e di servizi.
Per forzare lo stallo politico nel paese nel giugno scorso i deputati del partito sadrista si erano dimessi in blocco dal parlamento, del quale Muqtada al-Sadr ha chiesto più volte lo scioglimento e nuove elezioni. I suoi sostenitori a fine luglio hanno bloccato i lavori del parlamento e impedito la nomina di un nuovo presidente e un nuovo premier al posto dell'uscente Mustafa al-Kadhimi.
L'assedio al parlamento si è ripetuto a fine agosto dopo che il leader sciita aveva annunciato il suo ritiro definitivo dalla vita politica per ragioni religiose e la chiusura di tutte le sedi del movimento sadrista, a eccezione del mausoleo di suo padre.
A causare la decisione era stato il gesto dell'ayatollah Kathem Haeri, il religioso iracheno residente a Qom, in Iran, e erede intellettuale di Muhammad Sadiq al-Sadr, il padre di Muqtada, e riconosciuto leader spirituale del Movimento Sadrista che annunciava le sue dimissioni dal suo ruolo di guida, accusava Muqtada di non essere fedele all'eredità della sua famiglia e esortava gli aderenti del movimento a sostenere il leader supremo dell'Iran, Ali Khamenei. Il ritiro, forse non definitivo, dalla politica di Muqtada è quindi niente affatto una questione "religiosa" ma squisitamente politica, dovuta allo scontro sulla questione dell'influenza del vicino Iran sulle questioni interne irachene; in uno Stato la cui sovranità è calpestata anche dalla presenza delle truppe occupanti dell'imperialismo americano, formalmente in "missione antiterrorismo", e dalle continue aggressioni dell'esercito turco che spadroneggia nel nord del paese, d'intesa coi curdi filoamericani di Barzani trincerati nella loro regione autonoma, come fosse a casa propria nella guerra contro gli oppositori curdi del PKK.
7 settembre 2022